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Il più recente libro di Santina Muzi dedicato alla canapa italiana (e orvietana) con nostalgia e speranza

dPier Luigi Leoni E' il frutto di una ricerca ispirata dall'amore per la gente povera dell'Orvietano che, dal Medioevo alla metà del secolo scorso, coltivò questa celebre pianta annuale

foto di copertina

 

 

L'ultimo libro di Santina Muzi è dedicato alla canapa italiana ed è il frutto di una ricerca ispirata dall'amore per la gente povera dell'Orvietano che, dal Medioevo alla metà del secolo scorso, coltivò questa celebre pianta annuale. Però il libro, secondo lo stile ben noto della scrittrice, non è banalmente sentimentale, ma  puntuale nel cogliere gli aspetti storici, economici e di costume, con particolare riguardo al territorio orvietano, di questa importante coltura. L'ispirazione che ho colto (a parte una viva curiosità, indispensabile a un saggio che presuppone un'accurata ricerca) è una specie di amarezza per la quasi completa scomparsa, in Orvieto e in Italia, della coltura della canapa; ma un'amarezza che si risolve nella speranza che la presa di coscienza di ciò che si può fare per riconquistare il terreno perduto sospinga il mondo agricolo e industriale, ma anche le istituzioni, a farsi carico di una ripresa nel quadro dell'economia moderna. Ce lo chiede la storia, soprattutto in Orvieto, poiché la nostra città fu grande produttrice di funi, che contribuirono alla sua floridezza nel Medioevo e, in qualche modo, al contenimento della jihad islamica. Infatti i popoli del Medio Oriente usavano, per le loro navi soprattutto corde di pelo di cammello, che per raggiungere un'adeguata robustezza dovevano essere molto grosse e pesanti. Quindi i cordami delle navi musulmane erano molto meno maneggevoli di quelle delle navi cristiane e, anche per questo, subirono sul mare pesanti  e definitive sconfitte. Pare che l'iperbole di Gesù "è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli" (che ha dato molto da fare ai commentatori per la sua innegabile stravaganza) ci sia stata riportata con questo testo per una errata trascrizione in greco di un detto aramaico che suonava così: "è più facile che una corda (di pelo di cammello) passi per la cruna di un ago che ).

Nella presentazione del libro, che è stata fatta il 30 aprile al Palazzo dei Sette, dopo l'ascolto di alcuni brani del libro letti con  garbo e professionalità da Nadia Tiezzi, sono emersi e sono stati sviluppati tutti i temi sollevati dall'autrice, grazie all'ausilio di un nutrito gruppo di esperti, tra i quali Olver Zaccanti, esperto di bioedilizia, e Valerio Zucchini, esperto di prodotti in legno e fibre naturali. Notevole anche il contributo dell'assessore all'ambiente del comune di Orvieto, Claudio Margottini, geologo di fama e docente universitario, che ha rilevato come il discorso sulla canapa calzi alla perfezione con il suo sforzo di orientare la nostra città verso la green economy.

Sintetizzo le conclusioni di quella che, più che una presentazione, è stata un piccolo convegno.

Il nostro territorio è ideale per la coltivazione della canapa, che non richiede irrigazione e non impoverisce il terreno.

La macerazione della canapa per farne fibra tessile è antieconomica, almeno fino a quando la fibra ci perverrà a basso costo dalla Cina e dal Sud Est asiatico, o non saranno  state messe a punto tecniche per automatizzare il procedimento.

La destinazione attualmente ideale per la canapa, a parte l'uso dei semi per l'alimentazione,  è la bioedilizia, cioè l'utilizzazione della fibra come componente di pannelli coibenti per pareti con struttura in legno o direttamente per i sottotetti.

La ripresa della coltivazione della canapa sarebbe possibile ottenendo l'incentivazione europea, come sta facendo da anni la Francia, e favorendo la costruzione di case in legno e fibre naturali che consentono di risparmiare energia, non solo per la climatizzazione, ma anche durante il ciclo produttivo dei materiali impiegati.

In ultimo, per ordine ma non per importanza, si dovrebbe ottenere un adeguamento alla legislazione internazionale delle restrizioni alla coltura della canapa sativa che dovrebbero evitare il diffondersi della famigerata canapa indiana, in verità molto simile nella forma. Anche perché le restrizioni non sono servite a niente, dato che è facile trovare hashish e marijuana con pochi soldi. 

Nel 1999 fui candidato sindaco di Orvieto con un programma la cui ambizione era pari all'improbabilità di essere eletto. Il mio programma prevedeva la reintroduzione della coltivazione della canapa. Ma ne sapevo allora molto meno di quello che ora ho appreso grazie al libro di Santina Muzi.  Credo che fui ispirato dalla indimenticabile sensazione di piacere che avevo provato da bambino dormendo tra lenzuola di canapa.

Pubblicato il: 07/05/2011

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