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Lettera aperta al mio amico Scanavino

di Fausto Cerulli I giovani "Sono gonfi di parole sparolate, di slogan pubblicitari: proviamo a sbigottirli, almeno una volta, con qualcosa che somigli ad un Messaggio"

Lettera aperta al mio amico, si parva licet, Scanavino. Ti do del tu, non per prendermi troppa confidenza, ma perché ogni tanto mi sovviene di essere nativo di quella antalice in cui nacque un  tal Felice, che divenne fondatore dei francescani cappuccini. Tu sai, qualche volta ne abbiamo parlato, che io non sono quello si dice un credente: anche se ciò non mi ha impedito di essere ospite per due o tre mesi del Convento della Foresta, dolce eremo francescano in quel di Rieti, e non mi impedisce di svegliarmi alle quattro e mezzo di mattina per ascoltare su Radio Maria quella stupenda volpe biblica che risponde al nome di Ravasi, che mi ha fatto conoscere ed amare le lettere di Paolo di Tarso ( non lo chiamo Santo perché penso che non gli sarebbe piaciuto essere definito santo, lui che ebbe la meravigliosa umiltà di scrivere ( Lettera ai Corinzi) :" se la Resurrezione non si è verificata, noi stiamo sprecando le nostre parole." Una sorta di scommessa con la propria fede, una frase che mi piacerebbe sentire pronunciata da quei troppi  che non hanno dubbi soltanto perché non ne hanno il coraggio. Ma non voglio tediarti parlandoti di ciò che tu sai benissimo. Preferisco aggiungere qualcosa a quanto hai avuto occasione di dire in occasione della Visita Pastorale. Tu hai affrontato  il problema dei giovani, ne hai messo in luce alcuni aspetti indiscutibili, hai sottolineato la mancanza di attenzione nei confronti dei giovani da parte di chi dovrebbe occuparsene. Già: chi dovrebbe occuparsene? La famiglia, gli Enti Locali, la Croce Rossa, la Chiesa? Bella domanda, cui non possiamo dare risposta se ci limitiamo ad affrontare il problema dei giovani senza farci affrontare e sconvolgere da esso. Hai provato mai a passare, il sabato sera, dopo le ventidue, dalle parti della Torre del Moro? Ti è mai capitato di vedere almeno cento giovani che si passano bottiglie di birra e di vino, ed hanno anche tredici o quattordici anni, e non trovano di meglio che stordirsi? A me è capitato, qualche volta, e ti giuro che non ero in visita pastorale o in gita sessuale. Capitavo lì per caso, magari di ritorno da uno dei tanti stupendi incontri di musica classica che si sono tenuti al Ridotto del Mancinelli, e ai quali non ho visto mai presente uno straccio di assessore alla cultura: tutti stranieri, come se la musica, specialmente quella musica, non fosse cosa ( nel senso non mafioso del termine) nostra. Non sono un bacchettone, ho bevuto la mia parte ed anche di più. Ma mentre guardavo quei giovani sprecati, pensavo che alla loro età facevo parte di un qualchecosa che si chiamava Collettivo Politico, e magari il nome ti farà sorridere: ma di quel Collettivo facevano parte centinaia di giovani, che venivano da tutto il circondario, e passavano le serate a discutere di politica, ad incazzarsi  sanamente,  magari anche a scolarsi qualche bottiglia di vino ma soltanto per riscaldarsi. Mi chiedo spesso perché allora noi vivevamo quelle esperienze, ed oggi quelli che hanno l'età che noi avevamo allora, sono impegnati a non pensare, con uno zelo che se non fosse masochista sarebbe rivoluzionario. Sai, Scanavino, qualche volta penso che molto sia dipeso dalla caduta del muro di Berlino. Avrai notato anche tu come in questi giorni la stampa e la tv abbiano celebrato quella ricorrenza come una svolta epocale. Non sono un nostalgico del muro, di nessun muro. Ma mi rendo conto, e sento il bisogno di dirlo, che tutte quelle celebrazioni commosse non celebravano l' inizio di un mondo libero, ma la fine del comunismo. Tutti dovevano sapere che il 9 del mese di novembre del 1989 la democrazia aveva seppellito il comunismo, sia pure con la complicità di un comunismo non comunista.  Tutti dovevano sapere che la caduta del muro aveva segnato il trionfo della democrazia, nessuno doveva pensare che quella caduta aveva segnato anche il trionfo del capitalismo più feroce, quello che liberava i russi, i rumeni, i polacchi, per farne gli schiavi di un potere più festoso ma non meno oppressivo Avevano una casa, l'assistenza medica, un lavoro: onesto: ora le donne liberate fanno le badanti se sono anziane e fanno le puttane se sono giovani: e gli uomini liberati raccolgono pomodori lavorando a nero, o fanno i manovali per ingrossare il numero dei morti di lavoro, senza nessuna garanzia giuridica, senza nessun rispetto umano. Che caduta fu quella, di quel muro, fu una caduta ma fu anche una frana. Non a caso, proprio nei giorni della caduta del muro, un certo Occhetto aveva la brillante idea di cancellare la parola comunista dalla frase del comunismo italiano, prendendo a calci in culo gente come Berlinguer, e tutti quelli che come lui avevano fatto un comunismo pulito, un comunismo a misura dell'uomo, come lo aveva sognato e disegnato un certo Marx. Da allora il consumismo ha preso il posto del poco ma buono comunismo che avevamo. I giovani di oggi sono, per la maggior parte, un gregge rincoglionito dall'alcool, dalla droga, dal consumo facile, da esempi esemplari di corruzione ben pagante, e di onestà umiliata. Non è colpa loro, certo: la colpa è mia, la colpa è tua, Scanavino, la colpa è nostra. Loro, i giovani, ci mettono una rassegnazione disperata, mascherata da gioia ebbra del fine settimana.

Voglio essere sincero fino in fondo: credo che anche un impegno della Chiesa che si tolga la maiuscola e scenda a dialogare con questi giovani potrebbe aiutarli ad uscire dalla gabbia sempre meno dorata in cui si sono cacciati, in cui noi li abbiamo cacciati. Senza prediche dal pulpito ma con il puro dialogare francescano. Scusami se mi permetto di entrare nel tuo orto, tu hai libero ingresso nel mio. Che è l'orto forse illusorio, forse utopistico, di chi vorrebbe raccontare a questi giovani sciupati la favola del comunismo vero. Non voglio essere frainteso. Il messaggio cristiano non sarà mai un messaggio comunista, e viceversa. Ma almeno su un punto credo che potremmo essere d'accordo: questi giovani sprecati hanno comunque  bisogno di un Messaggio: di parole ne hanno anche troppe, e nessuna che sia parola di uomo ad uomo. Sono gonfi di parole sparolate, di slogan pubblicitari: proviamo a sbigottirli, almeno una volta, con qualcosa che somigli ad un Messaggio.

Pubblicato il: 15/11/2009

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