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Pane e Pupias

Sabato 11 e domenica 12 ottobre dalle ore 10 alle 19, al Palazzo del Gusto, la Mostra "PANE E PUPlAS - l'arte effimera del pane", 200 pani calendariali della Sardegna, a cura di Luisa Monne e Roberta Luche

Cronaca

Al Palazzo del Gusto, una delle sei tappe di "A Spasso con Gusto", l'ormai tradizionale passeggiata dei sapori che si dispiega sabato e domenica lungo le strade e le piazze del centro storico di Orvieto, saranno esposti oltre 200 esemplari di pani festivi della Sardegna.
Sono pani dei Santi, pani degli sposi, pani delle lacrime, pani pasquali, pani di quaresima, pani contro le malattie, pani da regalare ai bambini; fatti tutti con buone farine e semola di grano duro, alcuni pani votivi sono solo figurativi, altri sono anche commestibili, come ad esempio i pani di Sant'Antonio del 16 e 17 gennaio, dolci e composti con mosti cotti, mandorle, noci, uva passa e miele. Così pure i pani quaresimali. Per questo qualcuno la chiama "arte effimera", che si innesta però su una vigorosa tradizione sarda inerente l'artigianato di panificazione.
Nell'isola, i pani sono davvero tanti ed il pane, al pari della pasta, è il perno dell'alimentazione sarda. Se il tipo carasau, sottilissime sfoglie circolari croccanti, con le varianti frattau con pomodoro e uova, e guttiau con olio e sale, sono i più famosi, ci sono anche il civraxiu, a grande forma rotonda con crosta croccante e mollica morbida, il su coccoi con farine pregiate, il su moddizzosu, pane rotondo di grande morbidezza, e le morbide spianadas, di forma circolare.
Ma nell'isola il pane assume anche e soprattutto un forte valore simbolico essendo di volta in volta, espressione di festa o di augurio. Ci sono pani coi quali si entra nel vivo del più autentico folclore, prodotti che ogni famiglia riproduce con geloso amore delle antiche usanze. Questi pani sono delle vere e proprie opere d'arte, che non si utilizzano tutti i giorni, ma solo in occasioni speciali: battesimi, fidanzamenti, matrimoni, feste patronali. Con la pasta di semola si formano trecce, ghirlande, spighe, fiori, figure allegoriche, angioletti, uccelli, alberi di Natale, bambole (pupìas). Con l'aiuto di qualche arnese, coltellini, forbicine, rotelle, ditali, ferri da maglia, bicchierini, si lavorano i bordi del pane, viene intagliato l'orlo, si realizzano gli intarsi, mentre esponendo la pagnotta al vapore d'acqua si forma una superficie liscia e lucente. Talvolta il pane si incide con modelli, retaggio della Pintadera, una sorta di timbro con cui in età nuragica si timbravano gli impasti.
I pani addobbano le tavole della festa, si donano agli invitati, oppure sono gli sposi a donarseli reciprocamente. A Dorgali, ad esempio, era tradizione, il giovedì di Pasqua, che i fidanzati donassero i pani alle fidanzate. I pani festivi significano rispetto e venerazione del pane, valore sacrale, contatto col divino fin dai tempi più antichi: "Le forme dei pani sono quasi obbligate: guai a cambiarle. Per realizzare un pane, rigorosamente e sempre a mano, ci vogliono anche tre ore. Si prende un blocco unico di pasta e su quello si scolpiscono le figure usando forbicine, coltellini e pinzette. Quindi i pani vengono pennellati con una sostanza che li rende lucidi oppure sono colorati, magari con sostanze preziose come lo zafferano".
Alcuni dei pani della pasticceria Monne sono stati esposti anche al Museo del Pane di Ulm, in Germania, a Sassari, Courmayeur e Caserta.
Ad Orvieto, nella sala del Chiostro del Palazzo del Gusto, sabato e domenica, si possono ammirare oltre duecento esemplari di pani calendariali della tradizione sarda. Oltre a ciò, al Mercatino dei Sapori, allestito in piazza San Giovanni presso il Palazzo del Gusto, Luisa Monne offre in degustazione e vendita varie di ghiottonerie sarde, come le "tiliccas", sottili "tubetti" di pasta ripieni di "sapa" (mosto cotto), semola fine e scorza di arancia, o le "pabassinas", dolci dell'autunno, confezionati in passato per la commemorazione dei defunti a novembre. Il nome di questi biscotti - pabassinas - ha origine da uno degli ingredienti, l'uva passa che in sardo si dice appunto pabassa. Sono biscotti a rombo di pasta con uva passa e pezzetti di noci, ricoperti di glassa. C'è poi l'"aranzada", un dolce croccante tipico dei momenti di festa, prodotto con mandorle e scorza d'arancia, da cui il nome.




Pubblicato il: 09/10/2003

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