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Quale arte ci può servire, quella 'per via di mettere' o quella 'per via di levare'?

"A Destra e a Manca" è alla cinquantesima puntata. Quasi un anno insieme a Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. Grazie da parte della redazione per il loro contributo a definire la personalità di orvietosi.it. Ora al lavoro, per "levare" quanto nasconde il buono che c'è nella città e nel territorio. Contributo di Flavio Zambelli

Caro Franco,
se ti dicessi che, pensando alla nostra città, la sera mi corichi soddisfatto e la mattina mi levi contento, tu non mi crederesti. In verità, per non angosciarmi, mi sforzo di pensare ad altro; ma non sempre mi riesce. Però ieri sera il mio stagionato cervello, tra le figure ipnagogiche che preludono al mio sonno sempre più breve, ha prodotto la figura di Leonardo Da Vinci. Che l'immagine e le parole di un genio diventino compatibili con le mie modeste cellule cerebrali mi sembra un miracolo. Ma tu senti questa: il Da Vinci m'invitava a riflettere sulla sua celebre distinzione tra pittura e scultura, definita l'una come arte "per  via di mettere" e l'altra come arte "per via di levare". Il significato è evidente. Quanto alla scultura, la statua è già all'interno del blocco di marmo; lo scultore la vede e toglie ciò che è superfluo.
Poiché le mie angosce non sono dovute alla scultura, ma alle condizioni politiche della nostra città, ho così interpretato la metafora. Le persone idonee a tirar fuori Orvieto dalle sabbie mobili  stanno all'interno della nostra comunità. Non possono non esserci, poiché altrimenti la nostra non sarebbe una comunità, ma una massa amorfa, "un volgo disperso che nome non ha". Invece gli Orvietani vivono, pensano, agiscono, lavorano, si divertono e si arrabbiano, sperano e disperano, ma non demordono. Il flusso delle automobili condotte da donne e uomini che lavorano o vanno a spasso non accenna a diminuire. La crisi c'è, ma non è colpa degli Orvietani. E tutti, senza sensi di colpa, riempiono strade e parcheggi. E i distributori di carburante non chiudono;  nemmeno i meccanici e i carrozzieri. Orvieto è piena di professionisti, imprenditori, commercianti, artisti e artigiani, studiosi e studenti, docenti e discenti, badanti e badati. Secondo le leggi della statistica ce ne devono essere un bel po' di particolarmente intelligenti.
Non si tratta allora di rimuovere la crosta delle abitudini mentali, dei preconcetti, degli odi, dei rancori, delle ambizioni ingiustificate, delle carriere immeritate  e di tutto ciò che spinge i migliori a stare chiusi nel guscio,  bloccati dalla pressione di una inettitudine grezza e dura da scalfire?
Che facciamo, lavoriamo di scalpello o aspettiamo che la natura faccia il suo corso e le concrezioni si sfaldino da sole?
Tuo Pier

Caro Pier,
certo che le inventi tutte per non dormire la notte! Adesso per interpretare la nostra amata città scomodi addirittura il grandissimo Leonardo. Ma siamo sicuri che meriti tutti questi sforzi? Mettiamola così: visto che ci siamo Entro questi limiti, posso tentare di seguirti.
Dunque sulla via da seguire: meglio la pittura o la scultura, l'arte "per via di mettere" o l'arte "per via di levare"? Non per cedere a tentazioni neodemocristiane, ma io credo che siano utili entrambe, ovviamente con funzioni diverse. L'una serve infatti a non sentirsi troppo autosufficienti, vizio diffuso e dalle nostre parti anche connaturato con l'idea che tutto nasca e finisca con i confini dell'isola di tufo; l'altra a togliere le incrostazioni che impediscono al buono e al positivo di emergere con la forza e la continuità che danno spessore e fisionomia di comunità a ciò che altrimenti rischia di risultare un aggregato casuale e provvisorio.
Ci sono però due problemi: uno riguarda i contenuti, l'altro i soggetti. Innanzitutto sui contenuti. Quelli esistenti funzionano? E quali sarebbe opportuno e/o necessario aggiungere? Direi che di carne al fuoco ce n'è davvero tanta, ma non mi pare di notare né ordine di cottura né regolazione del fuoco né condimenti adeguati e pronti all'uso. Forse che sull'esistente si dovrà porre davvero una questione di metodo? Poi e contemporaneamente c'è un problema di novità da introdurre, che non sono da inventare, ma solo da catturare, contestualizzare e sistematizzare, perché è la realtà stessa a fornirle. Qui ne abbiamo parlato spesso ed è francamente noioso ripeterle. Però non c'è dubbio che c'è un bisogno impellente di interpretazione della fase storica che stiamo vivendo con gli occhi rivolti in avanti e con il coraggio di rompere schemi e abbandonare metodi insopportabilmente spalmati di melassa e colorati di grigio.
Poi sui soggetti. Anche di questo in realtà abbiamo detto abbastanza: si tratta del ragionamento sulle classi dirigenti, che coinvolge tutti nelle tre dimensioni temporali del passato, del presente e del futuro. Su questo punto c'è poco da illudersi: lo sforzo è grande, ma si deve fare lavorando sull'esistente. Non si può aspettare che la natura faccia il suo corso e si deve usare lo scalpello per far emergere la forma nascosta dalla crosta del marmo grezzo, ma chi lo fa questo lavoro delicato che, se condotto senza perizia e strumenti adeguati, rischia di rovinare ciò che appunto potrebbe essere nascosto sotto la superficie? Credo che si possa solo dire che bisogna farlo in tempi brevi e in molti, collocati in diversi posti e su diversi piani.
Infine, caro Pier, una semplice, sintetica notazione, necessariamente seriosa: chi pensa ancora che il tempo sia una variabile indipendente, che la realtà possa essere governata con gli scongiuri o che la pazienza storica consenta ancora esercizi nella logica del più furbo, probabilmente coltiva solo illusioni.
Tuo Franco


da Flavio Zambelli

Carissimo direttore, caro Pier, caro Franco, non posso che esprimere i miei complimenti per aver raggiunto il 50° esimo numero di questa rubrica " A DESTRA E A MANCA", che annovera ormai sicuramente più dei 25 lettori ironicamente ipotizzati da voi. Naturalmente spero di riuscire a raggiungere con voi anche il più ambizioso obbiettivo dei 100 numeri di uscita. Ma soprattutto insieme dobbiamo raggiungere l'ancor più ambizioso obbiettivo di contribuire , per parte nostra, a salvare questa Città dalla crisi economico-sociale-finanziaria. E contribuire a creare le condizioni per stabilizzare a Orvieto una nuova concezione del modo di fare politica. Una politica che concepisca l'esercizio del potere come provvisorio e non finalizzato a crearsi un lavoro a vita, sulle spalle del partito o della pubblica amministrazione. E quindi, in quest'ultimo caso, sulle spalle dei cittadini-contribuenti. Una politica che crei le condizioni di un ricambio generazionale. Le cronache della politica estera sui quotidiani nazionali, ci informano che in Inghilterra , il New Labour Party, (Partito Laburista , per chi preferisce la lingua italiana) ha effettuato un congresso che segna un'importante svolta storica-generazionale. E' finita l'era molto significativa dei Blair e dei Brown; e si sono sfidati per la leadership del partito, due fratelli: Ed e David Miliband, già peraltro ministri nei precedenti governi laburisti. Alla fine ha prevalso di una percentuale minima Ed, il più giovane e il più orientato a sinistra. Ma è chiaro che il partito è diviso in due come una mela e si dovrà fare necessariamente una politica di grandi mediazioni. Ora, la notizia , non è tanto il fatto che si sono sfidati due fratelli, che possono anche non andare d'accordo. Tra famigliari a volte succede. La grande notizia sta nel fatto che si sono sfidati due quarantenni. Una cosa che qui in Italia sarebbe un miraggio, visto che i politici tradizionali lasciano il potere nel partito  solo con la morte. I Miliband  sono due giovani politici appartenenti a quella generazione divenuta maggiorenne negli anni della caduta del muro di Berlino, della fine della guerra fredda  e del dissolvimento dell'impero sovietico ( 1989-1991). Seppur con qualche anno di meno rispetto a loro, posso dire orgogliosamente di appartenere a quella generazione. Quindi a questa generazione che in Inghilterra è già al potere, e che qui in Italia invece deve aspettare che finiscano il loro turno i Berlusconi e i D'Alema. Qui a Orvieto, in particolare, dobbiamo creare le condizioni di un dibattito libero e trasparente, dove un cittadino non deve più avere il terrore di esporsi pubblicamente. Mi ha colpito moltissimo , su questa rivista un commento della giovane neo-laureata Chiara Tiberi, che ha analizzato perfettamente in poche righe i motivi della non riuscita della manifestazione pubblica di suo padre Mario. I vari "Civis 3" o la "Rosa del Tufo" sostengono Mario Tiberi con degli apprezzabilissimi commenti anonimi, ma quando si è trattato di sostenerlo in Piazza della Repubblica, a viso aperto, non si sono fatti vedere. Ho citato questi due pseudonimi solo a titolo d'esempio, ma il discorso è esteso a tanti altri. Chiara Tiberi ci ha fotografato perfettamente la realtà in cui viviamo, e in cui suo padre sta facendo una importante ma difficile battaglia politica. Un saluto affettuoso a tutti voi.


La rubrica di Orvietosì  "A Destra e a Manca" è alla cinquantesima puntata. La rubrica è animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose".
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

Pubblicato il: 27/09/2010

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