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Addio a don Luca

Tutti pronti ad accogliere Luca, che dal Duomo sarebbe dovuto uscire il 7 dicembre come sacerdote, e che invece, vi è entrato quando ormai la sua anima era nelle mani di Dio

foto di copertina

di SARA SIMONETTI

ORVIETO - La pioggia che ha accompagnato la sua morte, ieri, non c'era più. C'era il vento, gelido, pungente che ha seguito la bara di Luca Seidita fino all'ingresso in Duomo. Nessun fiore. Solo il feretro scortato dalla chiesa di San Giuseppe, dove da ieri mattina era stata aperta la camera ardente, fino alla Cattedrale. Tanta gente. Conoscenti, prelati, amici e la mamma stretta nel più assordante silenzio abbracciata agli altri tre suoi figli. Ad aspettare la bara sul sagrato del Duomo il vescovo monsignor Giovanni Scanavino con accanto uno stuolo di preti e diaconi. Tutti pronti ad accogliere Luca, che dal Duomo sarebbe dovuto uscire il 7 dicembre come sacerdote, e che invece, vi è entrato quando ormai la sua anima era nelle mani di Dio. Una cerimonia solenne, ma semplice, composta. Come era lui.
Abbracciare i voti. Era questo il sogno di una vita. Ma è stato morendo che invece ha incontrato la luce del Signore lasciando ai piedi di una Rupe buia e piena di lacrime, i desideri di un ragazzo di soli 29anni. Sconcerto ed incredulità. Questi sono i sentimenti con cui è stata appresa la tragica fine del diacono pugliese. E ieri, anche il vescovo, in apertura della cerimonia, ha mostrato tutto il suo sconcerto "per una perdita prematura", così l'ha definita. Ma per l'ultimo saluto, Scanavino ha voluto scegliere il Duomo come "atto penitenziale e di ringraziamento". Perdono ed ascolto sono state le parole che il vescovo ha ripetuto durante l'omelia iniziale. "Perdona - ha detto rivolgendosi a Dio - il gesto estremo di Luca. Ascolta e perdona anche me, padre, per non essere stato pronto a parare il colpo". Un messaggio, però, anche alla Chiesa "che ha bisogno ancora di crescere nell'amore". E quello che andava faticosamente cercando, Luca, era proprio l'amore, quello autentico, verso il Signore. "Dobbiamo pregare - ha detto Scanavino - affinché possa ora incontrarlo. L'unica certezza che abbiamo adesso è che, al termine del suo volo, ha potuto abbracciare quella roccia forte, che è Dio e dà salvezza". Ma la forza, Luca, l'ha voluta trasmettere anche ai suoi familiari chiedendogli perdono nelle righe della sua lettera scritta poco prima di morire. E il perdono, forse, c'è stato nei loro cuori. Composti e silenziosi ma visibilmente straziati dal dolore. Don Luca non vedeva l'ora di arrivare al sacerdozio e a pochi giorni dall'ordinazione aveva già consegnato al vescovo un breve scritto che avrebbe dovuto leggere proprio il 7 dicembre. Riportava le parole di Don Tonino Bello. "Un buon cristiano non deve limitarsi alla azioni di bene - così scriveva- ma deve essere ispirato dall'eucarestia". Al termine della messa il feretro del diacono Luca Seidita è stato posto nella cripta del Duomo dove è rimasto tutta la notte. Per oggi pomeriggio è previsto l'arrivo a Matino, il suo paese natale dove, dopo una breve cerimonia, sarà sepolto. Questo, almeno, gli è stato concesso.

Foto di Monica Riccio

Pubblicato il: 03/12/2010

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