Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: NOTIZIE
NOTIZIE CORSIVI

Il Safari della Vita

Buona accoglienza del pubblico del Mancinelli a Safari. Nonostante non si sia registrato il pienone di Miseria e Nobiltà, Safari viene apprezzato soprattutto per il messaggio che lancia

Cultura

di Valeria Cioccolo

Quando si alza il sipario è la scenografia a colpire. Un cielo terso sullo sfondo, un albero e l'erba della savana. Nell'aria solo rumori di animali e, di fronte, personaggi immobili. Che poi in Safari, la "commedia drammatica" di Antonia Brancati sia la natura la vera protagonista sembra subito evidente. Non la natura "vacanziera", da cartolina, da film o da zoo che i cinque personaggi che vi si muovono cercavano. È una natura ostile, cruda, con le sue leggi di vita e di morte, uguali per tutti. E su questo scenario si muovono perciò cinque vite umane, due coppie, Giorgio e Silvia, Marco e Isabella, e una donna, Anita. Ognuno è ossessionato dai propri piccoli problemi quotidiani. Persi nella savana, abbandonati dalla guida, i cinque faticano a rendersi conto che la salvezza è più lontana di quanto sembri, perciò continuano a rimanere rinchiusi nelle proprie meschinità, nelle proprie manie, nei propri credo, nei propri egoismi, ragionano con le massime di una cultura scientifica magari imparata in TV da Piero Angela. Ma mentre continuano a parlarsi addosso, quasi senza comprendersi, la notte incombe, e l'improvviso buio, solo di un momento, che arriva ad immobilizzarli mentre discutono, diviene all'improvviso protagonista, oscurando quel cielo e bloccando le loro azioni, a rappresentare, forse, proprio il destino di ognuno, la notte che può colpire e da cui nessuno può sfuggire. E perciò, a mano a mano che la speranza iniziale di ricevere aiuto si affievolisce, i cinque personaggi imparano a capirsi, ognuno ha le proprie tragedie e paure, i propri drammi terribili non detti e a confessarsi, non solo gli uni con gli altri, ma anche con se stessi. E sarà Anita, la più forte, la più conciliante e pratica, a mostrarci, nel suo dialogo finale con Giorgio, uomo ricco ma fino a quel momento alla ricerca solo di status symbol, da dove deriva questa sua forza, dall'aver combattuto contro un male terribile, il cancro, e di essere riuscita comunque a sopravvivere, fino a quel momento. Lottando contro il destino o una natura ostile (proprio come stanno facendo loro cinque in mezzo alla savana) è riuscita a trovare non solo il modo di andare avanti (dando addirittura coraggio a chi le stava intorno), ma anche una filosofia di vita positiva nel dolore. Solo con la consapevolezza di non essere immortali, solo prendendo coscienza di essere effimeri, solo ammettendo che la vita presuppone anche la morte (e anche per loro cinque sta arrivando la notte, dopo il giorno pieno, soleggiato, caldo) ci si può sentire veramente liberi, perché si impara ad apprezzare i veri valori, perché si fanno scelte consapevoli non rimandando a domani ciò che è veramente importante, perché si dà il giusto peso alle meschinità di tutti i giorni. Perché, nonostante tutto si deve continuare a vivere. Ma alla fine? Si salvano i cinque? Dalla speranza che gli aiuti siano arrivati (non sono motorette quelle che si scorgono all'orizzonte?) alla disperazione di vedere che intorno ci sono invece leoni, pronti ad attaccarli ...... Ma nonostante tutto finché la notte non arriva, finché si ha una possibilità, forse si riuscirà a vincere, anche contro i leoni, anche contro malattie che chiamano "incurabili" ... forse.

Pubblicato il: 03/11/2003

Torna alle notizie...