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Morale e politica

Nota del PdCi di Orvieto "Riesce davvero difficile a qualunque forza politica rivendicare una qualche superiorità morale rispetto all'altra..."

 Riceviamo dalla segreteria del PdCi di Orvieto e pubblichiamo

Il passato lontano, e i più recenti fatti di cronaca inducono a ritenere che l'onestà e la coerenza non siano più requisiti essenziali di selezione per la nostra classe dirigente.
L'impoverimento culturale e morale della politica è sotto gli occhi di tutti. Eppure si fa enorme fatica a dirlo e a reagire ma che in realtà può essere esteso alla politica tutta. Basta guardare alle ultime notizie: tra politici arrestati o indagati nazionali e regionali,di sinistra come di destra, conflitti d'interesse, accuse di inutilità del Parlamento e addirittura di "mignottocrazia", fino ai costi e ai privilegi rimasti inalterati - se non aumentati - di deputati e senatori di contro alle ristrettezze vissute in questo momento di crisi dai cittadini, si è tornati insistentemente a parlare di "moralità" della politica.
Ma cosa significa "moralità" per un politico? Senso dello Stato e delle istituzioni, coerenza, lavoro nell'interesse di tutti i cittadini (quindi rispetto del mandato elettorale, ma anche di chi non l'ha votato), o semplicemente onestà? Diciamo che, per ciascuna di queste opzioni, il panorama politico attuale ci offre esempi a dir poco sconfortanti. Quanto al "lavoro nell'interesse di tutti" e non di se stessi e dei propri amici, riesce davvero difficile trovare qualche politico moralmente puro. Dai conflitti d'interesse macroscopici (e più gravi) a quelli - diciamo così - "di condominio", passando attraverso i continui scandali di nepotismo, sembra proprio che non la moralità ma il "poltronismo" sia la finalità della politica.
Illuminante, in questo senso, l'inchieste recenti. Diciamo pure che l'onestà non costituisce più il requisito essenziale di selezione della nostra classe dirigente, e non da ieri. Bastano il recente passato e la cronaca di questi giorni e di queste ultime settimane per capire che il nostro Parlamento e i nostri amministratori Nazionali e Regionali ormai si dividono in due grandi categorie: chi è entrato in politica per difendersi dalle inchieste e chi, grazie alla politica, è entrato nelle inchieste. Non tanto perché la magistratura si muova politicamente (nei casi che riguardano amministratori democratici certo non si può parlare di "toghe rosse"), quanto perché si ha l'impressione che l'occasione che fa l'uomo ladro sia proprio la politica.
Certo, bisognerà aspettare i processi prima di emettere sentenze, certo il malaffare non riguarda tutti e qualche - rara - eccezione c'è ancora. Ma riesce davvero difficile a qualunque forza politica rivendicare una qualche superiorità morale rispetto all'altra. E allora cosa resta della "moralità" della politica? La coerenza? Non scherziamo. Forti di un uso spregiudicato dell'articolo 67 della Costituzione ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincoli di mandato"), i nostri parlamentari e i nostri amministratori regionali ci hanno abituati a tali evoluzioni da uno schieramento all'altro, da un partito all'altro, da far impallidire gli acrobati del Cirque du soleil.
E allora cosa resta? Restano i compensi (ad esempio un presidente di Provincia che da poco sembra abbia acquistato una BMW fiammante nuova di zecca , un lampadario di swarovski per l'ufficio del valore di 5000 euro, una mobilia completamente nuova per il suo ufficio, può guadagnare più del presidente degli Stati Uniti), per non parlare dei presidenti di Regione, assessori, consiglieri ecc . Restano i privilegi (al Lodo Alfano si potrebbe aggiungere presto il Lodo Consolo, che allarga l'immunità ai ministri, dopo le quattro più alte cariche dello Stato), e restano i benefit (auto, segretarie, viaggi, cinema, telefonini). In tempi di crisi non è niente male.

                                                                               

Pubblicato il: 06/07/2011

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