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Niente bestemmie e via il brutto dal bello

di Dante Freddi La scorsa settimana ho preso posizione in due occasioni: nella querelle sulla bestemmia dei Gogol Bordello e sull'articolo della Rodotà  pubblicato dal Corriere della Sera in cui si stigmatizzava l'indecenza di piazza Duomo. Dai lettori giù botte...

foto di copertina

A leggere il brano dei "Fioretti di san Francesco" che segue, dedicato alla perfetta letizia, potrei trarne sostanza per essere davvero lieto e gloriarmi. Se perfetta letizia è l'umiliazione, la scorsa settimana i miei lettori non hanno scherzato nel rendermi lieto.
Ho preso posizione in due occasioni: nella querelle sulla bestemmia dei Gogol Bordello e sull'articolo della Rodotà  pubblicato dal Corriere della Sera in cui si stigmatizzava l'indecenza di piazza Duomo. 
Sulla prima mi hanno dato del "bigotto", un lettore si è dilungato in una serie di improperi definendo il mio intervento una "Lode alla cecità, all'ignoranza, al conformismo, al luogo comune, al bigottismo, alla xenofobia, alla libertà d'espressione, e all'intelligenza che sprizza da ogni riga del tuo meraviglioso articolo". Un altro mi ha piazzato in un'"accolita dei rancorosi, settimini perfidi e tignosi". E così via.
Va bene, mi umilio ma non rinuncio a scandalizzarmi di fronte al relativismo che ci pervade: non riusciamo più a prendere una posizione chiara su nulla: ci vuole equilibrio e buonsensosì questo, ma potrebbe essere anche altro ci sono cose più importanti di una bestemmiai ladri ci sono sempre statile tasse vanno pagate se i soldi sono spesi benemeglio a puttane che a gayè brutto ma c'è di peggio.
C'è sempre qualcosa che limita il valore dei princìpi, quelli su cui si dovrebbe costruire il nostro mondo, se ne avessimo uno a cui aspirare.

Ho anche rilanciato entusiasticamente l'articolo di Maria Laura Rodotà sulla condizione di piazza Duomo, portata ad allegoria del brutto a cui ci stiamo avvezzando con la giustificazione che "s'ha da campà".
"Intanto- conclude la Rodotà-, gli italiani continueranno ad assuefarsi all' imbruttimento progressivo; e non gli farà/non ci farà bene. E scusate l' apparente personalismo di questa ultima rubrica. Non è (solo) uno sfogo. È un (patetico) appello. A prendersi a cuore i propri luoghi del cuore. A difenderli a costo di passare per rompiballe, a farsi venire idee perché vengano valorizzati e prosperino in modo sostenibile".
Dio ce ne scampi. Quasi tutti addosso, con patetici ragionamenti sulla vita difficile del commerciante, perfino con un intervento sull'Amministrazione che non porterebbe ad Orvieto turisti come si conviene.
C'è un imbarbarimento che non permette più di cògliere lo schifo estetico che c'è in giro, ad Orvieto a Firenze a Roma, una omogeneizzazione al basso che nasconde nel letame gioielli che non meritiamo.
Sono umiliato, sono un cretino che grida stupidaggini, non voglio certo osanna, mi becco tutto lo sterco che gira. L'aggettivo bigotto mi piace, ancor più conformista ed ignorante, che è come sono. Male mie idee le scrivo, mi ci sono costruito un giornale per farlo e finché posso leggermi le grido in giro, allietato da tutte le più trucide ingiurie.  

Fioretti di san Francesco. La perfetta letizia

Un giorno venendo una volta santo Francesco da Perugia a santa Maria degli Angioli, con frate Lione a tempo di verno, e 'l freddo grandissimo fortemente li crucciava, chiamò frate Lione il quale andava innanzi, e dissecosì: «Frate Lione, avvegnadiochè li frati Minori  in ogni terra dieno grande esempio di santità e di buona educazione; nientedimeno scrivi e nota diligentemente che non è quivi perfetta letizia». E andando più oltre santo Francesco, li chiamò per la seconda volta: «O frate Lione, benchè il frate Minore allumini li ciechi e distenda gli  attratti, iscacci le dimonia, renda l'udire alli sordi e l'andare alli zoppi, il parlare ai mutoli e, ch'è maggior cosa, risusciti li morti di quattro dì; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». E andando un poco, santo Francesco grida forte: «O frate Lione, se 'l frate minore sapesse tutte le lingue e tute le scienze e tutte le scritture, sì che sapesse profetare e rivelare, non solamente le cose future, ma eziandio li segreti delle coscienze e delli uomini; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». Andando un poco più oltre, santo Francesco chiamava ancora forte: «O frate Lione, pecorella di Dio, benchè il frate Minore parli con lingua d'Angiolo, e sappia i corsi delle istelle e le virtù delle erbe, e fussongli rivelati tutti i tesori della terra, e conoscesse le virtù degli uccelli e de' pesci e di tutti gli animali e delle pietre e delle acque; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». E andando ancora un pezzo, santo Francesco chiamò forte: «O frate Lione, benchè 'l frate Minore sapesse sì bene predicare, che convertisse tutti gl'infedeli alla fede di Cristo; iscrivi che non è ivi perfetta letizia».

E durando questo modo di parlare bene di due miglia, frate Lione con grande ammirazione il domandò e disse: «Padre, io ti prego dalla parte di Dio che tu mi dica dov'è perfetta letizia». E santo Francesco gli rispose: «Quando noi saremo a santa Maria degli Agnoli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta del luogo, e 'l portinaio verrà adirato e dirà: "Chi siete voi?" e noi diremo: "noi siamo due de' vostri frati; e colui dirà: "Voi non dite il vero, anzi siete due ribaldi ch'andate ingannando il mondo e rubando le limosine de' poveri; andate via" e non ci aprirà, e faracci stare di fuori alla neve e all'acqua, col freddo e  dolla fame infino a notte; allora se noi tanta ingiuria e tanta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente sanza turbarcene e sanza mormorare di lui, e penseremo umilmente che quello portinaio veramente ci conosca, che Iddio il fa parlare contra a noi; o frate Lione, iscrivi che qui è perfetta letizia. E se anzi perseverassimo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate dicendo: "Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, chè qui non mangerete voi, nè albergherete; se noi questo sostereremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore; o frate Lione, iscrivi che quivi è perfetta letizia. e se noi pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l'amore di Dio con grande pianto che ci apra e mettaci pure dentro, e quelli più scandolezzato dirà: "Costoro sono gaglioffi importuni, io li pagherò bene come sono degni; e uscirà fuori con un bastone nocchieruto, e pigliaraccci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone: se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia. E però odi la conclusione, frate Lione. Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e disagi; imperò che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, però che non sono nostri, ma di Dio, onde dice l'Apostolo: "Che hai tu, che non abbi da Dio? e se tu l'hai avuto da lui, perché te ne glorii, come se tu l'avessi da te?" Ma nella croce della tribolazione  e dell'afflizione ci possiamo gloriare, però dice l'Apostolo: "Io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù Cristo"  - (Fonti Francescane, 1836)

 

Pubblicato il: 31/08/2010

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