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Lo schema destra-sinistra è ancora adeguato per risolvere i nostri problemi?

A Destra e a Manca #90 "E evidente che le soluzioni, sia culturali che politiche, non sono a portata di mano e che a livello locale lo sono ancora di meno, ma non possiamo più ignorare che un orientamento sulle cose possibili ormai lo dobbiamo maturare anche qui"

Caro Pier,

Il titolo di una delle tracce della prova di italiano dell'esame di stato di quest'anno era "Destra e Sinistra"; lo svolgimento poteva avvenire o come saggio breve o come articolo di giornale con riferimento a testi di Norberto Bobbio, Marcello Veneziani, Angelo Panebianco, Giampiero Carocci, i primi tre politologi, l'ultimo uno storico.

Il testo di Bobbio propone il seguente schema di analisi: «Se mi si concede che il criterio rilevante per distinguere la destra e la sinistra è il diverso atteggiamento rispetto all'ideale dell'eguaglianza, e il criterio rilevante per distinguere l'ala moderata e quella estremista, tanto nella destra quanto nella sinistra, è il diverso atteggiamento rispetto alla libertà, si può ripartire schematicamente lo spettro in cui si collocano dottrine e movimenti politici, in queste quattro parti: a) all'estrema sinistra stanno i movimenti insieme egualitari e autoritari; b) al centro-sinistra, dottrine e movimenti insieme egualitari e libertari; c) al centro-destra, dottrine e movimenti insieme libertari e inegualitari; d) all'estrema destra, dottrine e movimenti antiliberali e antiegualitari» (Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, 1994).

Da parte sua Veneziani sostiene che «Se destra e sinistra non esistono bisogna inventarle. Sembra questo il precetto cruciale della politica nei nostri giorni. Sia che si pensi in termini liberali che in termini illiberali». E prosegue così: «La politica nasce a partire da quel conflitto. Da noi la matrice cattolica ha temperato entrambe le posizioni, marxista e nazionalista, ma ha anche temperato il bipolarismo liberale. Il "centro" come luogo di mediazione e di purificazione del conflitto, nasce da noi nell'ambito di una visione cattolica, ecumenica, fondata sull'et et e non sull'aut aut. Ma la secolarizzazione, la scristianizzazione della società italiana, conduce a due effetti opposti: la ripresa forte del bipolarismo tra destra e sinistra o la neutralizzazione della politica e dunque del conflitto, attraverso un nuovo luogo di mediazione e di depotenziamento delle categorie di destra e di sinistra. Questo nuovo luogo di spoliticizzazione è rappresentato dal centrismo pragmatico e tecnocratico» (Sinistra e destra. Risposta a Norberto Bobbio, 1995).

Panebianco è lapidario: «Eppure, persino nel caso italiano, così frastagliato e frammentato, sarebbe possibile riconoscere, per chi fosse disposto a osservare le cose con un minimo di obiettività, le stesse divisioni valoriali che sono presenti in tante altre democrazie. Se destra e sinistra significano qualcosa, infatti, esse indicano posizioni diverse su due problemi: le libertà economiche e i diritti civili Questa divisione fra una destra liberale e tradizionalista e una sinistra socialista e libertaria la si ritrova ovunque nel mondo occidentale. Variamente declinata a seconda delle specificità storiche di ciascun Paese» (Le ragioni degli altri, "Corriere della Sera" - 17 aprile 2011).

Carocci invece esce dal coro: «La netta distinzione e contrapposizione tra destra e sinistra è stata una caratteristica dell'Italia repubblicana fino al 1992 (con la non secondaria eccezione del consociativismo)», ma «Quasi sempre destra e sinistra sono state entrambe deboli e si sono confuse fra loro nella maggioranza parlamentare, secondo la fisiologia del sistema politico nel quale si governava stando al centro, e spesso secondo le sue degenerazioni trasformistiche. Talvolta destra e sinistra si sono confuse nella stessa persona: tipico, ma non unico, è il caso di Giolitti. In alcuni casi la confusione fra destra e sinistra ha acquistato un carattere diverso, si è realizzata con l'uso che la prima ha fatto della seconda, per allargare l'egemonia e consolidare il potere. Quando ciò avveniva, la sinistra conferiva alla destra un carattere particolarmente aggressivo (evidente nel fascismo) perché, privata degli ideali umanistici che ne costituivano e ne costituiscono l'essenza, sopravviveva solo nei suoi comportamenti variamente sovversivi» (Destra e sinistra nella storia d'Italia, 2002).

Ti ho proposto questo ampio ventaglio di citazioni non solo perché tra gli studiosi non c'è né può esserci unanimità di vedute, ma perché l'articolazione delle analisi si presta a considerazioni da parte nostra sui riflessi locali delle dinamiche politiche in corso. Anche a noi infatti interessa sapere se lo schema destra-sinistra ha ancora fondamento nella realtà ed è utile per governarla, se il bipolarismo risponde davvero alle esigenze di una società sempre più frastagliata, se il sistema elettorale locale (fondato sull'idea della prevalenza della governabilità sulla rappresentanza) è ancora accettabile, se infine basta applicare quello schema e questo sistema per ottenere una selezione della classe dirigente che garantisca insieme continuità e reale rinnovamento, e soprattutto, una volta constatata l'inadeguatezza degli eletti, consenta di cambiarli senza troppi arzigogoli e drammi.

Caro Pier, è evidente che le soluzioni, sia culturali che politiche, non sono a portata di mano e che a livello locale lo sono ancora di meno, ma non possiamo più ignorare che un orientamento sulle cose possibili ormai lo dobbiamo maturare anche qui. Perché ci spetta, perché si deve e perché si può. Parlo essenzialmente di due questioni: un programma, minimo ma coraggioso, di risanamento e sviluppo; la convergenza senza pregiudiziali di forze e di persone su tale programma, per evitare quel declino di cui abbiamo parlato la scorsa settimana.

Tuo Franco

                                                                                                       Caro Franco,

se all'esame di maturità, cioè quando avevo diciannove anni, avessi dovuto svolgere un tema del genere, me la sarei cavata abbastanza agevolmente perché, essendo bene informato sulle idee politiche del commissario d'italiano, gli avrei lisciato il pelo per il verso giusto. Non ero moralmente obbligato a essere sincero, ma a strappare un diploma che mi serviva per onorare i sacrifici dei miei genitori e tirare avanti nella vita. Adesso posso permettermi una maggiore, se non assoluta, sincerità. Risparmio a te e ai lettori ampie disquisizioni e mi spiego con un aneddoto. Anni Ottanta del secolo scorso: partecipavo, come segretario, alla riunione di un giunta comunale di sinistra, composta da comunisti e socialisti. Uno degli assessori, durante la discussione, mi pose la domanda: "Tòglimi una curiosità; tu, che notoriamente sei un uomo di destra, che sensazione provi quando sei costretto a passare ore a discutere con gente che, politicamente, pensa il contrario di quello che pensi tu?". Risposi: "Provo la stessa sensazione di quando partecipo a una giunta di destra: il disagio di aver a che fare con dei fascisti". La mia risposta fu volutamente offensiva, perché offensiva era la domanda. L'assessore, sotto l'apparenza di una legittima curiosità, aveva rimarcato che appartenevamo a  due razze moralmente diverse e che la sua, ovviamente, era quella superiore. Ma avevo detto una mezza verità, perché l'esperienza mi aveva convinto che più ci si avvicina alla trattazione di problemi concreti e più i preconcetti ideologici, ma anche le semplici divergenze di opinioni e di sensibilità, si attenuano.   

Tuttavia sono convinto che alla base di qualsiasi concetto di destra e sinistra, vi sia un fondamento biologico. Ogni essere umano è dotato dalla natura di un suo temperamento sulla base del quale, per influenza dell'ambiente familiare ed extrafamiliare, si sviluppa il carattere e, grazie alle scelte volontarie, la personalità. Ma il temperamento non è modificabile e i suoi tratti fondamentali affiorano nei pensieri, nelle emozioni e nei comportamenti. Per esempio, la timidezza è caratteristica temperamentale di una certa quota di esseri umani. Qualsiasi cosa uno riesca a fare nella vita, anche l'attore comico, uno psicologo esperto può dire se è timido o no. Fino a qui si tratta di cose notorie in psicologia. Quello che io sostengo è che esiste nel temperamento umano, oltre alla timidezza nei confronti degli altri, anche la timidezza nei confronti del futuro, nei confronti delle novità che il trascorrere del tempo e l'evoluzione della società ci prospetta di continuo. Gratta gratta, in ogni uomo, comunque la pensi politicamente e per qualsiasi partito voti, c'è un fondamento di destra o di sinistra, di innata timidezza di fronte al futuro e alle novità o di mancanza di tale innata timidezza. Caro Franco, ho passato la vita (e la mia professione mi ha aiutato) a scoprire il temperamento di destra in molte persone che si ritenevano di sinistra e viceversa. Anche se tengo quasi sempre per me le mie impressioni per evitare il risentimento di chi si può sentire colpito nell'amor proprio. Ma ne tengo conto nella mia valutazione del prossimo, che ovviamente è sempre molto approssimativa a causa dei miei limiti e del fatto che siamo tutti, in qualche misura, dei simulatori. 

Perciò non mi meraviglio della tendenza dell'umanità alla divisione tra conservatori e progressisti, tra destra e sinistra, e non credo che possa essere superata. Ma credo anche che una sana collaborazione tra conservatori (consapevoli o meno)  e progressisti (consapevoli o meno), vale a dire una sospensione della dialettica negativa a favore di una dialettica  costruttiva, sia necessaria su alcuni temi e in alcuni momenti. Anzi, mi consta che la dialettica costruttiva è comunemente praticata a tutti i livelli della politica, anche se non fa rumore.

Veniamo a Orvieto. Mi sembra evidente che la prevalenza della dialettica costruttiva sia particolarmente necessaria per il superamento della crisi della città, che non è soltanto crisi dei conti comunali. Anzi, mi sembra indispensabile  e lo vado predicando da un pezzo, ma finora senza obiettivo riscontro. Per coerenza con la tesi che ho sopra esposto, mi sento di affermare che a sinistra vi sono troppi pseudo progressisti, nostalgici di una Orvieto che non c'è più, e che non ci potrà più essere, nella quale i cosiddetti progressisti imperavano poco disturbati e mandavano indietro la città credendo di mandarla avanti. E potrei affermare che a destra vi sono troppi pseudo conservatori che s'illudono di fare una Orvieto nuova con la logica che Winston Churchill attribuiva ai socialisti, cioè che la colpa è sempre degli altri.

Non entro nel tema del sistema elettorale, che richiederebbe molto spazio e che comunque non dipende da noi. E non entro nel problema della classe dirigente, perché, parafrasando Don Abbondio, penso che una città, se la classe dirigente non ce l'ha, non se la può dare. Ovviamente spero che ce l'abbia e che esca fuori. L'occasione la offriranno i prossimi mesi, quelli della resa dei conti o dei conti della resa.

Tuo Pier


La rubrica di Orvietosì  "A Destra e a Manca"è alla novantesima puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose". 
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca". 
La rubrica esce ogni lunedì.

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Pubblicato il: 04/07/2011

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