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Smaltimento dei rifiuti: danni pubblici e interessi privati

di Pier Luigi Leoni I danni  per una incompleta raccolta di fferenziata non possono essere addebitati alla collettività, ma agli amministratori, ai dirigenti e ai funzionari comunali che non si sono impegnati per avviare seriamente la raccolta differenziata. E agli avvocati mi permetto di consigliare loro di lasciare a casa la toga quando parlano in consiglio comunale

foto di copertina

Succedono in Orvieto cose strane.

Qualche mese fa, chiesi pubblicamente che qualcuno, esperto in materia di costruzioni, confermasse o meno il mio sospetto che il casermone non fosse ristrutturabile e dovesse essere lasciato com'è oppure abbattuto. Il mio sospetto derivava dal fatto che il cemento armato delle strutture, eseguito negli anni Trenta con armatura di acciaio liscio, non rispondesse alle norme tecniche attualmente vigenti. Il mio sospetto è rimasto un sospetto, poiché nessuno mi ha degnato di una risposta. Spero nel nuovo anno.

Qualche settimana fa, diffusi da questo sito una sentenza della Corte dei Conti della Campania che fissa i seguenti principi:  i comuni che non attuano la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani rispondono di danno erariale; l'inerzia degli amministratori nell'attuare le prescrizioni legislative comporta un maggior costo di conferimento dei rifiuti negli impianti di smaltimento, nonché il mancato introito derivante dalla cessione del materiale recuperato; tali danni  non possono essere addebitati alla collettività, ma agli amministratori, ai dirigenti e ai funzionari comunali che non si sono impegnati per avviare seriamente la raccolta differenziata.

Ovviamente ero preoccupato, e ancora lo sono, per i patrimoni dei responsabili orvietani della raccolta dei rifiuti. Ma sono rimasto l'unico a preoccuparmi, almeno all'interno del consiglio comunale. Allora insisto e invito tutti a considerare i seguenti dati, con la speranza che qualcuno mi dimostri che sono da rettificare in meglio.

Gli obiettivi fissati dalle leggi per la raccolta differenziata sono i seguenti:

35% al 2006 (D.Lgs. 152/2006)

40% al 2007 (Legge Finanziaria 2007)

45% al 2008 (D.Lgs. 152/2006)

50% al 2009 (Legge Finanziaria 2007)

60% al 2011 (Legge Finanziaria 2007)

65% al 2012 (D.Lgs. 152/2006)

Nel 2009 il comune di Orvieto ha recapitato alla discarica 14.167 tonnellate di rifiuti, spendendo 1.796.000 euro. Se, invece di limitarsi a una raccolta differenziata del 12 %, si fosse attenuto alla legge, avrebbe scaricato oltre 6.000 tonnellate in meno, risparmiando più di 700.000 euro. E tralascio i maggiori introiti che sarebbero derivati dalla vendita del materiale riciclabile, che  sarebbero andati a finanziare i costi della raccolta differenziata.

Va da sé che le cose sono andate all'incirca come sopra nel 2010 e miglioreranno leggermente solo nel 2011, con il prossimo avvio della raccolta "porta a porta" nel centro storico.

Qualche giorno fa, tutt'altra musica. Durante la discussione, promossa da me e da altri consiglieri comunali, per sottoporre a tutela i calanchi con una variante urbanistica che mettesse fine all'espansione delle discariche, sono emerse preoccupazioni sui danni che ne deriverebbero alla società che gestisce la discarica e sul conseguente dovere del comune di risarcirli. La questione ha sollevato un bel dibattito tra avvocati ed esperti; e anch'io, pur non essendo né avvocato né esperto, mi sono sentito in dovere di intervenire, col mio ultimo corsivo, su questo sito. Ovviamente mi auguro che l'argomento sia ulteriormente sviscerato e non faccia la fine del cemento armato del casermone.

Comunque, nella prossima puntata, cercherò di dimostrare che, se i comuni fanno il loro dovere in materia di raccolta differenziata, il secondo calanco, cioè l'attuale discarica, basta per venti anni. C'è quindi tutto il tempo per smetterla di scempiare il territorio orvietano. E senza fare la bua alla SAO-ACEA.  

Dopo la chiusura di questo pezzo, leggo il corsivo di Guido Turreni intitolato "Chi vuole il libero confronto non può rinfacciare la professione di avvocato al suo interlocutore". La mia stima per l'avvocato Turreni non ne risulta minimamente scalfita. E, per discrezione, non mi esprimo sull'affetto che mi lega a Guido e al padre avvocato Agostino. Mi decido a replicare solo per rispetto dei lettori che hanno diritto a spiegazioni delle quali Guido non ha bisogno.

Una società civile senza avvocati non è concepibile. Ricordo le lacrime di un ex avvocato albanese, mio amico, quando mi raccontava che il dittatore comunista Enver Hoxha, nel 1968, aveva abolito gli avvocati. Le cause si celebravano davanti a un cosiddetto commissario del popolo che, sentiti gli interessati, applicava la giustizia proletaria, compresa la pena di morte, cioè la forca.  Come l'avvocato Turreni e l'avvocato Angelo Ranchino ho formato la mia coscienza giuridica sulle orazioni, cioè sulle arringhe,  dell'avvocato Marco Tullio Cicerone. E solo perché appartengo alla generazione dei loro padri mi permetto di consigliare loro di lasciare a casa la toga quando parlano in consiglio comunale.

Quanto al COVIP, esso, come tale, non può essere in contrasto con il programma del PDL perché i suoi soci sono liberi di pensarla come vogliono. Quindi ciascuno risponde delle proprie opinioni. Io rispondo delle mie, purché mi si rivolgano domande precise.

Pubblicato il: 07/01/2011

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