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Una nuova mostra dedalo di grotte nascoste nell'oscurità silenziosa della Rupe di Orvieto

Da lunedì 1 agosto nella chiesa di S. Giacomo, presso il Centro Studi Città di Orvieto

di Claudio Bizzarri

Una nuova mostra si aprirà a partire da lunedì 1 Agosto nella chiesa di S. Giacomo, presso il Centro Studi Città di Orvieto.  Riguarderà Il dedalo di grotte nascoste nell'oscurità silenziosa della Rupe di Orvieto, che ha conservato I resti delle città che hanno preceduto l'attuale. La particolare natura geologica del masso su cui sorge la città ha consentito agli abitanti che si sono succeduti in tremila anni di storia di scavare più di mille cavità che si stendono, si accavallano, si intersecano al disotto del moderno tessuto urbano. Se l'aspetto "superficiale" della città è mutato col passare del tempo, le strutture ipogee che le sono state funzionali sono rimaste, in buona parte, intatte. Vi sono tracce dell'etrusca Velzna, della medievale Urbs Vetus e della città rinascimentale e moderna. E' uno straordinario viaggio nel tempo, un percorso emozionante nel cuore di Orvieto che qui affonda le proprie radici e conserva un'insospettata e suggestiva memoria.

La prima, vera, città costruita sulla parte alta del masso è sicuramente quella etrusca che trova una sua formulazione monumentale a partire da epoca arcaica (VI secolo a.C.). Purtroppo sappiamo poco della sua estensione, del suo reale aspetto, ma ci possiamo immaginare, sulla base di indagini archeologiche effettuate ad Orvieto ed in altri centri etruschi, che il tessuto urbano col tempo si sia strutturato regolarmente, risolvendo il problema della carenza idrica presente sulla parte alta del pianoro, con la costruzione di cisterne di vario tipo, collegate a sistemi di cunicoli più o meno articolati, in parte scavati o costruiti al disotto delle strade della città ed in collegamento con le strutture abitative. Gli spazi ipogei della città moderna offrono quindi la possibilità di ricostruire parzialmente l'assetto dell'insediamento antico, le cui opere sono state intercettate dalle cavità più recenti, in alcuni casi parzialmente distrutte, in altri rispettate e di nuovo riutilizzate. Il rapporto degli Orvietani con il proprio sottosuolo è evidentemente caratterizzato da un forte legame di natura pratica e funzionale - la soluzione ai problemi legati alla geologia del masso - ma anche pertinente a quella sfera che travalica nel soprannaturale, in ambito religioso: forse è quella che al momento conosciamo di meno e che può riservarci ancora tante sorprese. Esattamente come s'è visto proprio alla base della Rupe, nell'esclusivo sito archeolgico di Campo della Fiera.

Pubblicato il: 31/07/2011

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