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Il Pd prova a ripartire

Clima avvelenato da feroci analisi del voto condite da tradimenti, complotti e mea culpa. Un comitato di "nuovi" azzererà l'attuale classe dirigente. Al timone resta l'onorevole Trappolino. Intanto il giorno dopo, sulla Rupe, sono state strappate le prime tessere

foto di copertina

di Stefania Tomba

 

ORVIETO - In un clima avvelenato da feroci analisi del voto condite da tradimenti, complotti e mea culpa, il Pd prova a ripartire. Con la resa dei conti (in verità appena agli inizi) andata in scena lunedì sera al coordinamento dei Democratici - c'erano davvero tutti, come non succedeva da mesi - il partito ha driblato il commissariamento, sposando la linea del suo coordinatore, Carlo Emanuele Trappolino.

 

A portare i Democratici fuori dalle secche della sconfitta e dal vortice attraente, quanto insalubre, delle vendette sarà un comitato di "nuovi" che azzererà l'attuale classe dirigente, traghettando il partito al congresso "catartico" di ottobre. Niente commissariamento, niente saggi ternani. Al timone resta l'onorevole Trappolino al quale il massimo organismo del Pd, lunedì sera, ha indirettamente confermato la fiducia per l'ennesima volta, votando a maggioranza (quattro gli astenuti) la sua proposta.

 

Vietato alzare "patiboli", tassativa, invece, l'assunzione in quota parte delle responsabilità e necessario quanto urgente "tornare sul territorio con umiltà", ha detto Trappolino nella sua relazione, con la consapevolezza che la batosta di giugno chiude ufficialmente "il lungo ciclo dei governi di centrosinistra" e con esso un vecchio modo di fare politica. "Abbiamo coltivato noi stessi, alla fine siamo stati percepiti come i custodi della conservazione". Così recita il mea culpa di Trappolino che, analizzando il voto, ha indicato nell'incapacità di governare il cambiamento e nelle divisioni interne al partito i motivi principali della sconfitta.

 

Ora si volta pagina e, entro venerdì, la segreteria farà 10 nomi per comporre un nuovo comitato politico. Orvietani. Nuovi, le vecchie guardie a casa. Queste le parole d'ordine. Rafforzate anche dal segretario Roberto Montagnoli che, alle 2 di notte, ha tirato le conclusioni della serata: "Serve una proposta innovativa, snella, gente non consumata dalla politica e non scelta secondo i criteri dei vecchi recinti (ex Ds, ex Dl) ma tenendo conto della pluralità di questo partito".

 

Montagnoli, dopo aver assistito a oltre quattro ore di interventi aspri che, a tratti, hanno anche trasceso i toni e i modi del normale confronto politico, non ha potuto che indicare un'unica prospettiva per la ripartenza dopo il voto: "andare oltre le letture del complotto". Troppo presto, però. Il confronto dei Democratici orvietani è ancora drammaticamente tutto qui. Perché rischia di lasciare sul campo morti, feriti e capri espiatori. Che non ci stanno.

 

Della serie: le responsabilità ognuno se le assumerà pure, ma prima meglio rinfacciarsele e fare i conti. Ed allora se c'è chi, come Marino Capoccia, è tornato a polemizzare sulle primarie e su presunti accordi con l'ex sindaco Cimicchi che un pezzo del partito avrebbe stretto, a suo dire, da oltre due anni, sono tornate, inevitabili, anche le accuse (pure per bocca della Stella stessa) sugli inviti al voto disgiunto e quelle sulle firme che alcuni iscritti al Pd avrebbero messo per validare la candidatura di Tonelli (PdCi). Nel calderone c'è finita anche la fresca nomina a coordinatore di Massimo Ciotti del circolo di Orvieto centro, nomina sulla quale è in atto un tentativo di delegittimazione a colpi di statuto.

 

Un confronto, quello di lunedì notte, pesante, a tratti drammatico, reso ancor più insopportabile per i sostenitori della Stella dall'assessorato che l'ex sindaco Stefano Mocio, considerato il "macchinatore" del tradimento che avrebbe messo in ginocchio la candidata, starebbe per abbracciare in Provincia. Un'operazione alla quale la Stella, ma anche altri pezzi del Pd, si oppongono strenuamente in queste ore. La giunta provinciale arriverà domani, appena un giorno prima della data fissata per il varo del comitato "di salvezza" orvietano. A questo proposito Trappolino in chiusura della sua relazione ha chiesto al segretario provinciale Montagnoli "di impegnarsi affinché possa riconoscere a Orvieto, in sede di governo provinciale, le medesime prerogative di rappresentanza, peraltro già riconosciute nel corso della precedente consiliatura".

 

Intanto il giorno dopo, sulla Rupe, sono state strappate le prime tessere. Una è quella di Gianni Mencarelli. Lui come il candidato alle provinciali Donato Catamo, protagonista di un acceso intervento nel corso del comunale, avrebbero voluto l'azzeramento dell'intero gruppo dirigente, ivi compresa la testa di Trappolino, un posto da semplice consigliere per Mocio a palazzo Bazzani e una valorizzazione della candidata sindaco non eletta Loriana Stella. La linea non è passata, adesso le conseguenze sono tutte da valutare.

Pubblicato il: 01/07/2009

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