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Lo spettro del fallimento per la Acas service di Orvieto

In pericolo 216 posti di lavoro. In Regione ieri si è svolto il secondo incontro tra sindacati, azienda, Confindustria e istituzioni

ORVIETO - Con il blocco amministrativo da 5,5 milioni di euro comincia ad agitarsi lo spettro del fallimento per la Acas service di Orvieto e, se la strada del salvataggio dell'azienda pare sbarrata, sembra sempre più in salita anche quella per salvaguardare il posto di lavorio dei 216 dipendenti. In Regione, però, dove ieri si è svolto il secondo incontro tra sindacati, azienda, Confindustria e istituzioni, in un clima di certo meno ottimista di una settimana fa, si continua a lavorare per una soluzione.

 

Con il provvedimento notificato dalla Agenzia delle Entrate che ha sostanzialmente bloccato i crediti dell'azienda per la spaventosa cifra di 5 milioni e mezzo di euro, l'azienda non è evidentemente nelle condizioni di acquisire il Durc (documento unico di regolarità contributiva) e neanche di sanare la propria posizione col fisco, magari dilazionando i pagamenti. La soluzione che si continua ad inseguire, comunque, è quella dell'affitto di ramo d'azienda, come riferiscono i sindacati all'uscita dall'incontro a cui era presente anche l'imprenditrice Giovanna Bernini, socio unico e amministratore unico di Acas service.

 

L'azienda, con sede alla zona industriale di Bardano, fornisce servizi di call center, web center e front office per la sanità e le pubbliche amministrazioni, con commesse prevalentemente in Umbria dove gestisce servizi per Asl 1 di Città di Castello, la Asl 4 di Terni e la Asl 2 di Perugia e per tutta l'azienda ospedaliera di Perugia. Acas è attiva, poi, anche nel Lazio e in Sicilia.

 

La Regione in questo momento, a quanto è dato sapere, starebbe lavorando a varie ipotesi. Una è quella annunciata ieri dall'assessore Vincenzo Riommi: ovvero il trasferimento delle commesse Acas a Webred (partecipata regionale che è capofila dell'associazione temporanea di imprese che gestiscono i cup dell'Umbria) a partire dal primo settembre (allo scadere del contratto Acas), con riassorbimento del personale oggi addetto. Mentre per i dipendenti che lavorano con servizi fuori regione, si cercherebbe una soluzione tramite altri privati. Pare inevitabile, dentro questo ragionamento, il ricorso alla cassa integrazione, se non alla mobilità.

 

L'altra soluzione che si starebbe cercando di concretizzare è quella di trovare un privato o dei privati disponibili ad accollarsi tutta la società e tutto il personale. Ipotesi di certo difficoltosa per le condizioni in cui versa Acas che dalla sua ha però un appetibile pacchetto di commesse.

 

Pubblicato il: 24/07/2009

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