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Elogio dell'erba verde

di Massimo Luciani sulla Statale Amerina e su quella per Todi abbia notato che il margine della strada si è colorato di rosso. Fino a qualche tempo fa era in uso solamente tagliare queste erbe, ma da oggi il leit motiv dominante è cambiato: al taglia si aggiunge il secca e distruggi
Diserbante a go - go per tenere pulite i cigli delle strade. Facile e pericoloso

foto di copertina



Nelle foto, le nostre strade a primavera, oggi.

di MASSIMO LICIANI
Tempo di primavera, le giornate miti, i fiori che sbocciano, le piante rimettono le foglie e il paesaggio diventa incantevole. Tutto, dal profumo, ai sapori, alle idee si rinnova e tutto verdeggia, ovunque, tranne che in un posto: l'Umbria, quella bella Regione tanto blasonata che ha costruito sul verde la propria immagine. Umbria, cuore verde d'Italia.

Una mia cara amica che è veneta e che si è trasferita da poco da queste parti, mi dice spesso tra lo stupore e il faceto, di non capire cosa ci sia di tanto verde in Umbria. Il periodo verde per eccellenza infatti è la primavera che dura poco più di tre mesi e poi nei campi che prevalgono sul resto, torna prevalentemente il giallo. La mia risposta è sempre un tentativo di compromesso e l'invito è spesso a cercare di chiudere un occhio, se non fosse che l'uso spasmodico che si fa degli erbicidi e del diserbo oggi, non imponga di chiudere entrambe gli occhi.

Oramai il verde insieme all'erba è un colore bandito per lasciare il posto anche in primavera al viola, l'arancio e al giallo del seccume. La vegetazione spontanea oggi sembra essere diventata la più temuta nemica dell'uomo, ancor più delle zanzare e dei calabroni, finanche i serpenti. La violenza con cui oggi si aggredisce la flora è inaudita se paragonata a quella che era la cura praticata dall'ormai estinta cultura contadina e rurale che ci precede.

La società della tecnica è soggiogata dal mito di poter trasformare tutto senza che la natura, la terra che ci nutre si rivolti e ci faccia pagare i debiti contratti; mille anni di Sapienza corrotti dall'uso sconsiderato della Ragione, del Sapere. Sapere che poi molte volte non è.

Quanti sono gli agricoltori oggi che sanno precisamente cosa contiene un erbicida essiccante e cosa comporta il suo uso per la salute umana e di ogni essere vivente, i suoi costi sociali, ambientali e alla fine di tutto economici? Penso ben pochi o così sembra nei fatti.

Li vedo spesso accalcati ai banchi dei rivenditori, spaventati più che consapevoli, da spettri più che da reali mostri. Sono lì che chiedono, ho il pelo dell'erba alto più del calzino e quando mi muovo mi fa il solletico, cosa ho da fare? E il commerciante gli vende l'erbicida. Non dico niente sui commercianti, che spesso sono consapevoli dei danni, ma anche dell'inutilità di certe pratiche colturali, i commercianti che sanno e che non dicono, anzi invogliano all'acquisto.. E che dire allora di chi governa il mercato degli erbicidi e disinfestanti, le poche multinazionali che si contano sulle dita di una mano e che fanno affari d'oro senza pagare i veri danni sociali e ambientali che i loro prodotti provocano?

L'alba della chimica in agricoltura, come tutti sanno, fu intorno agli anni 50, quando si parlò di una rivoluzione che qualcuno ebbe la malaugurata idea di contraddistinguere con l'aggettivo "verde". La chimica entrò nel mondo agricolo, spalancando porte e finestre, inaugurando quella nuova stagione che Rachel Carson nel suo più famoso libro, chiamò "Primavera Silenziosa".

Da allora è stato un progressivo aumento di uso, di produzione, di commercio e al tempo stesso di lauti guadagni, senza calcolare tuttavia le meno laute morti che ogni giorno contiamo e mettiamo a registro. Non parlo solo della vita animale e vegetale e della ricchezza che in essa è contenuta, quella che in gergo si chiamerebbe biodiversità e che è difficilmente registrabile almeno all'occhio e al sentire umano, parlo delle vite umane che ogni giorno si curano e ogni giorno muoiono per causa di quelle malattie gravi che affliggono la nostra società, cancro, malattie degenerative, leucemie, o che semplicemente subiscono gli effetti delle intossicazioni, delle allergie e delle intolleranze, in aumento..Non possiamo nemmeno nasconderci dietro ad un dito. La correlazione diretta tra l'uso dei pesticidi e queste malattie è ormai ampiamente accertata da molti studi scientifici e pressoché accettata a livello internazionale. Ma poco vale, l'agricoltore continua ad usarli, il commerciante a venderli, gli ospedali a curarne le conseguenze, mentre le imprese funebri puntano a diventare la principale economia del Paese.

Ma prendersela con un povero agricoltore che a malapena riesce a tirare avanti la carretta, spogliato come si trova pure della sua dignità sembrerebbe crudele. Diverso però è il discorso quando tali sconsiderate pratiche sono adottate dagli Enti pubblici che hanno tra i loro principi basilari la difesa e la garanzia dei diritti del cittadino, primo fra i quali la salute e la vita.

Parlo in particolare di chi avuto la brillante idea di controllare le erbe infestanti lungo le strade con gli erbicidi. Penso che chiunque sia passato sulla Statale Amerina e su quella per Todi abbia notato che il margine della strada si è colorato di rosso. Fino a qualche tempo fa era in uso solamente tagliare queste erbe, ma da oggi il leit motiv dominante è cambiato: al taglia si aggiunge il secca e distruggi. Solo che a distruggersi non è solo l'erba e la salute di cui ho sopra accennato, ad essere distrutta è anche l'immagine di una città stretta nel suo annoso problema di trovare quello slancio

economico che ha nelle sue eccellenze storico, culturali, ambientali la sua principale ricchezza e che farebbe bene a conservare e gestire con estrema cura come se fosse ciò che nella realtà è, un eccezionale tesoro. Orvieto come le altre città umbre non possono permettersi queste sconcerie di basso profilo ambientale e farebbero bene a reclamare e manifestare tutta la contrarietà verso queste pratiche tossicizzanti e affatto risolutive di un problema che non esiste, l'erba. Provincia e Anas farebbero bene ad occuparsi, piuttosto, di raccogliere le quantità immonde di rifiuti che giacciono sulle nostre strade e che sono il vero problema.

 

Pubblicato il: 23/04/2010

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