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L'acqua non si vende. Campagna referendaria

il Comitato Umbro Acqua Pubblica rilancia la battaglia contro la privatizzazione dell'acqua. C'è il comitato per l'Acqua pubblica dell'Orvietano

Il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua insieme a numerose realtà sociali e culturali promuove tre referendum abrogativi delle norme che hanno privatizzato l'acqua, per rendere possibile qui ed ora la gestione pubblica di questo bene comune.
Dopo la chiara tendenza alla privatizzazione e svendita del servizio idrico e delle risorse, anche da parte dei Comuni dell'Umbria (tranne Gubbio, Spoleto, Narni, Orvieto, Nocera Umbra) e della Regione Umbria (vedi concessioni all'imbottigliamento), il Comitato Umbro Acqua Pubblica rilancia la battaglia contro la privatizzazione dell'acqua: attiviamoci sui nostri territori, ed organizziamo la campagna per la raccolta firme a sostegno dei quesiti referendari,  affinché i cittadini si possano liberamente esprimere contro il Decreto Ronchi, e si riesca così a porre un argine alla speculazione del capitale privato nella gestione di questo bene primario, indispensabile per la vita degli esseri umani e di tutti gli organismi viventi.

Per informazioni e contatti:
Comitato per l'Acqua Pubblica dell'Orvietano
c/o Centro di Documentazione Popolare
Via Magalotti, n. 20 - Orvieto (TR)
Orari di apertura: mercoledì 18:00 - 20:00
comitatoacquapubblicaorvieto@gmail.com


Cosa è accaduto in Italia?

Ø  Il 9 dicembre 2009 il governo Berlusconi ha votato la legge Ronchi:

Le legge dice che se il Comune, la Provincia o l'Ato vuole privatizzare un servizio può farlo, ma deve indire una gara pubblica. Precedentemente, nel nostro Paese, era possibile procedere all'affidamento diretto: un ente locale poteva costituire una società a capitale pubblico ed affidarla ad un soggetto privato di sua scelta che la portava sul mercato (meccanismo che non è mai piaciuto alla Comunità Europea, cha ha intimato più volte all'Italia di attenersi alle regole).

Ø  Le S.p.A a capitale pubblico rimangono comunque società private, e il decreto Ronchi ha posto unicamente un limite alla possibilità di affidarle in maniera diretta.

Nel decreto c'è una spinta alla privatizzazone che non ha nulla a che fare con il messaggio della UE. La legge favorisce infatti gli accorpamenti territoriali di ampia taglia. I privati in gara, così, preferiscono mettere in funzione grandi impianti, che nelle economie di scala rendono maggiormente. Inoltre, seppure il soggetto pubblico volesse mantenere il controllo di un ente di gestione, conservando il 51% delle quote, esiste già oggi la possibilità di creare meccanismi tali da non consentire mai l'ultima parola al "pubblico": un C.d.A. con 5 consiglieri per parte pubblica e 4 per parte privata, potrebbe decidere ad esempio di rendere valido un atto solo se approvato da 6 consiglieri su 9 in totale. Il "pubblico" sarà quindi sempre ostaggio del "privato".

Ø  Il decreto Ronchi non impone la privatizzazione del servizio !

La normativa italiana non è cambiata a riguardo: se privatizzare o meno il servizio spetta agli enti locali.

La situazione in Italia vede, da un lato, i rappresentanti istituzionali - a prescindere dallo schieramento politico di appartenenza - che spesso spingono palesemente verso la privatizzazione, oppure fingono di remare nel senso contrario per poter continuare a godere del sistema dell'affidamento diretto; dall'altro i cittadini, sempre più consapevoli e informati, favorevoli alla gestione pubblica del servizio. L'opinione pubblica può quindi intervenire, facendo pressione sugli enti locali, affinché la gestione dell'acqua non cada in mano ai privati.

Ø  Quali sono i vantaggi dell'acqua pubblica?

1) la fiscalità: il sistema di tassazione è diverso da quello previsto per il mercato e si possono ridurre i costi per la collettività; 2) i posti di lavoro: maggiormente garantiti grazie all'applicazione di contratti pubblici per un percorso occupazionale più solido e chiaro per i lavoratori; 3) il riconoscimento ufficiale del diritto all'acqua!: l'obiettivo del pubblico è quello di garantire il servizio e portarlo nelle case, quello del privato è il profitto. E' vero che le aziende pubbliche possono diventare dei grandi carrozzoni, ma nemmeno il privato è immune da questo rischio. La S.p.a. pubblica è il male peggiore, perché può assumere senza concorso e gestire liberamente i soldi dei cittadini. Il pubblico, diversamente, è soggetto a controllo e deve comunque seguire una linea.

Cosa è accaduto in Umbria prima del Decreto Ronchi

Ø  Aumento delle tariffe dei Servizi Idrici Integrati nei comuni dei quattro Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) umbri:[1] ATI 1 e 2: 5% nel 2008, 20% periodo 2005/2008; ATI 3 Foligno: 7% nel 2008, 23,2% periodo 2005/2008; ATI 4 Terni: 7-9% nel 2008, dal 58,3 al 63,1 % periodo 2005/2008.

Ø  L'Umbria è la terza regione più cara d'Italia in termini di tariffe idriche: la legge Galli prevedeva aumenti delle tariffe motivati, per esempio, dall'inflazione o da investimenti. Peccato però che tutte le opere sul servizio idrico degli ultimi anni siano state eseguite con finanziamenti del CIPE, della Comunità Europea e della Regione dell'Umbria (soldi dei cittadini). Il motivo di tali aumenti è semplicemente la remunerazione del capitale investito dalle SPA private, come prevede il decreto ambientale. Quale privato infatti investirebbe in un settore economico se non fosse sicuro di fare profitto? La ricerca dell'AUR ne è la dimostrazione. Tornare ad una gestione del servizio idrico, pubblica e partecipata, è possibile oggi, in Umbria, senza costi. In questo periodo di crisi, ripubblicizzare l'acqua oggi sarebbe un segno di civiltà e di riappropriazione sociale dei beni comuni.

Oltre a firmare per i referendum nazionali che aboliscono la normativa esistente che privatizza l'acqua, vogliamo che i nostri comuni si assumino la responsabilità del nostro futuro e inizino il percorso della ripubblicizzazione, a partire dalla modifica degli statuti!



[1]              Fonte: "Focus sulle tariffe del Servizio Idrico Integrato", del progetto dell'Agenzia Umbria Ricerche intitolato "Osservatorio Tariffe e Tributi Locali".

Pubblicato il: 01/05/2010

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