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Orvieto e l'oboe

di Dante Freddi " A shopping sotto le stelle tanta gente, sembrava di stare a Riccione, una vergogna. Un popolo per bar e venditori di mutande, gli unici che hanno guadagnato". Così un commerciante di via del Duomo...

foto di copertina

Venerdì mattina, a passeggio per Orvieto ancora sonnacchiosa  dopo la "notte bianca", ho chiesto in giro come fosse andato lo shopping sotto le stelle.

"Tanta gente, sembrava di stare a Riccione, non si passeggiava, una vergogna. Un popolo per bar e venditori di mutande, gli unici che hanno guadagnato. Musica ovunque, rumorosa. Una vergognaOrvieto può sopportare soltanto la musica di un oboe".  Così un commerciante di via del duomo, che certamente interpreta una sensibilità presente pesantemente in città.  Sono quelli che ricordano i tempi in cui ad Orvieto c'era gente, quella giusta, quando a settembre giravano turisti pieni di soldi e il turismo era d'èlite, no come oggi. Negli ultimi quarant'anni ho sentito ripetere questa tiritera con continuità e costanza, sempre proposta come se fosse una verità statistica accertata e non una parzialissima impressione da "laudator temporis acti", che non tiene conto, tra l'altro, che negli ultimi anni si è decuplicata l'offerta  di tantissimo ciarpame da souvenir e che l'artigianato artistico  locale si è praticamente spento. Sono quelli per cui conta soltanto il turista che viene da fuori e danaroso, tutto il resto è roba "da bar e venditori di mutande".
Mesi fa, in occasione della preparazione del forum sul turismo che il nostro giornale ha organizzato insieme al neoassessore Marco Sciarra, allora cittadino semplice, un ristoratore "in" ha sostenuto pubblicamente e con convinzione che il palazzo dei congressi e Umbria Jazz Winter sono state delle iatture per la città. Perché quello non è target per Orvieto. E neppure per il suo ristorante.
Il fatto che migliaia di pasti li fa qualche altro lo ha interessato soltanto per invidia concorrenziale.
E' di qualche giorno fa la notizia che la nuova Amministrazione ha tagliato "Orvieto con Gusto", perché bisogna risparmiare. C'è chi sostiene che la manifestazione è in pareggio, altri che due o tremila persone che in quella settimana frequentano Orvieto non giustificano la spesa. Qualche commerciante più sprovveduto e qualche esponente del centrodestra da anni tuonano contro le passeggiate ottobrine e non  colgono che una delle tipicità di Orvieto su cui puntare è proprio l'idea dello "slow food", della qualità della vita, dei suoi prodotti, delle sue piazze e vicoli. Su due tremila persone che vengono qui centinaia di migliaia hanno avuto informazione della manifestazione e collegano Orvieto e l'Orvietano non solo al duomo ma anche al vino, alle sue eccellenze alimentari, al suo rapporto con le altre città slow, di cui la nostra città è capitale e sede.  
Speriamo che Còncina, persona che questi aspetti li sa comprendere, e Sciarra, che già li ha già compresi e assimilati, non esagerino in tagli imprevidenti, perché così non si risparmia ma si disperde un prezioso investimento.  
Poi potremo vendere soltanto panini, birra e mutande.

 

Pubblicato il: 25/08/2009

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