Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: NOTIZIE
NOTIZIE CORSIVI

Ancora sui rifiuti: metodo e rinnovamento?

di Pier Paolo Mattioni "Si ragiona di finire di vendere le ultime proprietà pubbliche, che poi sono di tutti noi, completando quello che riteniamo un disastro della trascorsa amministrazione"

foto di copertina

di Pier Paolo Mattioni- Italia dei Valori - Orvieto

Vogliamo approfittare dell'interessante contributo di Laura Ricci, recentemente apparso su Orvietonews, contenente anche alcune considerazioni dell'assessore Tardani, per ritornare su un argomento che abbiamo sempre ritenuto di primaria importanza per la nostra città, quello della ricerca di un sistema di gestione dei rifiuti quanto più sostenibile. Per la nostra comunità, ma anche per la ricerca di una economia e di una politica all'altezza dei tempi, continuiamo a ritenere che molto si deve fare su questa materia.

Premetteremo poi che ormai non dobbiamo andare alla ricerca di nuove per quanto improbabili o improvvisate soluzioni. Esistono ormai modelli applicati e sperimentati e dunque non dobbiamo perdere tempo in faticose ricerche: occorre semplicemente informarsi e operare sulla base del modello più efficiente.

Per chiarezza possiamo distinguere due fronti: mettere in evidenza quello che non ci risulta condivisibile e poi richiamare gli standard di comportamento corretto e sostenibile sulla base appunto delle esperienze note.

Quello che non ci risulta condivisibile.

Il bando di gara per affidare a un soggetto privato la raccolta differenziata per il centro storico e una frazione perdipiù non contigua non ha alcun senso, per molte ragioni. Aver sostenuto una cosa del genere significa trascurare l'abc del problema.

La raccolta porta a porta funziona male se è praticata su un solo Comune, intero. E sia perché deve diventare prassi corrente di un territorio possibilmente vasto (succede che si riempiono semplicemente i cassonetti circostanti e all'interno del campo della operatività del porta a porta non si consegna nulla), ma soprattutto perché si trascura il fatto più importante che è il fine della raccolta: il riciclo. Evidentemente non si è studiato l'aspetto commerciale e merceologico del bene-rifiuto, dal momento che su un territorio così limitato, ammesso che si ritiri qualcosa, non esiste la dimensione per rendere proficua l'operazione, salvo ulteriori spese e danni dovuti al trasporto chissà dove.

Investire una somma così considerevole in una operazione così insensata non può servire soltanto a fare contenti quei quattro ambientalisti da strapazzo, o ad avviare un processo che comunque viene a risultare controproducente e diseducativo. Non sappiamo in effetti a chi e a cosa può risultare utile. Certamente non alle casse comunali, per quanto fiorenti... Oltretutto, se si affermasse che la raccolta porta a porta può risultare in pratica, se condotta correttamente, senza spesa, possiamo anche evocare il danno erariale. L'unica ipotesi che ci può venire in mente è il ritorno o la perseveranza nella cultura dell'assistenzialismo spicciolo.

Detto questo, ci risulta ancor più incomprensibile quanto sembra ventilare dalle parole riferite all'assessore Tardani, e cioè insistere sul famigerato bando così inutilmente costoso per le casse comunali e come se ci fossero soldi da buttare via: l'attuale amministrazione si assume una bella responsabilità, alla faccia del metodo e del rinnovamento. Se di metodo vogliamo parlare sarebbe quantomeno prudente farsi una idea più precisa della situazione e per il rinnovamento e l'innovazione siamo tutti orecchi.

 

I cittadini.

Finora i cittadini orvietani sanno bene che tutti i loro sforzi per differenziare, cercare spesso invano i contenitori dove conferire i loro resti domestici pazientemente confezionati, non hanno prodotto nulla, a dispetto della legge e delle promesse: sanno che abitano nella città dove c'è l'ultima discarica della regione, che loro pagano le tasse tra le più alte e che il livello di differenziata e di riciclo è tra i più bassi, se non il più basso, dell'Umbria. Quindi sanno che i loro sacchetti collocati nelle campane (che spesso sono piene per settimane) vanno a finire nella discarica che peraltro si vorrebbe ampliare, dato che gli orvietani sono di carattere pacifico e accomodante.

Possiamo allora pensare che non faccia caso a nessuno qualche montino di roba da buttare qua e là: l'esempio viene dall'alto.

Però, qui vorremmo che fosse una volta per tutte e con la massima chiarezza acquisito un principio fondamentale, aldilà di tante parole.

La logica delle cose, e le norme, stabiliscono con chiarezza che la misura della tariffa cui il cittadino sottostà è da commisurare alla quantità di rifiuti prodotti e non sulla base della superficie dell'immobile in cui vengono prodotti.

Bisogna dire una buona volta che non è possibile operare con normative che non distinguono tra cittadino virtuoso, che applica la propria virtù sia per il bene del pianeta, sia per risparmiare, e quello indifferente e quindi produttore di rifiuti. Esistono diversi sistemi per operare questa distinzione, che comporta un drastico abbattimento della tariffa per quei cittadini che abbiamo definito virtuosi. Dunque, non ha senso alcuno stabilire comportamenti amministrativi che si debbano fondare soltanto sulla disponibilità civica, tralasciando di occuparsi di coloro che non intendono adeguarsi. E' la vecchia linea italiana di favorire l'illegalità con condoni e sanatorie.

Gli attuali standards privano il cittadino della possibilità di abbattere i costi della tariffa, recandogli un danno grave, oltre a disperdere i contributi riconosciuti per il riciclo dei materiali.

Gli standard di comportamento corretto e sostenibile

Con questo intendiamo affermare che ormai esistono standards nella gestione sostenibile dei rifiuti, già sperimentati e applicati normalmente.

Alcuni principi sono stati già affermati, e non li ripetiamo.

Se si vuole procedere nell'unico modo che consente di superare la discarica o l'incenerimento occorre disporre di un piano-programma per la raccolta differenziata porta a porta finalizzata al riconoscimento costante della qualità del materiale da conferire e di conseguenza del riconoscimento dell'abbattimento della quota di tariffa per il cittadino. Per essere più chiari stiamo parlando di comportamenti che possono ridurre per il singolo utente la spesa per la raccolta dei rifiuti fino al 100%. Ciò si ottiene con la dismissione delle campane e dei contenitori per le strade.

Un piano del genere deve comportare un territorio di dimensioni adeguate. Nel caso nostro dovrà riguardare l'intero Ambito territoriale.

Il sistema più semplice e funzionale è la disponibilità di una o più aziende private del settore che siano in grado di gestire e attuare il programma. Il concetto semplice e al tempo stesso complesso si fonda sul fatto che superando il concetto di rifiuto per riconoscere finalmente al rifiuto la dignità di materiale disponibile per la sua reimmissione sul mercato, e quindi di merce alla quale è riconosciuto un valore, sia per l'azienda come per il cittadino fornitore, la forma più concreta è proprio quella della realtà aziendale. Di norma questo tipo di processi gestiti dalla pubblica amministrazione, specialmente in Italia, è difficile che possano evitare il rischio culturale e ideologico dell'assistenzialismo.

Il piano deve prevedere il riciclo praticamente totale dei rifiuti (si supera agevolmente il 95%), e dunque la continuazione del conferimento in discarica non ha senso, se non a spese dei cittadini, della loro dignità e forse della loro salute, che tra l'altro non sappiamo come viene monitorata.

Continuare a ragionare tranquillamente del 2010, del 2011 ecc. come avvio per una sperimentazione significa avvalorare i comportamenti di una pubblica amministrazione che si disinteressa della legalità indipendentemente dal colore politico, e questo non ci sembra il massimo.

Se esiste la famosa "volontà politica" i problemi e i piani si risolvono nel giro di pochi mesi. Il nostro Partito aveva già proposto in una iniziativa dedicata al tema, svolta a Orvieto e a Terni, esperienze concrete che si muovono in questo senso.

Infine due conclusioni.

Non è comprensibile come la concessione a un privato di disporre a propria discrezione di un mastodontico e surreale cratere a pochi metri dalla Rupe e dalla Cattedrale per buttare (e sprecare) materiali che potevano essere recuperati come materia prima possa venire trattata a così basso livello, sia in termini di atti amministrativi e legali che tengono conto del benedetto interesse generale e della salute pubblica, sia in termini economici, laddove i 7 € a tonnellata per aggio ambientale ci sembrano ridicoli. Per farla breve: si ragiona di finire di vendere le ultime proprietà pubbliche, che poi sono di tutti noi, completando quello che riteniamo un disastro della trascorsa amministrazione, e poi si tralascia qualsiasi considerazione a riguardo degli enormi profitti che reca a degli imprenditori (ci piacerebbe nel nostro caso sapere in cosa consista il rischio d'impresa) la disponibilità praticamente gratuita dei nostri beni comuni.

Non si è mai posto il problema del danno che deriva alle tasche del cittadino comune dalla applicazione generica e semplicistica della tassa che non tiene conto della capacità reale di produzione dei rifiuti, ma spalma una tassa su tutti indipendentemente dalla finalità delle regole nazionali ed europee. Riteniamo che sia necessario che l'applicazione di questo criterio che impedisce un risparmio, e che quindi si traduce in una gabella ingiustificata, debba essere contestato e messo in discussione in ogni sede idonea.

 

Pubblicato il: 07/09/2009

Torna alle notizie...