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A destra e a manca. L'appuntamento del lunedì con Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella

Questa settimana si parla de "Il fascino sottile dell'astensione" e di "Giunta comunale:maneggiare con cura". Idee sul tempo che "corre" veloce, tortuoso e pericoloso sulla città. Sono i giorni del bilancio...contributi da Mario Tiberi

foto di copertina

Il fascino sottile dell'astensione

Caro Franco,

l'amministrazione comunale di Orvieto sta attraversando una turbolenza più turbolenta del solito, se è vero, come è vero, che il capogruppo del PD sta mettendo le mani avanti all'approssimarsi del voto sul bilancio. Non conosco bene le proposte e le controproposte delle parti che stanno lavorando al bilancio. E comunque sono tenuto a un certo riserbo, perché il momento è delicato. Lo rendono delicato il disagio del centrodestra, che pur avendo proposto al corpo elettorale il sindaco che ha vinto con larga maggioranza, ha ottenuto per le proprie liste meno di quattro voti su dieci; ma anche il disagio del centrosinistra, che ha perso il sindaco pur disponendo di una larga maggioranza.

L'anatra zoppa è ancora zoppa perché i consiglieri comunali di centrosinistra espressi dai sostenitori del sindaco eletto non se la sentono di fare ancora un passo in avanti e garantire una solida maggioranza al sindaco che hanno contribuito a eleggere. Qualcosa di molto appiccicoso li tiene ancorati ai partiti di provenienza. In particolare, gli ex margheritini del PD si stanno condannando a sopravvivere in quel partito come galline pizzicate. Sono condizionati da profonde idealità, o hanno tanto poca fiducia in se stessi da non ritenersi in grado di ricostruire il loro ruolo politico nei quattro anni che mancherebbero alla fine della legislatura, o hanno la mani e i piedi legati da dure catene?

Intanto è sempre meno probabile il voto favorevole dei consiglieri del PD a un bilancio che non mi pare s'impegnino a far quagliare. Mi sembra evidente che l'esperienza del patto per la città dovrebbe ritenersi conclusa negativamente in caso di voto contrario, ma anche di astensione, da parte del PD.

Va tenuto presente che lo statuto e il regolamento del consiglio comunale di Orvieto contengono una norma un po' strana: le proposte di deliberazioni (compresa quella di approvazione del bilancio)  s'intendono approvate quando i voti favorevoli superino quelli contrari; mentre solitamente i regolamenti comunali richiedono i voti favorevoli della maggioranza dei presenti e, per i bilanci, i voti favorevoli della maggioranza dei consiglieri.

Si potrebbe dare il caso che il bilancio sia approvato con il voto favorevole di una minoranza, anche esigua, dei consiglieri in carica.

Mi interessano molto, come credo interessino ai nostri venticinque lettori, le tue considerazioni su un'evenienza del genere.

Tuo Pier

Caro Pier,

dopo aver spaziato un po' nella modernità delle zone europee più sviluppate, è opportuno, come tu proponi, di tornare alle cose di casa nostra, anche perché le decisioni cruciali sono ormai imminenti. Ed eccoci perciò di nuovo al bilancio, aspetto decisivo della complicata vicenda politica orvietana. Nemmeno io sono perfettamente informato delle proposte e delle controproposte, ma da quello che so e da quello che evinco da qualche chiacchierata e dalle diverse prese di posizione deduco qualcosa che somiglia tanto ai versi che il poeta Arnaldo Fusinato dedicò nel 1849 alla caduta di Venezia:

Passa una gondola della città:

- Ehi, della gondola, qual novità?

- Il morbo infuria, il pan ci manca,

sul ponte sventola bandiera bianca!

Non vorrei veder sventolare sul pennone del comune la bandiera bianca della resa, non tanto a improbabili similaustriaci, quanto alla probabilissima furbizia che diventa stupida irresponsabilità. Sì, è certamente vero, l'anatra continua ad essere zoppa e c'è il disagio sia del centrodestra che del centrosinistra per le ragioni che hai detto, ma è anche vero che tutti sapevano fin dall'inizio che, quando all'anatra manca una zampa, se vuoi farla camminare e non puoi né fare il trapianto né mettere la protesi, è meglio che trovi una stampella. E infatti tutti o quasi (coloro che dovevano decidere) hanno firmato il "Patto per la città", appunto la stampella, con questi intenti più o meno chiaramente dichiarati: si approva il bilancio 2010 con un'operazione seria di risanamento dei conti; contestualmente, essendo necessario un riferimento triennale, si gettano le basi del rilancio della città, tenendo anche conto della nuova fase che si apre con la riprogettazione dello sviluppo dell'Umbria nel contesto del federalismo; poi si esce dalla situazione anomala con nuove elezioni. Sarebbe conveniente per tutti, oltre che ovviamente essenziale per la città, che si continuasse su quella strada. E certamente si può, perché quello che si conosce della discussione sul bilancio è sufficiente a farci capire che per la sua quadratura è necessaria solo un po' di sensatezza di tutti. Rispetto alle prime schermaglie passi avanti sono stati fatti, ma non è indice di sensatezza né difendere l'indifendibile o ignorare l'esigenza di una reale razionalizzazione della spesa, né puntare tutto sui tagli e coprire le spese con operazioni impossibili (oltreché irresponsabili) come la concessione (con inclusa la (s)vendita) del Casermone. Così si ha l'impressione che abbia ripreso forza la politica del respiro corto, l'unica in cui molti si sentono a loro agio. Non mi meraviglierebbe perciò scoprire che a destra si sia deciso di agire scientemente in modo sciatto e stanco (e dunque furbesco) per far innervosire un bel po' di gente dell'altra parte, e che a manca questo modo sia di fatto gradito se non auspicato per avere buone ragioni formali per non assumersi le responsabilità dovute: insomma, tutti allegri verso il commissariamento. A meno che questo clima torbido non sia appositamente alimentato dalle ali trattativiste del sottobosco politico per uno scambio non proprio commendevole: dopo un po' di drammatizzazione il bilancio si approva, ma avendo già definito prima nuovi assetti di potere, in Giunta come negli Enti, che saranno poi formalmente attuati. Se fosse così, la stranezza non starebbe nella cosa in sé, ma nel fatto che lo stesso risultato, anzi, infinitamente migliore, si sarebbe potuto ottenere seguendo la via maestra, quella trasparente tracciata con il "Patto per la città". Ma tant'è, se la vista è troppo corta, forse non servono nemmeno gli occhiali: in questo caso davvero ci vuole solo il trapianto!

Caro Pier, spero di essere riuscito a comunicarti il forte disagio con cui cerco di seguire tutta questa situazione, che capisco sempre di meno, ma alla quale non vorrei arrendermi, per quel poco che può contare la mia opinione. Dunque, sicuro di essere in sintonia in primo luogo con te, riaffermo ancora una volta le ragioni di una condotta razionale di fronte ai problemi gravi che la nostra città ha il dovere di affrontare, anche con quello scatto d'orgoglio di cui in altri momenti è stata capace. Per questo dico che: sarebbe incomprensibile non chiudere il bilancio 2010, perché si può fare; sarebbe incomprensibile arrivare al commissariamento, perché si può evitare; e sarebbe però anche indigeribile che alla fine di fatto si decidesse di non decidere niente semplicemente utilizzando le scappatoie del regolamento, che consentono appunto di approvare perfino il bilancio con una manciata di voti. Insisto: c'è un dovere di responsabilità nei confronti della città, che è di tutti. Tutti coloro che la pensano così è ora che si facciano sentire. Dopo, lamentarsi delle conseguenze sarebbe davvero troppo facile. È anche una buona occasione per verificare se la classe dirigente attuale, complessivamente considerata, ha sufficiente lucidità e forza per rigenerarsi dall'interno, o se si deve prendere atto che l'unica via è l'azzeramento. In questo secondo caso, caro Pier, nonostante le perplessità che ho sempre manifestato, ritengo necessario organizzarsi per evitare ulteriori e più gravi danni.


Giunta comunale: maneggiare con cura

Caro Franco,

le vicende delle dimissioni dell'ottimo assessore Marco Sciarra e del loro rientro, hanno agitato le acque dell'opinione pubblica orvietana e sono state interpretate come una grave frattura nel centrodestra. Tu hai una lunga esperienza come assessore e come sindaco e io una lunghissima esperienza come segretario comunale. Abbiamo trascorso migliaia di ore delle nostre vite in riunioni di giunte comunali e ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori. È forse per questo che non ci siamo più di tanto emozionati. Per quanto mi riguarda, spiego il perché e t'invito a esporre il tuo punto di vista.

Da vari anni il sindaco viene eletto direttamente dal corpo elettorale e, tra i vari e forti poteri, ha quello di nominare e sostituire gli assessori. Quindi gli assessori sono dei collaboratori di fiducia del sindaco, che tiene in mano le sorti delle loro cariche. Tutto questo in teoria, perché, in pratica, non potendo la legge equipararlo al Padreterno, il sindaco deve tener conto, nel nominare gli assessori, non solo e non tanto delle loro eccezionali capacità, quanto di una serie di opportunità che nobilmente definiamo politiche. In effetti si tratta di massimizzare il consenso e minimizzare il dissenso di coloro che in vari modi possono influire sulla tranquillità del sindaco. Ne deriva che ciascun assessore, oltre a rappresentare se stesso, rappresenta un gruppo o un gruppetto di persone e di interessi. Ne consegue che le giunte comunali, tranne casi eccezionali di comuni minuscoli, sono oggetti esplosivi. A porte chiuse rumoreggiano in modo inquietante. A volte i rumori si sentono anche fuori. E a volte esplodono.

Tuo Pier

Caro Pier,

già, conosciamo piuttosto bene come vanno queste cose, anche se io ne ho fatto esperienza diretta quando non il sindaco ma i partiti sceglievano gli assessori e il sindaco non poteva di sua iniziativa cambiare nessuno. Mi pare però che la vicenda delle dimissioni date e ritirate del valente assessore e caro amico Marco Sciarra indichi chiaramente che, nella sostanza, da allora ad oggi poco è cambiato, almeno stando alle dichiarazioni sia del sindaco Concina che del consigliere Ranchino, dalle quali si evince che il problema è nato dal contrasto tra due esigenze parimenti presenti e legittime: da una parte la tutela e la valorizzazione delle idee e del ruolo dei singoli (espressioni di forze o gruppi diversi), dall'altra l'affermazione della collegialità delle decisioni e dell'azione, in misura sapiente, giacché se non c'è va a finire che ognuno tende a prevaricare il ruolo degli altri, se invece ce n'è troppa è sicuro che qualcuno si sentirà compresso e deciderà o di rassegnarsi a fare il tappeto o di scappar via.

Io non amo questa legge elettorale, perché tende a trasformare i sindaci in podestà, ma riconosco che finché c'è va attuata come si deve, anche perché può essere interpretata in modi del tutto diversi, come l'esperienza ci ha consentito di verificare ampiamente. Perciò se ne possono esaltare i vantaggi ed attenuare gli svantaggi, nel senso che il sindaco può tranquillamente esercitare i suoi poteri di indirizzo, di scelta e di tenuta della barra lungo le linee tracciate dagli accordi e dal programma, senza ledere, anzi esaltando, la personalità di soggetti che lui stesso in ogni caso ha scelto. Tuttavia, mi sembra di vedere avanzare nel panorama generale delle novità non proprio incoraggianti, che anche ad Orvieto hanno ormai un certo peso, anzi, un rilievo notevole: da una parte un incalzante processo di frammentazione della politica organizzata, che si traduce nella maggioranza dei casi in una specie di neofeudalesimo, dall'altra un fenomeno connesso di instabilità strutturale, che fa comodo a molti, ma non fa certo l'interesse generale.

Su questo però, caro Pier, credo che converrà tornare con più calma.

Tuo Franco


da Mari Tiberi

Carissimi Pier Luigi e Franco Raimondo,

siamo alla stretta finale sul Bilancio del Comune di Orvieto anche se il percorso, invece di spianarsi, sembra divenire sempre più impervio e tortuoso, soprattutto pericoloso per gli interessi generali della Città.
Non Vi nego che sono rimasto alquanto sconcertato nell'apprendere che la Presidenza del Consiglio Comunale ha predisposto un Ordine del Giorno, per le prossime due convocazioni del medesimo, contenente un po' di tutto tranne l'argomento principe di queste ore.
Il tempo stringe e allora mi chiedo: o non si avverte chiara e impellente la necessità di portare alla libera e democratica discussione, in seno all'organo deliberativo per eccellenza, l'Atto Fondamentale per la vita della comunità cittadina, oppure l'intera questione è ancora così in alto mare che non si sa "che pesci prendere".
Si vuole attendere l'ultimo minuto dell'ultimo giorno di proroga, concessa dal Sig.Prefetto, o non sarebbe preferibile e certamente anche più responsabile adottare linee operative meglio soppesate e riflettute?.
Ritengo, al punto in cui si è arrivati, che la tergiversazione possa diventare un'arma a doppio taglio e foriera di essere improvvida consigliera.
Notizie recentissime non mi fanno ben sperare, anche se la speranza resta comunque l'ultima dea pur considerando che, essendo cristiani e non pagani, meglio sarebbe dire l'ultimo baluardo della Divina Provvidenza.
Vi saluto sempre molto affettuosamente.


A destra e a manca  è la rubrica di Orvietosì  oggi alla ventisettesima puntata. E' animata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella, la destra e la sinistra delle "cose".
Vorremmo attrarre i lettori nel ragionamento aperto da Leoni e Barbabella, non con i commenti, che in questa rubrica sono disattivi, ma con contributi firmati e spediti per e-mail a
dantefreddi@orvietosi.it , specificando nell'oggetto la rubrica "A destra e a manca".
La rubrica esce ogni lunedì.

Per leggere le precedenti puntate di 'A destra e a manca' clicca qui




Pubblicato il: 19/04/2010

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