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La Grinta chiede altri due mesi

E' il tempo di formalizzare un affitto di ramo d'azienda in favore di una costituenda società (Sia - Sistema italiano abbigliamento) disposta a riaprire lo stabilimento nella seconda settimana di settembre reimpiegando da subito una cinquantina di operaie

ORVIETO - Altri due mesi, il tempo di formalizzare un affitto di ramo d'azienda in favore di una costituenda società (Sia - Sistema italiano abbigliamento) disposta a riaprire lo stabilimento nella seconda settimana di settembre reimpiegando da subito una cinquantina di operaie e col tempo la totalità, ovvero una settantina. È questa la richiesta con cui ieri mattina, l'imprenditore fiorentino Alessandro Calugi, proprietario di Grinta srl, si è presentato di fronte al giudice fallimentare del tribunale di Orvieto che, ad aprile, aveva già concesso un mese di tempo all'azienda. Adesso la richiesta è di altri due mesi, in presenza di un ipotetico piano industriale, ma in assenza ancora di un concordato preventivo. Per la società in fase di costituzione, secondo quanto riferito per via informale ai sindacati, sarebbero già state versate alcune quote, l'operazione potrebbe arrivare a chiudersi per i primi di luglio. A quel punto dall'anticipo dell'affitto di ramo d'azienda si liberebbero le risorse con cui verrebbe saldato il 10% dei crediti vantati dai dipendenti. In una parola le operaie comincerebbero a vedere i soldi degli stipendi arretrati. Adesso la parola spetta al giudice Claudio Baglioni, che si è riservato la decisione. Il giudice potrebbe decidere di concedere un'ulteriore proroga sulla base della credibilità del piano imprenditoriale prospettato informalmente oppure dire basta e decretare il fallimento di Grinta. Più che prudente la Cgil che tramite il segretario provinciale della Filctem, Stefano Cancellieri ribadisce "la necessità di gestire la crisi degli arretrati nell'ambito delle procedure di fallimento". Nel frattempo, per le sfortunate operaie dell'azienda tessile di Bardano non è arrivata neanche la sigla sul decreto della cassa integrazione. Una produzione d'alta gamma di 80 capispalla al giorno, 63 operaie ex Mco ricollocate e un investimento iniziale di 500mila euro destinato a triplicarsi nel medio periodo per l'ammodernamento dei macchinari e l'apertura di un pantalonificio. Così nel 2007 il tessile di Bardano era risorto sulle ceneri Mco. A distanza di tre anni, appena un paio in realtà, le prospettive di crescita si sono infrante contro la crisi perenne del settore e quella più generale dell'economia.

Pubblicato il: 29/05/2010

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