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L'alternativa al patto tra partiti era il dissesto ed il governo del commissario. Alla faccia della democrazia

di Dante Freddi Molti orvietani, a destra e a sinistra, nonostante le condizioni disastrose in cui si sarebbe trovata la città se si fosse andati al dissesto, non sono d'accordo e si appellano alla mancata pienezza della democrazia, alla mortificazione dei ruoli di maggioranza e minoranza, allo svuotamento del Consiglio comunale

foto di copertina

"L'accordo ha l'obiettivo di coinvolgere tutte le parti politiche, anche quale impegno d'onore, a farsi carico delle esigenze della città per permettere innanzitutto lo stabile raggiungimento dell'equilibrio dei conti della città di Orvieto, la riduzione del debito a livelli compatibili con la capacità di far fronte al servizio del debito e nel contempo la concertazione sui temi più importanti per lo sviluppo futuro della città".

Questo è il fine perseguito dal "Progetto Orvieto nel futuro", che ha raccolto l'adesione di centrosinistra e centrodestra, escluso Carlo Tonelli, che è più avanti ed ha auspicato un coinvolgimento diretto nell'Amministrazione. E' il risultato di discussioni lunghe e capziose, di tatticismi e di sincere adesioni, è una vittoria di questa classe politica non sempre all'altezza.
Molti orvietani, a destra e a sinistra, nonostante le condizioni disastrose in cui si sarebbe trovata la città se si fosse andati al dissesto, non sono d'accordo e si appellano alla mancata pienezza della democrazia, alla mortificazione dei ruoli di maggioranza e minoranza, allo svuotamento del Consiglio comunale.

La discussione sulla ormai frollata anatra zoppa dura da sette otto mesi ma non si è superato il concetto tradizionale di maggioranza e opposizione, che ad Orvieto sono radicalmente invertite. Nessuno avrebbe sentito la necessità di costruire un rapporto così faticoso e complesso se ci fosse stata una maggioranza in grado di governare ed una minoranza pronta ad opporsi.
Questa condizione non c'è, è perfino banale doverlo ribadire, è la realtà visibile a chiunque guardi, non ci sono variabili o letture alternativa.
I delusi di Còncina e del PD devono fare lo sforzo di fermarsi un attimo e considerare la situazione com'è e non come vorrebbero fosse.
Nel patto stretto tutti hanno rinunciato a qualcosa per ottenere un risultato che può essere soltanto il bene della città. Quale area potrà trarre vantaggio dall'accordo è infatti impossibile valutarlo e, comunque, le ragioni dei partiti sono estremamente deboli di fronte a quelle della gente, a quelle del futuro costruito con le nostre mani e non deciso da un "giudice fallimentare".
Ora, al di là delle chiacchiere, è necessario concentrarsi sulle soluzioni, per il bilancio, il Casermone, l'ex ospedale, il centro storico, la viabilità, le frazioni, lo sviluppo, la cultura, i servizi.
C'è da ridiscutere la città, non perché prima fosse tutto sbagliato, ma perché ieri non era oggi e di fronte ci sono scelte strategiche che possono venir favorite da una sana  concertazione. Battibeccare mentre i barbari sono alle porte è sciagurato, è un senso malinteso di democrazia, che coltiva più il proprio orgoglio che non il bene comune, che asseconda un atteggiamento distruttivo che va placato.
La foto sotto ricorda la firma di un patto d'onore siglato in occasione delle primarie nel PD, l'anno scorso. Tanto per esorcizzare e ricordare che ormai il diritto all'oblio, nel bene e nel male, non c'è più.

 

Pubblicato il: 17/02/2010

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