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Non c'è una presenza radicata in Umbria di mafia, camorra o 'ndrangheta

E' quanto è emerso a Palazzo Cesaroni dalla audizione del generale dei Carabinieri della Legione Umbria Claudio Curcio, organizzata dalla Commissione regionale d'inchiesta sulle infiltrazioni mafiose

Non si può parlare di una presenza radicata in Umbria di mafia, camorra o 'ndrangheta, intese nel significato culturale che questi termini hanno nei territori di origine, e nemmeno di
estorsioni, danneggiamenti di esercizi e turbative d'asta con metodi intimidatori; ma l'Umbria è comunque appetibile in alcuni aspetti della sua economia, e negli ultimi anni si sono avuti diversi delitti a vocazione associativa.
E' quanto è emerso a Palazzo Cesaroni dalla audizione del generale dei Carabinieri della Legione Umbria Claudio Curcio, organizzata dalla Commissione regionale d'inchiesta sulle infiltrazioni mafiose, presieduta da Paolo Brutti ed alla quale hanno partecipato anche i comandanti provinciali
dell'Arma di Perugia e Terni.

A giudizio dello stesso generale, che ha presentato una relazione dettagliata e ricca di dati sulla attività dei Carabinieri e delle altre forze di polizia negli ultimi tre anni, in Umbria si possono individuare elementi di criticità prevalenti per effetto di cinque situazioni specifiche: l'arrivo di affiliati ad associazioni mafiose, con i propri familiari e reclusi in regime di 41 bis, o più semplicemente trasferiti qui come collaboratori di
giustizia; la presenza di un importante comparto edile regionale e di un gran numero di attività ricettive; la rilevanza del mercato degli stupefacenti; la crisi economica globale che colpendo anche le aziende umbre spinge alcuni operatori a rivolgersi agli usurai.


Dopo aver precisato che l'Arma dei Carabinieri, per effetto di una buona radicazione nel territorio con 96 stazioni (65 in provincia di Perugia e 31 a Terni) è in grado di procedere per il 75 per cento dei reati", il generale ha fatto il quadro della situazione degli ultimi tre anni basato su dati certi, relativi ad associazioni criminali che operano nei vari settori del
traffico e di sostanze stupefacenti. Ha parlato di crimini da droga, riconducibili soprattutto all'area balcanica con molti albanesi coinvolti; ma anche di un canale spagnolo delle sostanze stupefacenti e di risorse provenienti da questa attività che nel loro complesso verrebbero ripartite
fra stranieri ed italiani in ragione del 40 per cento per i primi e del 60 per i secondi. Ha poi parlato della prostituzione, in particolare di quella nigeriana esercitata in modo molto duro, con forme di intimidazione violenta, fino alla riduzione delle donne in schiavitù: una attività criminosa che però non tende a reinvestire le risorse illecite in Umbria.


Per il generale Curcio un'azione importante di contrasto ai fenomeni malavitosi comunque in crescita e che riguardano anche attività considerate minori, come i furti di rame e di metalli in mano a bande di origine Rom,
deve essere fatta con la prevenzione. In tal senso ha citato 167 conferenze tenute dall'Arma nelle scuole umbre, con il coinvolgimento di più di 9mila studenti; la diffusione capillare di volantini concordata con alcuni Comuni dell'Umbria (ad esempio Giano e Perugia), per sensibilizzare l'opinione pubblica e per ricercare la collaborazione a volte utilissima dei cittadini;
premi e riconoscimenti a singoli individui che hanno segnalato all'Arma attività illecite.


Al termine della audizione il presidente Paolo Brutti ha ringraziato il generale evidenziando la disponibilità e la ricchezza di dati e di preziose informazioni fornite alla Commissione.
A proposito della audizione entrata nel vivo dei problemi, Brutti ha detto , "si conferma il dato che in Umbria non c'è un radicamento mafioso specifico, ma esistono documentati episodi di acquisizioni di attività economiche, di imprese, fabbricati e terreni, fatte con soldi di provenienza mafiosa che la Commissione dovrà farsi carico di combattere individuando gli strumenti più idonei".

Pubblicato il: 27/07/2011

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