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Stradino scarcerato con due mesi di sospensione dal servizio

Le accuse nei confronti del cantoniere sono pesanti: truffa aggravata e peculato d'uso. Ne risponderà il prossimo 28 gennaio col procedimento per rito abbreviato

SAN VENANZO - Scarcerato con due mesi di sospensione dal servizio. Questa la decisione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Orvieto, Di Stefano, ieri mattina, in sede di convalida degli arresti per il dipendente della Provincia di Terni di San Venanzo, ammanettato martedì dai carabinieri in flagranza di reato, mentre, per l'ennesima volta, utilizzava il furgoncino di servizio per andare e tornare dal posto di lavoro. Il cinquantenne, incensurato, cantoniere da diversi anni per la Provincia di Terni, è stato rimesso in libertà. Al lavoro, però, non potrà presentarsi prima di un paio di mesi. Nel frattempo a palazzo Bazzani si stanno valutando i provvedimenti da assumere nei suoi confronti, come ha anticipato ieri a "Il Giornale dell'Umbria" il presidente della Provincia, Feliciano Polli. Le accuse nei confronti del cantoniere sono pesanti: truffa aggravata e peculato d'uso. Ne risponderà il prossimo 28 gennaio col procedimento per rito abbreviato che ha chiesto per lui ieri mattina, il legale difensore, l'avvocato Anna Picciolini. "Siamo di fronte ad un problema di natura squisitamente civilista che poteva essere trattato per via disciplinare e non certo per via penale". Questa la posizione della difesa propensa a ridimensionare i fatti, senza escludere il comportamento comunque "non del tutto corretto" del cantoniere. Da settembre i militari dell'Arma di San Venanzo - a quanto pare dopo aver ricevuto una segnalazione sul caso - hanno iniziato a pedinare l'uomo, in particolare ad osservare da vicino e in maniera continuativa i suoi spostamenti, da casa a lavoro. Un tragitto di pochi chilometri che il cinquantenne avrebbe effettuato in maniera pressoché sistematica con il veicolo dell'amministrazione provinciale. Difficile passare inosservati in un piccolo centro come San Venanzo. E così in mezzo a tanti disposti a chiudere un occhio, ci sarebbe stato, invece, chi avrebbe segnalato la cosa. Di qui le indagini. I militari sono voluti andare sul sicuro e per questo ci hanno messo un paio di mesi prima di far scattare le manette. Il tempo di verificare che l'uso del mezzo di proprietà dell'ente per i trasferimenti da e per il lavoro da parte dello stradino non fosse saltuario, ma sistematico e si concretizzasse in questo modo l'ipotesi di reato. Intanto, l'uomo, ieri mattina dopo un paio di notti dietro le sbarre, è tornato a casa. Il tragitto Orvieto - San Venanzo l'ha fatto con l'auto del fratello, venuto a prenderlo fuori dai cancelli di via Roma. Un'esperienza scioccante per chi come il cinquantenne ha condotto sempre una vita tranquilla, da operaio, a due passi da casa. Il dipendente della Provincia è incensurato e gli stessi militari dell'Arma hanno ammesso di averlo trovato incredulo di fronte agli arresti. Forse non immaginava la gravità della sua comportamento. Il peculato è più corrente di quanto non si pensi. Molti se ne rendono colpevoli con maggiore o minore disinvoltura e persino senza rendersene conto. Ma a maggior ragione forze dell'ordine e giudici reprimano l'andazzo. Si pensi alle tante condanne disposte in Italia (con conseguenti licenziamenti) per aver usato per fini privati il telefono dell'ufficio.

Pubblicato il: 06/11/2009

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