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LEGGE 53. ANCHE LA FIDAPA DI ORVIETO AL CONVEGNO DI SPOLETO PER FARE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

Uno spaccato della situazione sul nostro territorio estratto dalla relazione della socia Fidapa Anna Maria Turchetti che ha eseguito l'indagine ricognitiva

di Santina Muzi

La legge 53/2000 a sostegno della genitorialità è un'ottima legge. Deve solamente essere divulgata ed attuata.

Ѐ quanto emerso dal convegno-studio organizzato il 30 maggio u. s. presso la sala Antonelli di Spoleto dal Distretto Centro della Fidapa sul tema "Lavoro, Formazione, Tempi delle città. Politiche di conciliazione: Femminile plurale" in cui, a 10 anni dalla promulgazione, si è discusso della legge 53/2000 mirata al sostegno di maternità e paternità.

Il convegno di Spoleto, che ha visto la partecipazione di varie personalità della Fidapa tra cui Eufemia Ippolito vicepresidente nazionale e Rossella Poce vicepresidente distrettuale che insieme a Pina Zito della sezione di Spoleto ha lavorato alla realizzazione del convegno stesso, ha avuto anche l'onore e l'onere di riunire congiuntamente intorno al gruppo di lavoro le sezioni Fidapa di Orvieto, Perugia, Spoleto, Terni e Valdarno insieme a numerose rappresentanti delle Istituzioni, al fine di verificare l'effettiva conoscenza e applicazione della legge 53, l'adeguatezza o meno dei servizi, in quale modo sul territorio viene conciliato il lavoro con la cura della famiglia.

In definitiva il convegno conclude un ciclo di lavori che ha coinvolto diverse Regioni nello studio di quella legge che, tra l'altro, mirava alla creazione di azioni positive  per l'eliminazione della disparità di genere.

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A livello italiano in generale, a 10 anni dalla promulgazione della legge è quanto mai evidente che la donna, in quanto alla parità di genere, nonostante presenti un grado di istruzione superiore a quello dell'uomo molto spesso fatica ad inserirsi nel mondo lavorativo, proprio per la discriminazione tra i sessi che non di rado si evidenzia anche nella differenza salariale. Raramente una donna raggiunge la stanza dei bottoni anche se ha le carte in regola. Di norma viene scavalcata dai maschi. Senza contare che le stesse donne mancano di solidarietà femminile. In base alle disposizioni europee del 2006 l'occupazione femminile in Italia avrebbe dovuto raggiungere il traguardo del 60% entro il 2010. Invece a maggio 2011 siamo fermi  al 47 %, con una forbice abissale tra nord e sud.

Preoccupante è il fatto che non di rado la donna lavoratrice rinuncia alla maternità pur di non perdere il posto di lavoro. Ma si dà anche il caso di donne occupate licenziate dal datore di lavoro all'inizio della gravidanza, o di donne che lasciano spontaneamente il posto di lavoro per l'impossibilità di conciliare gli orari con gli impegni familiari: abbastanza spesso non possono usufruire degli asili nido, di cui in Italia usufruisce solamente il 14% dei bambini contro il 2% della Sicilia; non esiste la scuola aperta; lo stesso tempo pieno per qualche famiglia è un miraggio. In tutt'Italia, ma anche in Europa e perfino in Inghilterra, il primo supporto viene dai nonni. E per fortuna che ci sono. Inoltre, sempre abbastanza spesso, gli orari dei mezzi pubblici non concordano con quelli di lavoro.

La scarsa presenza femminile nei posti di lavoro sul territorio italiano è stata evidenziata perfino durante l'incontro con i ministri europei per le politiche della famiglia tenuto a Budapest nello scorso aprile. Questo fatto si verifica in particolare al Centro e, soprattutto, al Sud e, secondo gli esperti, determina la bassa natalità da tempo riscontrata. Nello stesso incontro è emerso che in Italia i dati su natalità  e occupazione femminile sono i più negativi  d'Europa.

 LA LEGGE n. 53/2000 SUL TERRITORIO ORVIETANO

Nel convegno di Spoleto sono confluiti i risultati di un sondaggio effettuato dalla Fidapa in vari ambienti lavorativi tramite un questionario anonimo che sul territorio orvietano è stato somministrato a Studi professionali, Associazioni commercianti, Istituti di credito, ASL.

Abbiamo perciò uno spaccato della situazione sul nostro territorio estratto dalla relazione della socia Fidapa Anna Maria Turchetti che ha eseguito l'indagine ricognitiva.

<domanda di maggiore informazione sia da parte di genitori lavoratori in riferimento ai propri diritti e doveri, sia anche da parte delle imprese, per quanto riguarda le opportunità di finanziamento a sostegno delle sperimentazioni family friendly e  previste dall'art. 9 della citata legge n.53/2000.

Ѐ risultato anche che alcuni operatori si sono mossi concretamente. Ad esempio, la legge è stata oggetto di specifico accordo tra le rappresentanze sindacali dell'Istituto Comprensivo dell'Alto Orvietano che nella contrattazione integrativa d'Istituto per l'anno scolastico 2010/2011 ha specificamente regolamentato le ipotesi di astensione dal lavoro per motivi parentali. I docenti che usufruiscono di leggi e norme sui congedi parentali, sul diritto allo studio, sulla collaborazione con l'Università o che abbiano problemi di salute o difficoltà familiari, possono comunicare al dirigente le proprie necessità entro il 31 agosto di ogni anno scolastico.

E' del tutto evidente comunque che l'opportunità della disciplina introdotta dalla nostra legge di diventare cultura genitoriale condivisa, di realizzare una stretta collaborazione tra impresa e lavoratori volta al miglioramento delle condizioni di vita di questi ultimi, dipende dalla creazione di azioni di stimolo e soprattutto di sostegno di coloro che a tale fine si adoperano.

In questo senso si colloca il recente intervento della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha emanato il Regolamento attuativo, pubblicato sulla G.U n. 101 del 3 maggio 2011, il quale ha reso operative le modifiche apportate all'art.9  dalla legge n. 69 del 18 giugno 2009, ampliando la platea dei possibili beneficiari delle azioni di conciliazione. L'obiettivo è quello di agevolare la conciliazione dei tempi della vita familiare e professionale attraverso il finanziamento di progetti che introducano nuove modalità organizzative e gestionali dei tempi di lavoro. A seguito di questo ampliamento possono richiedere finanziamenti datori di lavoro che intendano attuare azioni positive per la conciliazione: non solo in favore di dipendenti che abbiano cura di figli, ma anche di lavoratori che abbiano cura di persone disabili; liberi professionisti, lavoratori autonomi o titolari di impresa che abbiano bisogno di sostituzione o una nuova collaborazione con eventuale soggetto dipendente per esigenze connesse al lavoro di cura. Requisiti di priorità sono assegnati ad azioni di conciliazione rivolte in misura prevalente a destinatari che abbiano figli con disabilità ovvero figli minori di anni dodici e quando il proponente sia un'impresa con un fatturato annuo non superiore a dieci milioni di euro e che si avvale di non più di 50 lavoratori.

Quest'ultimo requisito di priorità, stante le dimensioni delle imprese, è elemento assai importante nella realtà produttiva orvietana.

Detto Regolamento di attuazione è stato immediatamente recepito dalle associazioni di categoria, vedi per tutti la locale Confcommercio, che ha pubblicato sul suo sito WEB la richiamata disciplina contribuendo a veicolare facilmente la diffusione della relativa conoscenza...>>

Dunque, se uno dei problemi evidenziati dal sondaggio è la scarsa conoscenza della legge, la conclusione non può essere che la stessa esposta dalla relatrice orvietana Anna Maria Turchetti: <>

 

Pubblicato il: 05/06/2011

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