Il seme dell'anticlericalismo cresce
di Dante Freddi Il prete, nella nostra cultura mezzadrile, a parte straordinari casi di santità, era la personificazione del potere temporale della Chiesa, il padrone del podere, e non sono bastate un paio di generazioni per cancellare sentimenti diffusi di anticlericalismo. La lettera di Còncina al papa...
Il "cancro" che debilita la chiesa orvietana non è stato sanato certamente con l'allontanamento del vescovo Scanavino, le "analisi" di questa malattia non sono chiare e quindi ciascuno potrà immaginare la diagnosi che vuole, ma certamente nel grave contesto clinico si sta evidenziando un nuovo sintomo: la divisione tra clero e fedeli.
Il vescovo ha ricordato in più occasioni, anche con durezza, che prendersela con la Chiesa per quanto è avvenuto è segno di fede immatura, che deve essere superata ogni divisione, che bisogna pregare lo Spirito Santo ed affidarsi all'Eucarestia. Le sue sono parole belle, riempiono il cuore e dànno speranza, ma molti di quelli a cui sono rivolte sono soltanto cristiani, cattolici per tradizione o per passione o per amore, senza aver percorso però una strada di formazione continua e costante. Gente che ama Gesù e Scanavino, ma che potrebbe non amare la Chiesa con la stessa intensità e convinzione.
Siamo in una terra che si è alimentata di anticlericalismo per oltre cent'anni e la cesura che si è creata oggi tra clero e fedeli non aiuta certamente a curare, può soltanto rinvigorire vecchie convinzioni sui preti non ancora sopite, che stanno nei ricordi, nella storia, negli aneddoti maligni. Il prete, nella nostra cultura mezzadrile, a parte straordinari casi di santità, era la personificazione del potere temporale della Chiesa, era il padrone del podere, quello che agognava alla parrocchia con tanta vigna e poche anime, che ricordava "fate quello che dico e non quello che faccio", quello degli strereotipi che l'anticlericalismo non ha avuto difficoltà a sostenere ed amplificare. La bandiera di questo sentimento a favore di Scanavino e contro la curia è tenuta alta dal sindaco Còncina.
La lettera del sindaco al papa, pubblicata ieri su "Il Foglio", è accorata e condivisibile, perché è personale, non coinvolge né Amministrazione né istituzioni, ma soltanto l'uomo Còncina, simbolico rappresentante dei sentimenti di moltissimi cittadini di Orvieto e dell'Orvietano. Lui è sicuramente sincero, si sente, si capisce. Ma se la politica, in qualsiasi forma, tentasse di acquistare consensi facili in tempi così bui cavalcando sentimenti diffusi, provocherebbe danni irreparabili e procurerebbe divisioni anche tra le pecorelle di padre Giovanni.
San Pietro Parenzo, un po' di attenzione.
Pubblicato il: 09/03/2011