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Un giovane jazzista di 14 anni ha aperto la rassegna

L' ultimo "caso" del jazz italiano si chiama Francesco Cafiso, ha 14 anni, è siciliano, suona il sax alto da veterano e adora il buon vecchio bebop di mezzo secolo fa. E' stato lui ad aprire ieri a Orvieto l' undicesima edizione di Umbria Jazz Winter, che quest' anno batte bandiera tricolore

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L' ultimo "caso" del jazz italiano si chiama Francesco Cafiso, ha 14 anni, è siciliano, suona il sax alto da veterano e adora il buon vecchio bebop di mezzo secolo fa. E' stato lui ad aprire ieri a Orvieto l' undicesima edizione di Umbria Jazz Winter, che quest' anno batte bandiera tricolore. Cafiso non è una scoperta di Umbria Jazz, anzi negli ultimi tempi si è molto parlato di lui come promessa e ancor più come 'fenomeno'. La stima un pò incredula di un notaio della tradizione afroamericana come Wynton Marsalis, che lo ha voluto special guest nel suo gruppo, ha in qualche modo certificato il talento naturale del ragazzo. Nel concerto serale al teatro Mancinelli, Cafiso si è aggiunto a un signor trio, ovvero Franco D' Andrea al pianoforte, Giovanni Tommaso al contrabbasso e Roberto Gatto alla batteria. Come del resto era lecito attendersi, classe, affinità elettiva, maturità, e tutto quanto serve a definire una jazz band di alto lignaggio sono di casa in questa autentica superband. In tale contesto, Cafiso ha fatto sentire quanto di buono si é detto di lui. Il suono, il fraseggio, la facilità di improvvisazione, la padronanza dello strumento sono doti che non sorprenderebbero in un ventenne di New York magari passato per le aule dal Berklee, ma stupiscono in un ultraminorenne siciliano: miracoli del jazz. Sul palco il suo sax è torrenziale, spavaldo, perfino esagerato: il ragazzino ne è evidentemente innamorato e non gli concede pause, né conosce, ad ora, il saggio uso dei silenzi. Ma per questo c' è tempo. Sarebbe ingeneroso sottolineare nel suo bop la mancanza di uno spessore umano: per ora la sua musica è fatta di note e non di storie da raccontare, tanto meno di quella malinconia esistenziale che è di casa nel grande jazz, ma sarebbe come rimproverare ad un quattordicenne di essere un quattordicenne. Cafiso ha il diritto di maturare senza fretta, e il rischio è che la sua crescita possa essere caricata di eccessive responsabilità e aspettative poi difficili da sostenere: anche in America, negli ultimi due decenni, sono sbocciati minorenni di assalto subito rientrati nell' anonimato. Intanto, Umbria Jazz se lo porta a New York in gennaio, dove Cafiso parteciperà, all' annuale convention del mondo del jazz e dove ritroverà Marsalis. Il concerto inaugurale presentava anche lo spagnolo Chano Dominguez, una specie di Paco de Lucia del pianoforte che cerca di coniugare jazz e flamenco. La formula è quella del convenzionale trio al quale si aggiungono un vocalista e un danzatore. Un' altra "via nazionale" per sfuggire alla routine degli schemi e contribuire, dalla vecchia Europa, alla dissoluzione della ritualità del jazz salvandone però il linguaggio.

Pubblicato il: 28/12/2003

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