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Pier Luigi Leoni. IL GOVERNO METTE LE MANI A CASACCIO SULLE AUTONOMIE LOCALI. QUESTO E' TENTATO SUICIDIO

Nota dell'esponente del centrodestra orvietano che sulla manovra di governo si sente "talmente costernato, che mi viene in mente la preghiera di Gesù sulla Croce, quella che letteralmente va tradotta così: "Padre, perdonali, perché non si rendono conto del male che si fanno"

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Riceviamo e pubblichiamo da Pier Luigi Leoni

La manovra di fine estate, almeno per quel che riguarda l'eliminazione delle piccole province e dei piccoli comuni, mi pone davanti  a un dilemma: o i membri del governo hanno un'intelligenza inferiore al normale, o si sono stufati di governare.

Sono talmente costernato, che mi viene in mente la preghiera di Gesù sulla Croce, quella che letteralmente va tradotta così: "Padre, perdonali, perché non si rendono conto del male che si fanno".

In effetti, volendo imboccare la strada del collasso della maggioranza, non c'è modo più efficace che mettere la mani a casaccio nel mondo delle autonomie locali. È questo l'unico modo per saldare la rabbia di migliaia di politici locali, condannati a ritornare semplici cittadini, con quella di milioni di elettori colpiti nel prestigio e nell'onore della loro città o del loro paesello.

La tempesta è stata preceduta da tuoni e lampi che dovevano assuefare l'opinione pubblica all'idea che i comuni e le province non erano eterni e che prima o poi ci si doveva metter mano, perché il sistema economico italiano non se li poteva permettere così com'erano. Si cominciò con l'affermare che abolendo le province si sarebbero risparmiati un mucchio di miliardi. Era una bugia, perché le province sono enti che svolgono delle attività pubbliche che non possono essere abolite e che, per svolgerle, richiedono risorse umane, patrimoniali e finanziarie. L'unica cosa sensata è abolire gli organi elettivi provinciali, con un modesto risparmio in termini di spese elettorali, indennità di carica e funzioni generali, ma con un positivo sfoltimento del personale politico. Come avviene in Germania, le province dovrebbero essere amministrate dai sindaci, i quali avrebbero tutto l'interesse a una equa ripartizione delle risorse e non avrebbero alcun interesse a gonfiare le attività della provincia e le relative spese, perché si tratterebbe di risorse sottratte ai comuni, dove risiedono gli elettori che ad essi premono. Sarebbero allora gli stessi sindaci a chiedere la razionalizzazione delle circoscrizioni provinciali. E senza ferire l'orgoglio di città e di cittadine, che in Italia è notoriamente molto radicato.

Quindi non si tratta di abolire una manciata di province, ma di trasformarle tutte in entità più funzionali, lasciando in pace il titolo, il capoluogo, lo stemma e il gonfalone.

Altra panzana è quella degli uffici statali che sono legati ai capoluoghi di provincia, come le prefetture, le questure, le ragionerie provinciali dello stato e compagnia cantando. Niente e nessuno costringe lo stato a mantenere tali uffici in tutti i capoluoghi di provincia.

Per quanto riguarda i piccoli comuni, sarebbe ora di smetterla con un altro mare di panzane. I circa 60 milioni di italiani sono ripartiti in circa 8000 comuni; i circa 60 milioni di francesi sono ripartiti in circa 40.000 comuni. Il sistema francese delle autonomie locali funziona molto meglio di quello italiano. Invece di prendersela col comune di Parrano non sarebbe meglio, dopo aver fatto una capatina in Germania per vedere come funzionano le province, fare una capatina in Francia per vedere come funzionano i comuni? Si scoprirebbe che il segreto è la collaborazione intercomunale, che non viene imposta, ma incoraggiata assegnando una parte dei proventi fiscali del territorio alle associazioni dei comuni. Lo stato si comporta come quel bravo genitore che dice alla figlia. "Se ti sposi e vai d'accordo ti assegno una bella dote, altrimenti la dote me la tengo io".

Ho sempre saputo che riformare l'Italia è difficile, ho sempre sospettato che la classe politica fosse avida e pavida, ma non mi ero accorto che fosse pure stupida.

Mi resta una sola speranza: che lo stupido sia io.

Pubblicato il: 19/08/2011

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