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Storia della Sanità nostrana

di Pier Luigi Leoni La qualificazione dell'ospedale di Orvieto come ospedale per l'emergenza-urgenza è una balla che sarebbe l'ora di sgonfiare

foto di copertina

(da "Zorro" , periodico orvietano curato da Gianni Marchesini)

Sempre bene 'n se pò stà, sempre male 'n se starà. Il proverbio orvietano sintetizza, con parole di rassegnazione e di speranza, il dramma della vita umana. Lo stesso proverbio aiuta a comprendere lo straordinario interesse per i servizi sanitari e, in particolare, per l'ospedale, dove quasi tutti nascono e quasi tutti muoiono, e dove molti sono curati e spesso guariti.

La ventata di managerialità portata da Vincenzo Panella, nominato alcuni mesi fa direttore generale dell'ASL di Terni, ha agitato le acque, già increspate, della stagnante sanità orvietana. Gli interventi del direttore generale, effettivi o annunciati, hanno provocato nervosismi nell'ambiente medico e paramedico che si sono propagati rapidamente fino a coinvolgere la popolazione, vale a dire l'utenza in atto e quella potenziale.

Te lo do io l'ospedale: i propositi (scontati) del manager

Appena nominato, Vincenzo Panella, annuncia che l'ordine e l'equilibrio dei conti è la premessa per qualsiasi progetto e prospettiva di sviluppo.  I servizi sanitari non devono essere tagliati, ma devono essere integrati e ottimizzati, eliminando le duplicazioni ereditate dalle vecchie ASL. I vecchi ospedali di Amelia e di Narni devono essere chiusi e venduti nonché sostituiti con una nuova struttura. Il nuovo ospedale di Orvieto, inaugurato nel 2000, non marcia come dovrebbe. Esso, secondo Panella,  "risponde in modo solo parziale ai bisogni della comunità, che va a cercare soluzioni altrove ai suoi bisogni di salute. Due pazienti orvietani su cinque vanno in altri ospedali, in Umbria, ma anche nel Lazio e in Toscana, a cercare assistenza ospedaliera". Altra priorità è quella del contenimento della spesa farmaceutica e per protesi e tutori, da sempre al primo posto nelle ASL dell'Umbria, anche se molto è stato fatto per ridurre la forbice. L'ASL di Terni spende per tali prestazioni 200 euro per abitante, l'ASL di Terni 179 euro. Basta una semplice moltiplicazione per calcolare che alcuni milioni di euro vengono buttati via con sicuro vantaggio per le farmacie e le case farmaceutiche, ma con dubbio beneficio per gli utenti. "Il nostro interlocutore", promette Panella, "sarà il medico di base, ma anche gli specialisti le cui prescrizioni ricadono a cascata sui medici di base, con cui vogliamo parlare di appropriatezza della spesa farmaceutica, ma anche di appropriatezza dei ricoveri e degli esami diagnostici". Peraltro l'appropriatezza delle prescrizioni aiuta a risolvere lo scandalo delle liste di attesa. Ad esempio, durante una gravidanza senza problemi, è inutile prescrivere più delle tre ecografie previste dal protocollo.

 

Prime azioni del manager e prime reazioni: comincia una paziente con un duro attacco sulla nuova situazione in oncologia

Con queste premesse, cominciano a fischiare molte orecchie. Poi vengono i fatti e si aprono molte bocche.

Alcune decisioni del direttore generale provocano reazioni esplicite che più avanti riportiamo, altre, come l'introduzione della contabilità analitica (che rivela il costo unitario di ogni prestazione e rende possibili imbarazzanti confronti con altre realtà ospedaliere) e la selezione per titoli per l'attribuzione di responsabilità interne  (in sostituzione dell'incarico fiduciario giulivamente in uso) provocano gravi malumori, pudicamente non messi in piazza per mezzo della stampa.

Esordisce una paziente contro il mancato rinnovo della convenzione con un oncologo e la conseguente necessità per donne affette da cancro alla mammella di affidarsi ad altri ospedali.

"Ho avuto modo di conoscere una equipe medica ed infermieristica favolosa. Il Dr. Gerli mi ha operato e mi ha seguito costantemente, anche psicologicamente, rendendo il mio dolore un brutto passaggio della vita.

In verità, ero sempre stata scettica nei confronti dell'ospedale, perché da anni c'è un continuo succedersi di medici. Strano, come ne giunge uno di caratura maggiore poco dopo viene mandato via. Dopo la mia esperienza avevo ritrovato fiducia  nella struttura e nei medici, sempre disponibili, mi sentivo rassicurata e seguita.

L'arrivo del nuovo direttore generale dr. Vincenzo Panella, ha sconvolto ancora una volta e nel giro di pochi mesi l'organizzazione dell'Ospedale, non ha riconfermato il dr. Gerli, e contemporaneamente non ha riconfermato il primario della chirurgia dr. Correnti ed altri professionisti, costringendo ancora una volta noi cittadini a rivolgerci altrove.

Ma il cittadino non dovrebbe essere al centro della riorganizzazione? Visto che si parla sempre in termini economici è stato mai quantificato quanto questi professionisti hanno portato alla città e all'Ospedale?

Come ho potuto verificare durante la degenza ed i successivi controlli, negli ultimi due anni circa grazie alla presenza del dr. Gerli e di altri professionisti, molti cittadini provenienti da più parti d'Italia si erano rivolti al nostro ospedale che appariva vivo, pieno di gente e che poi è andato progressivamente svuotandosi finendo per demotivare anche gli operatori rimasti.

Ma se non erro il direttore generale non aveva posto il problema del perché molti cittadini del territorio orvietano si rivolgono ad altre strutture? Ed allora un servizio che invece di far emigrare i cittadini li attrae viene sospeso e senza neanche prospettare una soluzione alternativa? Perché?"

è un attacco diretto e pesante al direttore generale, cui viene contestata una presunta incoerenza con i criteri annunciati. Anche se la paziente non dice quale era il costo della convenzione, quali e dove sono gli altri ospedali che possono assicurare il servizio e, soprattutto, non tiene conto che l'ospedale di Orvieto non è un policlinico e che la sua pianta organica ha dei limiti oggettivi.

 

Si muove l'associazione Orvieto Contro il Cancro: il manager la rassicura

Si muove anche la benemerita associazione di volontariato Orvieto Contro il Cancro, che chiede un incontro al direttore generale, il quale dichiara all'associazione, in sintesi:

- che intende riordinare l'ospedale di Orvieto entro la fine dell'anno, cercando all'interno della struttura le professionalità necessarie al rilancio del nosocomio;

- che ritiene errato considerare tagli il cercare di fare a meno di consulenti in quanto la sua azione è protesa a fare crescere professionalità che diano una sicurezza continua per i pazienti;

- che è fermamente consapevole che, se si ristabilisce un clima di serenità, a beneficiare maggiormente sarà proprio l'ospedale cittadino e conseguentemente i pazienti;

- che certe distorsioni che hanno caratterizzato precedenti gestioni, se ricondotte alla normalità, possono far fare un salto di qualità alla sanità orvietana;

- che il day hospital oncologico non sarà assolutamente depotenziato e tanto meno smantellato, anzi troverà concretezza la stabilizzazione dell'organico del personale medico ad esso assegnato;

- che lavorerà per riattivare servizi che in questo momento sono stati ridotti o addirittura soppressi.

 

Entra in scena Fausto Galanello: manfrina tra compagni

Si muove anche il consigliere regionale Fausto Galannello, che presenta una interrogazione alla giunta regionale. Egli premette:

- che la situazione sanitaria e socio-assistenziale di Orvieto e del Comprensorio versa in condizioni di precarietà e criticità come testimoniato dalle frequenti denunce e segnalazioni di cittadini e pazienti anche a mezzo stampa;

- che tali criticità sono presenti sia nel presidio ospedaliero che nei servizi sul territorio;

- che l'azione riorganizzativa sin qui intrapresa dalla direzione della ASL n. 4 relativa sia all'Ospedale di Orvieto che ai servizi territoriali, incentrata per lo più sui tagli ai servizi ed al personale, non ha fatto altro che accelerare un depotenziamento ed un degrado progressivo da tempo in atto;

- che la spesa sanitaria pro capite in Umbria presenta uno squilibrio, tanto sul sociale che sul sanitario e tanto nel territoriale che nell'ospedaliero, tra Aziende Ospedaliere ed ASL e, all'interno di esse, almeno per l'ASL 4, tra i distretti;

- che a dodici anni dal varo della legge di riforma del sistema sanitario regionale,  non si è mai dato corso ad una verifica sui suoi effetti reali, come previsto dalla legge stessa;

- che la stessa legge prevedeva un'autonomia economico-finanziaria delle strutture distrettuali e anche un'autonomia gestionale per lo svolgimento delle funzioni ed il conseguimento degli obiettivi aziendali;

- che un ospedale dell'emergenza urgenza, quale è classificato quello di Orvieto, non ha ragione di essere considerato tale alla luce dei tagli e delle condizioni organizzative oggettive in cui versa;

- che l'alta percentuale di popolazione anziana residente richiede anche il potenziamento dell'assistenza domiciliare e delle strutture sul territorio, oltre ad una ridefinizione delle necessità per le residenze protette per anziani e non autosufficienti.

Quindi Galanello domanda quali iniziative intenda assumere la giunta regionale per dare una risposta alle problematiche poste e se non ritenga necessaria la convocazione di una Assemblea dei sindaci.

Vincenzo Riommi, assessore regionale alla sanità, risponde (dopo aver assicurato che alcuni posti vacanti nell'ospedale di Orvieto,  in particolare di anestesiologia e di chirurgia, saranno coperti quanto prima) che è comunque giusto aprire nell'Orvietano un serio confronto sulla sanità.

Galanello si dichiara disciplinatamente soddisfatto (anche perché la richiesta e la promessa di un confronto istituzionale non costa niente a nessuno),  ma sa bene che l'opinione pubblica non s'accontenta di tale manfrina. Quindi, in una intervista alla direttrice di Orvietonews, sputa tutti i rospi che, con ogni evidenza, gli avevano puntualmente servito i compagni di sua fiducia che lavorano in ospedale.

 

Poi Galanello si fa coraggio (o gli fanno coraggio) e picchia duro

Dopo uno scontato pistolotto contro il governo nazionale e una lezioncina sui sani principi, ispirata dal piano sanitario regionale, Galanello, a domande specifiche, risponde:

a) Un aspetto che mi preoccupa molto, tanto per partire con qualche esempio, anche se viene minimizzato, è che manca in pratica, nelle varie turnazioni, un anestesista, in quanto l'anestesista del turno pomeridiano destinato alla guardia per l'emergenza urgenza viene impiegato per le sedute operatorie pomeridiane di prassi, lasciando di fatto sfornita l'emergenza. Per non incorrere in rischi servirebbe dunque un altro anestesista, dato che le sedute operatorie sono programmate ogni giorno sia la mattina che il pomeriggio. Per onestà va in ogni caso detto che, proprio nelle ultime ore, è stato finalmente bandito il concorso sia per l'anestesista che per il primario di chirurgia e che dall' 11 giugno è stato assunto ad incarico un anestesista ma, in vista delle ferie estive, tale unità non comporta, comunque, alcun potenziamento di supporto all'attività.

b) A proposito di primari penso che, se ci sono, proprio per evitare questa continuo alternarsi, bisognerebbe valorizzare le risorse del territorio. Quanto alla chiusura di queste stanze della chirurgia, che risulta anche a me, se è vero, come non ho ragione di dubitare, che il dr. Panella non ha autorizzato un provvedimento del genere, si evidenzia a mio avviso un altro problema, quello di un certo stato di anarchia determinato dall'assenza, da oltre un anno, del direttore sanitario che, dopo la cessazione del mandato della Dr. Valecchi, non è più stato nominato.

c) In effetti i medici sono passati da 8 unità a 6, compreso il primario, gli infermieri, compresa la coordinatrice, sono solo 12. A ciò si aggiunga che la day surgery è stata chiusa lo scorso anno a fine luglio e non è più stata aperta, che l'urologia non ha il primario da circa due anni e si regge su due soli medici, tanto che è la chirurgia che deve sopperire alla mancanza di organico facendo la reperibilità. Altro punto dolente che mi risulta è che con la modifica dell'organizzazione delle sale operatorie e con l'attuale dotazione organica, in caso di urgenza si rende necessario rimandare gli interventi già programmati che, dato che la programmazione delle sedute operatorie è settimanale, vengono rinviati di almeno una settimana, fatto che non solo evidenzia il disservizio, ma crea un aggravio dei costi di degenza, per l'impossibilità di pianificare il lavoro come previsto dalle linee guida ministeriali. Da considerare, inoltre, il disagio di quei pazienti con minore urgenza che, a causa di queste dinamiche di slittamenti, attendono di essere operati da mesi. Bisognerebbe prevedere un'équipe e una sala operatoria esclusivamente per le emergenze urgenze.

Altro depotenziamento, poi, il mancato rinnovo del rapporto di consulenza con il dr. Gerli per la chirurgia oncoplastica della mammella. Il percorso che aveva individuato il precedente direttore sanitario, che aveva invertito la fuga verso l'Azienda Ospedaliera di Terni per questo tipo di patologia e che mirava ad attrarre a Orvieto utenti dalle regioni limitrofe, prevedeva l'inserimento di professionisti in un iter teorico pratico di formazione ECM. Di fatto, mentre altre Aziende ospedaliere potenziano i servizi di formazione, in questa si smantellano.

d) Mi  risulta che nell'area medica non è stata rinnovata la consulenza con il dr. Frigeri bloccando, anche qui, il percorso formativo che si era avviato in questo campo, con l'impossibilità di poter effettuare broncoscopie con eventuali biopsie bronchiali; che il day hospital oncologico lavora con 2 oncologhe soltanto di cui una, la dr. Di Costanzo, a contratto nonostante sia vincitrice di concorso, che in medicina d'urgenza ci sono solo cinque medici, pochi in relazione alle necessità. E ancora, pediatria non ha il primario da circa 3 anni e la vincitrice del concorso di coordinatore infermieristico non può ancora prendere servizio per il blocco della direzione, ortopedia ha problemi di pianta organica, in otorinologia c'è un solo medico per assicurare la continuità del servizio per 365 giorni l'anno, in endoscopia ci sono lunghissime liste d'attesa in quanto la dr. Franciosini sarà assente per un lunghissimo periodo ed è rimasta la sola dr. Scafiti, coadiuvata da un medico da Terni per un solo giorno a settimana, senza contare che nell'orario di chiusura del servizio siamo sprovvisti di reperibilità e i pazienti vengono inviati a Terni. Possiamo ancora aggiungere che nel laboratorio Analisi il servizio di microbiologia è gestito da una precaria con contratto in scadenza questo fine giugno e che manca un referente informatico, che in nefrologia il primario manca da oltre tre anni, che in radiologia, dove ci sono liste di attesa lunghissime, non solo non si fa più lo screening per la displasia congenita dell'anca dei neonati, ma è l'ospedale di Orvieto che manda a Terni un radiologo per questo servizio e un altro radiologo a Narni per la TAC. Dulcis in fundo è stato chiuso da alcuni giorni il reparto della riabilitazione.

e) Mi chiedo, a questo punto, che fine ha fatto l' ospedale dell'emergenza urgenza e, come evidenzio nella mia interrogazione, se non sia il caso di fare una verifica sulla Riforma del sistema sanitario regionale varata nel 1998 con la Legge Regionale n. 3. Perché bisogna capire partendo dalle radici, mettendo in relazione riforma, risorse e organizzazione, dunque verificare cosa accade nei distretti sanitari regionali in rapporto alla spesa sanitaria e ai bisogni dei territori e, eventualmente, ridistribuire le risorse. Come evidenzio nell'interrogazione, c'è una contraddizione tra gli alti costi sanitari pro capite che si registrano in provincia di Terni, rispetto a quella di Perugia, e la dequalificazione complessiva delle prestazioni della Asl 4, almeno per quanto riguarda il distretto n. 3 dell'Orvietano. C'è quindi qualcosa che non va e che va appurato. La Legge Regionale 3/98 prevedeva poi un'autonomia economico-finanziaria e gestionale delle strutture distrettuali, forse sarebbe il caso di riconsiderarla sia in funzione dell'ospedale dell'emergenza urgenza che Orvieto dovrebbe essere, sia dell'alta percentuale di popolazione anziana residente, che richiederebbe il potenziamento non solo dei servizi sanitari, ma anche di quelli socio assistenziali, come ad esempio l'assistenza domiciliare e le residenze protette.

 

Il comitato " Pro Ospedale di Orvieto" raccoglie tante firme e ottiene la promessa di un consiglio comunale aperto

Annamaria Barluzzi e Bianchina Prosperini organizzano il comitato" Pro Ospedale di Orvieto", raccolgono 2000 firme di adesione, chiedono la convocazione di una seduta aperta del consiglio comunale (che il sindaco promette per la fine di settembre) e s'incontrano col direttore generale.

Il dr. Panella assicura che il suo progetto prevede di migliorare l'ospedale in ogni settore, cercando di eliminare gli sprechi, che purtroppo ci sono stati e ci sono ancora, e di razionalizzare al meglio le strutture esistenti. Circa la nomina dei primari e la riorganizzazione dei settori nei quali i medici sono andati, o sono in procinto di andare,  si riserva di decidere ponderatamente entro l'anno in pensione, non ha ritenuto di poter anticipare ciò che ancora richiede,da parte sua, una seria riflessione per poter fare una scelta oculata e vantaggiosa principalmente per l'utente: la definizione di questi aspetti avverrà comunque entro la fine dell'anno.

 

Tanto per concludere

L'ospedale di Orvieto è e  rimarrà un ospedale minore nell'ambito del sistema sanitario di una regione minore.

L'epoca degli sprechi, nella sanità come altrove, è tramontata.  Perciò i servizi saranno sempre più razionalizzati concentrando nei capoluoghi di provincia tutto ciò che può essere concentrato e distribuendo i ricoveri secondo le disponibilità di posti letto in tutto il territorio regionale.

I costi delle singole prestazioni saranno sempre più monitorati per allinearli a quelle delle realtà più virtuose.

La qualificazione dell'ospedale di Orvieto come ospedale per l'emergenza-urgenza è una balla che sarebbe l'ora di sgonfiare. Le vere emergenze sono, nel territorio orvietano, un paio al mese. Un vero ospedale dell'emergenza dovrebbe tenere a disposizione per 24 ore una sala operatoria, con due chirurghi, un anestesista, un infermiere ferrista e un altro infermiere. Il costo sarebbe del tutto irrazionale. Peraltro i rari casi di vera urgenza possono essere affrontati, nelle ore in cui è attiva una sala operatoria, rinviando qualche intervento di routine, e, nelle altre ore, predisponendo il paziente per il trasporto rapido a un grande ospedale con vero servizio d'emergenza.

La salvezza dell'ospedale di Orvieto non può che essere cercata nella definizione di una specificità che tenga conto della sua collocazione in un territorio eccellente dal punto vista viario e con carattere di cerniera tra l'Umbria e due grandi, ricche e popolose regioni.

Se Orvieto non si convince che l'Umbria gli va stretta, dopo aver sfasciato il Comune, lascerà sfasciare pure l'ospedale.

Pubblicato il: 11/09/2010

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