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NOTIZIE CORSIVI

Turismo o GranTurismo?

Tre idee di Gian Paolo Aceto per lanciare il "Gran Turismo" ad Orvieto, per procedere oltre la presenza di Duomo e Pozzo e sperimentare vie originali e non percorse. Rigiriamo le proposte ai lettori e a chi vorrà trarne giovamento. Si parla di "Trimillenario della città di Orvieto", "Bella come una Madonna", "Il Principato di Orvieto"...

foto di copertina

di Gian Paolo Aceto

Il Trimillenario della Città di Orvieto

Questa ricorrenza, da celebrare eventualmente nel 2011 o nel 2012, vuole essere una "manifestazione" da  preparare in profondità, mettendo  in cantiere tutta una serie di iniziative di impegnativo livello storico e culturale, da distribuire nel corso dell'intero anno, e facendo appello ai massimi studiosi, non solo locali, di questo territorio nella sua complessità storica, artistica ed esistenziale; in una parola, come "civiltà in transito" e continuamente rinnovantesi.

Ma perché Trimillenario? Se si dovesse guardare alle date precise, così come si sa esattamente la data della nascita di una persona, non potremmo dire ovviamente in "quale" preciso anno Orvieto divenne "città", e forse neanche in quale secolo.
Di alcune città si pensa di sapere quale è stato l'anno di fondazione, ma per esempio per la stessa Roma quello che noi oggi chiamiamo il 753 a.C. è un anno solo presunto, e il  quadrato tracciato con l'aratro facendo quattro solchi è un simbolo che ben rappresenta, a posteriori, anche già per Tito Livio, il carattere e il destino di Roma.
Tremila anni fa la rupe di Orvieto era certamente abitata, in transito tra preistoria e storia, e le popolazioni che l'abitavano dovevano pur avere dei legami, se non altro di sangue, perciò di vita bene o male in comune, e quindi almeno regole sommarie di convivenza. Quelle che noi oggi chiamiamo leggi e che mettiamo per iscritto non sono che la traduzione giuridica degli usi e dei costumi che nelle varie epoche si sono succeduti in uno stesso territorio. E poi ben lo esprime San Paolo quando scrive: Non gli uomini siano fatti per le leggi, ma le leggi per gli uomini. Cioè uomini che già esistono e hanno le loro consuetudini, che vanno "regolate". Perciò regole, che certamente esistevano già allora sulla Rupe di Orvieto, anche se trasmesse soltanto oralmente. Quelle scritte, quando le troviamo, seppure in embrione, lo sono grazie al fatto che l'arte della scrittura divenne in seguito via via più  progredita, ma soprattutto era nata negli uomini di una comunità l'esigenza della necessità di maggiore autorevolezza, e proprio attraverso la creazione del "documento", a cui tutti dovevano riferirsi.
E dove ci sono uomini e regole, lì in un certo senso c'è un embrione di"città".
E città è anche quando un gruppo di persone abitanti in uno stesso luogo non dipende da nessun altro. Erano appunto, grandi o piccole che fossero, le città-stato.

Perciò il Trimillenario è una ricorrenza giustificatissima, che gli Orvietani hanno il diritto e il dovere di ricordare e celebrare.
E questa celebrazione, se ha un valore culturale in sé, dato che può originare nuovi studi e approfondimenti, di conseguenza non può non avere una ricaduta di conoscenza e di interesse nel mondo colto e nel cosiddetto "turismo culturale", anche se non sempre è turismo intelligente.
Il benessere passa anche attraverso l'impronta che si vuole dare a una città, e se Orvieto  vuole  presentare al mondo la propria storia, e ne ha tutte le possibilità e il diritto storico, non può che cercare di darsi una personalità complessiva di altissimo livello, cominciando "realmente" ad aprire le porte anche a chi di Orvieto non è.
Quindi, prendendo a prestito il titolo di un famoso film: Orvieto Città Aperta
Chi si sente inferiore si rinchiude, chi ha coscienza di ciò che è stato e vuole continuare a essere, si apre con la stessa lungimiranza usata dai romani antichissimi nell'accogliere gente che era come loro, anche se abitava dieci miglia più in là.
Oggi, "come noi" è il mondo intero.
Ma questo non  può impedire agli abitanti di una città dal grande passato di rappresentarsi secondo ciò che è stata la propria storia, e perché dopo tremila anni si è ancora qui e qualcosa si può aver da dire.
Il "grande passato" non è un'area archeologica, non è un Duomo, non è un Pozzo, o una qualsiasi cosa inanimata. Prese in sé, sono soltanto pietre.
Se tutte le persone di questo mondo improvvisamente non esistessero più, non ci sarebbe più nemmeno la Storia, dato che, perché esista la Storia bisogna che ci sia qualcuno che la scriva e qualcuno che la legga, magari un po' imparando.
Le pietre non scrivono né parlano, e nemmeno amano o odiano.
Ma se nella Città ci sono le persone viventi, figlie dei figli dei figli eccetera, sono loro,  le persone,
ad essere il "Primo Libro".
Voglio dire perciò che sono quelle persone, di quella città, ad essere esse stesse il manuale, la reale "guida" non solo turistica ma "di conoscenza", per capire e apprezzare la storia di una città.
Perciò il concetto di "civiltà in transito", e che dura da tremila anni e più, anche solo per quel che riguarda una singola città e il suo territorio è il vero valore da far conoscere secondo un diverso concetto di cultura, diverso dai modelli turisticamente o accademicamente imperanti.
Quindi non città-slow, o città del buon vivere, o del gusto, o dell'accoglienza, tutte definizioni stantie. I titoli vengono dopo, è un po' come per il battesimo e il nome, ma prima deve nascere il bambino!
Detto tutto questo, bisogna anche essere un po' astuti. Il concetto di Tuscia può anche essere addirittura ristretto. E' vero o no che per quel che riguarda il Tirreno e l'Etruria si può parlare di un territorio ben vasto che va dall'antica Adria, nel Polesine, fino al Volturno? E allora ci sarebbero molte città o cittadine che a buon diritto potrebbero ambire a celebrare un Trimillenario di esistenza.
E chi glielo proibisce?!
Ma Orvieto ha il vantaggio di stare al centro di questo territorio e di questa storia. E se riesce a "partire per prima" il gioco è fatto, o almeno un inizio .di slancio.

Dal punto di vista strettamente organizzativo, ma nel solco della visione storica, né rinunciataria né megalomane, si possono tracciare alcune linee delle manifestazioni o eventi che si devono mettere in cantiere.
Naturalmente le mostre. Ma se si deve fare una mostra storica e archeologica, bisogna chiedere "pezzi" a tutta l'area che ho designato.
Poi i convegni, con studiosi e giornalisti.
Perché no una rievocazione storica come una battaglia campale tra Orvietani e Tuderti, da trasmettere anche in televisione? .
Perché no una rappresentazione drammatica in movimento (di stile shakespeariano, una specie di Romeo e Giulietta tratto (ma rimaneggiato) da qualche antica memoria?
In nuce c'è anche qualcos'altro, ma questo è solo l'inizio..


Bella come una Madonna!

Queste sono le parole che da sempre viene spontaneo esclamare quando ci capita  di vedere il viso di una ragazza o di una donna che non sia soltanto genericamente bella, perché ci sono tanti tipi di bellezza ognuno molto diverso dall'altro, ma spesso noiosamente uniformati ai canoni imperanti, dato che la maggior parte di essi esprime una bellezza che potremmo dire "soltanto terrena", e fin troppo esibita.

Ma quando un viso femminile supera questi canoni stereotipati, allora lo diciamo soave,

"Soave" è l'aggettivo usato da sempre, e sempre più raramente, da poeti artisti o comunque ammiratori di ciò che, oltre le fattezze materiali, può esprimere un viso femminile (nel contempo il cosiddetto viso "da santarellina" è ben lontano dall'essere soave, proprio perché insipido).

Ma il viso soave è raro, e irraggia dolcezza e forza interiore. Certamente quest'aggettivo è stato usato per una Donna di cui non abbiamo mai conosciuto le vere fattezze. Ed è proprio per questo che davanti a un bel viso che esprima luminosità interiore ci viene spontaneo esclamare o almeno pensare: E' proprio bella come una Madonna! E lo facciamo proprio perché non avendola mai vista,

abbiamo la libertà di immaginarla. Ma nel momento in cui lo diciamo, inconsciamente ci ricordiamo con istintiva memoria visiva i volti delle Madonne che i nostri grandi artisti del passato hanno saputo creare in pittura o scultura (ma anche in poesia, come Dante), e così, a seconda dei gusti e delle sensibilità individuali  pensiamo alla Madonna di Giotto, o di Botticelli, odi Raffaello, o di Donatello, di Michelangelo e Tiziano e Caravaggio.

Questa manifestazione vorrebbe essere una specie di concorso di bellezza, e ha uno scopo dichiarato oltre che culturale o artistico, essenzialmente turistico, ma che contemporaneamente si propone come un'inversione di tendenza rispetto a eventi simili, e qui tenta di avere la sua originalità. Non è una manifestazione religiosa, ma certamente si avvale di un tipo di "cultura" in senso lato che è il frutto .della religione cattolica come sorgente anche di libertà di ispirazione e bellezza anche nelle creazioni degli uomini. E' una manifestazione volutamente ideata per attirare turisti da ogni parte del mondo, e quindi si rivolge ai cinque continenti. E' essenzialmente popolare perché nasce da ciò che il popolo sente con più naturalezza. Va da sé che sarà pubblicizzata soprattutto in Paesi cristiani, perché altrove risulta particolarmente difficile. La sua pubblicizzazione pratica si dovrà basare soprattutto su posta e posta elettronica, e facendo in modo che ne parlino giornali e mezzi di informazione di ogni tipo. Per questo sarà necessario ed essenziale chiedere il concorso il consiglio e la disponibilità del nostro Ministero degli Esteri, che certamente ha un dipartimento per questo genere di cose

Quando si avranno tutta una serie di indirizzi, si opererà una calibrata emissione di informazioni sulla città di Orvieto e sulla manifestazione stessa, che avrà la sua conclusione necessariamente all'inizio dell'estate, a maggio. Si farà in maniera che nei vari Paesi nascano comitati promotori che mandando foto e informazioni operino una prima selezione delle candidate.

Perché una rivista australiana, per esempio, se vuole pubblicare un articolo "europeo" dovrebbe prendere in considerazione la nostra città  e non ad esempio Saragozza o Avignone o Weimar?

In Europa ci sono circa due o trecento cittadine più o meno antiche come Orvieto. Ognuna di esse, chi più  chi meno, vanta  antichità bellezze naturali o storico-artistiche di vario tipo. Si ha un bel dire: ma Orvieto ha il Duomo, gli Etruschi, ecc La maggior parte dei turisti "internazionali" ha un'ignoranza e incultura colossali.. Per loro, per le varie borse del turismo di ogni Paese, a occhio e croce una città vale l'altra, sono tutte quante "la vecchia Europa".

Ma allora bisogna riuscire a distinguersi dagli altri, facendo in modo che qui accada qualcosa di talmente originale e nuovo che nelle altre cittadine non accade.

E cioè:mentre si propaganda la città di Orvieto e si spedisce ai giornalisti "giusti" un kit  fotografico e informativo nelle lingue principali, si informa anche che qui accadrà qualcosa di unico, la scelta tra migliaia di candidate di quella che ogni anno verrà proclamata Bella come una Madonna.

E lo stesso comitato promotore che si formasse in un Paese, e facesse le prime selezioni, continuerebbe a far "uscire" Orvieto in pubblico. Il tutto strettamente collegato alle agenzie turistiche locali dei diversi Paesi. Tra l'altro il kit potrebbe contenere anche alcune foto a colori dei più bei quadri della storia dell'arte rappresentanti un diverso tipo di Madonna.

L'esito della manifestazione finale potrà durare anche una decina di giorni, e sarà in Piazza Duomo, con grande schermo panoramico in diretta, dove tutti potranno vedere i volti delle "finaliste".

Sarà anche uno spettacolo di grande impatto registico, e certamente ripreso in diretta dalla TV, e ben pubblicizzato.

Ma uno dei valori fondamentali di questa manifestazione sarà di natura interreligiosa e geopolitica, di grande importanza per l'Italia e per il mondo cristiano nel suo complesso.

Perché la  Madonna è sempre stata rappresentata col velo. E questo velo che le nostre mamme e le nostre nonne hanno indossato e non soltanto in chiesa, nessuno l'ha mai proibito.


Il Principato di Orvieto

I titoli, accademici professionali o nobiliari, hanno un valore di concretezza se i possessori di questi titoli sapevano o sanno di concretezza riempirli.

I titoli possono avere un valore legale, e anche pubblico in generale, perché istituiti dallo Stato attuale, oppure possono essere più o meno condivisi perché riconosciuti dagli istituti di araldica, nel caso di titoli nobiliari.

Naturalmente l'araldica non ha nessun valore per la Pubblica Amministrazione, ma tuttavia questo non impedisce che un bel titolo, vero e antico, o anche inventato, possa produrre qualcosa di buono, e magari un reddito per una persona singola o anche per una pubblica amministrazione che voglia auto fregiarsi di questo titolo.

E ci sono ragioni storiche sufficienti per molte città e territori del nostro Paese per poterlo  pretendere con pieno diritto "ideale".

Come molte altre città, specie del Centro Italia, Orvieto ha una storia ricchissima di accadimenti  da cui trarre in un certo senso il diritto a compiere una scelta che poi bisogna saper astutamente "vendere" sul piano turistico-culturale.

Lo possono fare anche le altre città? certamente sì.

E allora è importante arrivare primi. Perché per un'inesorabile legge di mercato i secondi assomigliano tanto agli ultimi.

Quindi Orvieto, anzi Orvieto e il suo territorio, può allegramente cingersi del titolo di Principato, con periferie che possono ben arrivare alle lande o sobborghi chiamati Perugia, Terni, Viterbo, ecc

Naturalmente un Principato che si rispetti deve avere un Principe.

Ma come anche per acqua luce o gas anche per avere un titolo di Principe bisogna pagare una bolletta!

Il modo migliore per arrivare a un pagamento cospicuo per le casse comunali è quello di mettere all'asta questo titolo, e farlo con risonanza internazionale.

Di passaggio e quasi in punta di piedi ricordo che questa proposta è già stata avanzata ma molto sinteticamente nelle penultime amministrative.

Conosco bene il mondo delle aste internazionali, non perché vi abbia mai partecipato come compratore, ma perché lo conosco comunque per esperienza di lavoro. E molto spesso i grandi prezzi per una singola opera d'arte sono "concordati" prima dell'asta per dare così un valore aggiunto di mercato. Vale lo stesso, se la faccenda è ben congegnata, per un titolo. E in certi casi la lotta per accaparrarsi un qualsiasi bene finisce per essere ristretta a due persone, di cui una sola "vincerà"., che sia un oligarca russo o uno sceicco arabo, tanto per capirsi.

Naturalmente, e qui vengo alla possibile concretezza della proposta, un titolo da solo non basta.

Al titolo, che può aver valore per uno o due o tre anni, deve essere abbinata la concessione in comodato gratuito non di uno qualsiasi ma del più bel palazzo storico della città, che dovrà essere la sede, per impegno d'onore, pratico e legale, e di reciproca convenienza tra Comune e Principe, di una fucina di manifestazioni di altissimo livello strettamente concordate tra i due contraenti, e che certamente abbiano una risonanza internazionale dovuta all'impegno diretto e alla convenienza tanto di una parte come dell'altra.

L'asta la si prepara bene dal punto di vista del"lancio" sul "mercato" internazionale, appoggiandosi  per esempio a una delle principali case d'asta, Sotheby's o Christie's, e culminante in una serata speciale che farà morire d'invidia le lande e sobborghi sopracitati.

Base d'asta: dieci milioni di euro.

Se si va a guardare in giro per il mondo c'è un sacco di gente strapiena di soldi che se glielo "suggerisce" vorrebbe venire a "nobilitarsi qui", il che potrebbe anche contribuire ad aumentare i loro altri affari. Naturalmente bisogna saperlo fare.

Per "affari"intendo anche eventuale interessi culturali o "religiosi" che bisogna saper far intravedere. Ma qui mi fermo perché tutto non può essere immediatamente pubblico. Anzi forse ho scritto fin troppo.


 

 

Pubblicato il: 11/10/2010

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