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Orvieto: le ragioni della speranza

Pier Luigi Leoni "È il momento di riacquistare la calma necessaria per pensare in modo costruttivo.  Ma la calma non basta, servono luoghi dove le opinioni si confrontino in modo dialettico, poiché è la dialettica che fa progredire il pensiero. I partiti evidentemente non bastano"

Il comune di Orvieto, come è noto, è gravato da un pesantissimo indebitamento a breve termine, dovuto a un eccesso di spesa corrente, e da un pesante indebitamento a lungo termine derivante da investimenti in opere pubbliche. Ciò comporta la necessità assoluta di incrementare le entrate, soprattutto quelle tributarie, e di limitare le spese correnti, ma anche la necessità di ridurre il debito.

Le ragioni per cui si è arrivati a questo punto sono l'argomento preferito su cui si accapigliano gli Orvietani, sia quelli che fanno politica, sia quelli che ne parlano soltanto.

Prendersela con gli errori degli amministratori passati e di quelli attuali è giusto, lo richiede una elementare esigenza di giustizia e di miglioramento. Ma non basta. Per trarre una lezione positiva dagli errori della classe politica, è necessario tener conto del contesto che ne rende possibili gli errori e ne impedisce la correzione. Non esiste peccato senza tentazione e, se non si arginano in qualche modo le tentazioni, non c'è essere umano  che, prima o poi, non faccia la scelta sbagliata, pur sapendo bene quale sarebbe la scelta giusta. Un grande poeta romano, Publio Ovidio Nasone, scrisse un verso giustamente celebre: vedo il meglio e lo apprezzo, ma faccio il peggio [video meliora proboque deteriora sequor]. Niccolò Machiavelli, il primo dei politologi, scrisse che gli uomini sono quelli che sono e non quelli che vorremmo che fossero. Oscar Wilde, brillante scrittore di origine irlandese, scrisse: so resistere a tutto meno che alle tentazioni. La bellezza degli aforismi non sta nel fatto che dicono verità che tutti conosciamo, ma che ci aiutano a ricordarle.

Esaminiamo quindi le tentazioni cui sono stati esposti gli amministratori orvietani nel passato prossimo, quello in cui sono stati scassati i conti del comune. Poi passeremo all'esame delle tentazioni cui sono esposti gli odierni amministratori.

Gli Orvietani, come tutti i popoli, si sentono più scaltri degli altri. Ovviamente s'illudono, come s'illudono tutti gli altri. Ma la fragilità della rupe spinse la scaltrezza orvietana a esagerare i problemi, a levare alte grida e a commuovere addirittura l'universo mondo. Piovvero a dirotto sulla città miliardi di lire con cui il centro storico fu messo a nuovo, non solo col rifacimento delle reti idrica e fognaria e delle pavimentazioni stradali, ma anche col restauro dei monumenti e la creazione di strutture per la razionalizzazione della viabilità. Furono rifatti anche impianti che potevano ancora andar bene e furono realizzati anche manufatti che non servono quasi a niente: emblematiche sono le scale mobili del Foro Boario.

Fatto sta che quando si tende la mano e la mano viene riempita, si tende a pensare che tutto sia dovuto e si perde l'abitudine a cavarsela da sé. Chi riceve ricche donazioni, acquisisce un tenore di vita che non gli è proprio e diventa vittima della megalomania.

Altra tentazione fu l'insaziabilità dei potenti clan familiari d'origine contadina. Non c'è bisogno di un rilevamento scientifico per rendersi conto della presenza massiccia dei rampolli dei clan socialcomunisti nel personale comunale e ospedaliero  e in quello delle cooperative appaltatrici di servizi comunali. Questo clientelismo sfacciato ha esasperato, da una parte, la protervia e, dall'altra, il rancore.

Due anni fa, la sinistra ha finito per essere vittima dell'insidioso connubio con la piccola borghesia clericale, cui si era rassegnata per obbedienza a esigenze di politica nazionale. Così ha perso, nell'ordine, la faccia, il sindaco e la maggioranza.

Ma la nuova maggioranza ha dovuto fare i conti con l'inesperienza, con il condizionamento di rancori ancora virulenti e, soprattutto, con i conti collassati. Il disagio della sinistra per l'emersione delle proprie responsabilità e della destra per non riuscire a sciogliere i nodi mi sembra abbia provocato uno stato depressivo generale che svigorisce la speranza, il coraggio e l'immaginazione. È questa la grande tentazione del momento: abbandonarsi allo sconforto.

Ciò nonostante non sono pessimista perché vedo degli spiragli. Mi fanno ben sperare l'amor proprio e la tenacia del sindaco e degli assessori superstiti, la compattezza della maggioranza, la chiara e moderna politica ambientalista messa a fuoco dal nuovo assessore, geologo di fama e docente universitario, il coraggio di tagliare le spese e difendere i tagli, la spinta al casello autostradale Orvieto-Nord e l'attivismo nei rapporti con i territori extraregionali, nonché la crescente consapevolezza dell'enorme patrimonio disponibile del comune. Orvieto ha una ricchezza immobiliare che, se alienata nei modi e nei tempi opportuni, può garantire il risanamento e dare occasioni di sviluppo. Peraltro i patrimoni immobiliari in mano agli enti pubblici  costruiscono fonte d'inefficienza, di clientelismo e di corruzione.

Gli elementi per superare lo stato depressivo vi sono ed è bene che li colgano sia la destra, sia la sinistra, sia coloro che stanno acquattati in attesa di decidere da che parte stare. È il momento di riacquistare la calma necessaria per pensare in modo costruttivo.  Ma la calma non basta, servono luoghi dove le opinioni si confrontino in modo dialettico, poiché è la dialettica che fa progredire il pensiero. I partiti evidentemente non bastano.

Pubblicato il: 14/04/2011

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