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'La funzione della Musica nella società tecnicamente progredita'

di Antonio Bergami Le riflessioni del prof. Ferrarotti sul tema che lui ha trattato, sperando di averne colto pienamente il significato e di riuscire a trasferirlo a chi legge per la sua grande rilevanza

Cedo anch'io "consapevolmente" ma solo per pochi attimi alla fascinazione profonda del potere mediatico dell'informazione locale on-line per esprimere alcune impressioni, vissuti ed emozioni, nate dalla mia partecipazione al Festival Valentiniano, egregiamente organizzato dal maestro Frajese.
Il Maestro Frajese, bontà sua, dopo un piacevolissimo incontro in settembre al bar Montanucci, in cui abbiamo a lungo dissertato amichevolmente, consumando un aperitivo, sui  grandi temi della creatività dell'artista, del libero arbitrio, di Dio, della Religione, dell'Inconscio etc. mi confermava l'onere e l'onore di tenere una conferenza nell'ambito del Festival Valentiniano sul tema del rapporto fra Psicoanalisi e Musica, precedendo un'altra conferenza del prof. Franco Ferrarotti sul tema della "Funzione della Musica nella Società tecnicamente progredita".
Non posso non confessare la particolare ammirazione in me suscitata nell'incontro suddetto dalla grande profondità di cultura e di pensiero del Maestro Frajese, eccelso Direttore di Orchestra, che sa spaziare peraltro  con grande disinvoltura in tanti campi del pensiero e dello scibile umano e non solo in campo musicale.
Non è comunque della mia personale conferenza, che si è poi svolta il 4 ottobre, con il titolo "La stecca del pianista: dissertazioni tra Musica e Psicoanalisi", che io voglio qui parlare, sperando solo di essere stato sufficientemente chiaro per il numeroso pubblico che è voluto intervenire e che numerose domande si è posto e mi ha posto, bensì proprio della conferenza tenuta dal prof. Ferrarotti e delle sue conclusioni, per le interconnessioni, che ho trovato molto vicine al mio modo di sentire.
Non posso non ricordare come, quando nel mio percorso di studi di Psicologia e Psichiatria cercavo di affrontare i temi da un punto di vista anche della Sociologia, proprio i libri e gli scritti del prof. Ferrarotti fossero sempre anche per me un punto di riferimento culturale essenziale per allargare al Sociale le riflessioni che portavo avanti più orientate chiaramente alla sfera Psicologico-Individuale, ma peraltro profondamente intrecciantesi ed embricate con quella del Sociale.
Cercherò di enucleare in modo più sintetico possibile le riflessioni del prof. Ferrarotti sul tema che lui ha trattato, sperando di averne colto pienamente il significato e di riuscire a trasferirlo a chi legge per la sua grande rilevanza. Riflessioni che scandiscono una visione del Mondo e della Società che non scade mai in un sociologismo generico, in cui poi tutto è "colpa della Società" stessa, ma una visione assai più articolata e complessa, profonda, che peraltro, in tempi di grandi strumentalizzazioni e demagogie di parte, non può che prestarsi ad una visione politica trasversale, non può che appartenere cioè ad una visione di una Politica appunto con la P maiuscola, al di là ed al di sopra della visione ed appartenenza politica dell'autore che la esprime.
Non posso peraltro non premettere l'impressione ricevuta di insieme di una neppure troppo velata vena pessimistica nelle sue riflessioni sui meccanismi del Potere nella Società contemporanea, un po' diversa (forse però è soltanto una mia personalissima suggestione) dall'impressione di un maggiore ottimismo rispetto alle possibilità di cambiamento e trasformazione del Sociale che si respirava nei suoi scritti più giovanili.
-Ferrarotti parte dalla considerazione che il Progresso Tecnologico nella Società contemporanea è divenuto un "Fine a Se Stesso" e non uno strumento di liberazione dell'uomo e di emancipazione, in cui l'arricchimento personale è l'obiettivo unico da raggiungere.
Ha detto suggestivamente come il Mondo contemporaneo sia un po' come un Bus,  alla cui guida è un autista ubriaco, per cui non si comprende più in che direzione si vada.
-La nostra è una società omologante in cui assistiamo ad una forte contraddizione fra i processi di una acculturazione di massa, però burocraticamente amministrata, in cui l'individuo, lungi dal risultare affrancato ed emancipato dai processi di acculturazione, diviene mero "numero", mera anonima "pratica".
-il prof. Ferrarotti ha parlato poi del potere potenzialmente "eversivo" della Musica, insito nella struttura propria del suo linguaggio, che è pre-verbale, che è "Suono", "Primitivo Rumore", che anticipa la parola ed il suo significato più profondo. Ferrarotti ha scritto anche un famoso testo dal titolo "Il silenzio della Parola", in cui dimostra come la comprensione della Parola scritta necessiti del Silenzio e della Solitudine, che facilitano  enormemente il ragionamento critico, e come invece nella Società contemporanea i mass-media audiovisivi riescano ad abbattere il  "significato significante" della "Parola", mirando più all'effetto mediatico emotivo che non stimolando appunto il ragionamento critico. Si mediti sulla grande attualità di tali conclusioni, in una Società in cui i mezzi di informazione sono ormai sostanzialmente mezzi audio-visivi il cui controllo è concentrato in mano di pochi gruppi di Potere che ci bombardano quotidianamente con un assordante quanto pilotato "chiacchiericcio", fatto solo di vuote parole smarrite di qualsiasi significato. Si pensi semplicemente al linguaggio della politica, quella con la "p"minuscola, che, ad oggi, sembra avere l'unico interesse di assordirci con frastuoni mediatici roboanti di ogni tipo, privandoci persino di quel Silenzio e di quella Solitudine ormai necessari ed indispensabili allo sviluppo del Ragionamento e del Pensiero Critico.
-di qui il potere "eversivo" della Musica che recupera un significato che precede appunto la Parola, potere di sovvertimento, di ri-fondazione di un diverso ordine delle cose, e che diviene rischio percepito dal Potere, che ne diffida profondamente.
-Ha parlato poi dei Giovani in relazione alla Musica. Ho sentito in Ferrarotti e nelle sue parole su questo tema una velata commozione che è stata anche la mia commozione, quando ha detto giustamente che si sta distruggendo una generazione e mezza di giovani nell'indifferenza più completa del Potere e della Politica. Con la droga, con l'alcool, con le stragi del sabato sera, che assurgono  quasi al sapore di un profondo rito collettivo, autodistruttivo sì ma altresì  paradossalmente liberatorio e che diventano gli unici strumenti che il Potere sa loro offrire.
-I giovani oggi "abitano" la Musica, la vivono cioè come rifugio, come "stanza" in cui rifugiarsi e proteggersi dall' "Assordante  e Vuoto" chiacchiericcio del fuori, e lo fanno paradossalmente anche quando cercano l'assordande rumore della Musica a 250 decibel in discoteca per sfuggire il Silenzio e Vuoto di valori del Potere.
-Ecco la funzione profondamente eversiva della Musica, che può rompere gli argini, demolire questo folle ordine costituito. In questo senso vanno anche letti i grandi raduni negli stadi dei giovani per concerti Rock o di altro genere,  quali grandi riti collettivi liberatori. Ma sono tentativi che hanno in se stessi il germe del fallimento rispetto all'illusione di un cambiamento collettivo dell'ordine sociale.
-E qui la conclusione che la Musica come l'Arte in genere possa mantenere comunque una grande funzione di consapevolezza individuale e di affrancamento personale dai perversi meccanismi del Potere e   non è del resto  cosa di poco conto.
Cose scontate? Forse, ma è necessario risentirle oggi più che mai da una autorevole voce, perché profondamente attuali.
Bando comunque alle conferenze, godiamoci ora, anche solo per una liberazione soggettiva e personale, i bellissimi concerti del Festival Valentiniano, come quello "grandioso" del Maestro Riccardo Cambri, tenutosi stasera 11 ottobre, gli altri già svoltisi, e quello finale del 25 ottobre con la Direzione del M° Frajese.

Pubblicato il: 12/10/2009

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