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Brevettiamo Orvieto

di Massimo Gnagnarini "Naturalmente sono cose, queste, che non si predispongono nell'arco di un paio di sedute di Consiglio comunale, né con assessori che devono prendere l'aereo per partecipare a una seduta di giunta, né con uomini o donne che passano il tempo nei retrocucina dei partiti politici"

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Dopo l'agricoltura, l'industria, i servizi e dopo la new-economy ci sarà la "qualità totale", un quinto settore dove anche la qualità della vita ha un suo valore economico e produrrà elevati livelli di valore aggiunto.
Per ritrovare la bussola di una politica di bilancio e di sviluppo per  Orvieto bisogna cercare tra le cose che già appartengono alla città e che la caratterizzano da sempre rendendole disponibili a una economia
post-tecnologica.
Secondo la legge di Colin Clark, al progredire di una economia il peso relativo di ciascun settore diminuisce a vantaggio del settore successivo. Ciò significa che con il progresso e la crescita economica, dapprima il settore agricolo vedrà ridursi il suo peso relativo a vantaggio del settore industriale. Quindi, anche
quest'ultimo perderà peso relativo a vantaggio dei servizi. Quindi, anche quest'ultimo perderà peso relativo a vantaggio dell'alta tecnologia. Infine anche quest'ultimo perderà peso relativo a vantaggio di un quinto settore quello della qualità totale o della qualità della vita.
Quanto rapidamente questo passaggio si diffonderà e quanto riguarderà il mercato globale piuttosto che uno di nicchia, nessuno lo sa. Ma di certo avverrà.
Qui non ci sono industrie da riconvertire né territori da urbanizzare.
Non ci sono produzioni agricole intensive né centri di ricerca e di innovazione tecnologica.
Esattamente ciò che ci serve. Noi abbiamo i beni culturali e le risorse umane per gestirli, un centro storico ricco di contenitori da destinare e mettere a disposizione e ottimi servizi di mobilità e di ricettività da ampliare e migliorare, abbiamo prodotti tipici e una tradizione artigiana, ma soprattutto possediamo la "location", unica e straordinaria, e resiste ancora, seppur sbiadita, una certa immagine nel mondo di Orvieto e del suo Duomo.
Questo è l'oro di Orvieto.
Rassegnarsi perché si ritiene tutto questo non sufficiente per ridare fiducia e ricchezza agli orvietani è una contraddizione nei termini in cui solo i somari o gli svogliati possono indulgere.
Insistere invece con ipotesi di sviluppo classici  evocando nuovi insediamenti industriali o ripercorrendo strade di concertazione tra poteri pubblici, sindacati e imprenditori è un esercizio inutile perché non potremo mai essere più competitivi di un qualunque sobborgo di Sciangai.
Se dunque a una classe dirigente cittadina, più acuta e meno depressa, toccasse oggi di materializzare una visione futura di questa città se ne potrebbero già delineare i nuovi contorni sia economici che strutturali.
Non un borgo medievale inserito nei classici e maturi circuiti turistici, non un posto meramente da visitare,  ma piuttosto un luogo e un'opportunità speciale per vivere e lavorare.
Un posto "connesso" dove è facile e conveniente delocalizzare centri direzionali e di comunicazione secondo regole e con un disciplinare preciso e riconosciuto e brevettato  dove i "brand" d'impresa,
nazionali e internazionali, possono imprimersi dell'idea  di qualità della vita  (cibo, arte e cultura) necessario a trasmettere il loro messaggio di eccellenza, di qualità totale,  e a tradurlo in vantaggio competitivo.
Questa può essere l'idea originale da sviluppare per il futuro di Orvieto dove la ex Caserma Piave, l'ex Ospedale e altri immobili di prestigio vengono offerti per formare un tessuto urbano produttivo post-turistico sul modello economico dei distretti produttivi. In questo caso invece del prodotto si fabbrica e si vende  qualità della vita.
La sfida qui non è quella di conquistare quote di  mercato. La sfida è creare un mercato nuovo.
Non moltissimi, in Italia, hanno l'esperienza e la competenza di Toni Concina per esplorare queste nuove strade . Tuttavia bisognerebbe però sgravare il sindaco dalla quotidianità e dai problemi stringenti della
politichetta  e farlo volare alto in un contesto e con una mission ad egli più congeniale e certamente più produttiva per la città.
Ma egli deve essere il primo a crederci e a raccogliere la sfida adattando una più mirata squadra di governo e coinvolgendo le forze politiche e le intelligenze cittadine.
Al Comune di Orvieto basterebbe recuperare la produttività delle proprie risorse umane in un progetto di ripresa della gestione diretta dei servizi principali : beni culturali, parcheggi, tasse ed energia
per vedere d'incanto pareggiare l'ormai cronico deficit di bilancio e tornare a veleggiare con il vento in poppa.
Naturalmente sono cose, queste, che non si predispongono nell'arco di un paio di sedute di Consiglio comunale, né con assessori che devono prendere l'aereo per partecipare a una seduta di giunta, né con uomini o donne che passano il tempo nei retrocucina dei partiti politici.
Ci vuole dedizione, genio e un coraggio da visionari. Tutto il contrario dei vizi e delle virtù di un buon amministratore "di condominio". Ma, per l'appunto,  la Politica è un'altra cosa.

Pubblicato il: 04/08/2010

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