Burocrazia nella parrocchia. Ne comprendi la necessità?
Il risultato del sondaggio, secondo cui la gran parte di chi si è espresso non ha compreso la necessità di normare i rapporti tra sacerdote e fedeli, merita una riflessione
Cronaca
di Dante Freddi
Il tema del sondaggio Burocrazia nella parrochia. Ne comprendi la necessità? è stato sollecitato dalla vicenda di don Giancarlo Cherubini. Il motivo che ha scatenato la dolorosa questione è stato il mancato rispetto da parte del fedele della prassi istituita nella parrocchia per accedere alla confessione e dalla rigidità del parroco nel farla rispettare.
La conseguente denuncia dell'ottantenne parrocchiano è altra questione e riguarda la personalità di don Giancarlo.
"Orvieto e l'Orvietano- abbiamo scritto nella presentazione del sondaggio- sono terre dove l'anticlericalismo ha radici profonde.
Il prete è stato per secoli il padrone, il padrone del podere, della terra, vicino al potere, o addirittura il potere stesso.
Fare il prete da queste parti, in territorio dello Stato della Chiesa, è storicamente difficile e don Giancarlo Cherubini, parroco a Torre San Severo, ha contribuito per quanto poteva a rendere il suo ruolo ancora più complesso.
La domanda che poniamo è centrata sulla "burocratizzazione" del tempo della confessione, che ha costretto il parroco ad allontanare la sua pecorella.
I preti sono pochi, devono organizzarsi, stabilire regole, seguirle e farle seguire. Regole precise e scarsa elasticità stanno governando, per necessità, molte attività delle parrocchie.
Ed i fedeli, ci sembra, non hanno capito.
E allora il quesito che poniamo è: Burocrazia nella parrochia. Ne comprendi la necessità?"
La gente, lo ha confermato con il voto, non ha capito.
È difficile, d'altra parte, comprendere una pianificazione delle attività parrocchiali determinata dalle necessità organizzative del parroco e secondo scelte a volte non condivise e problemi non conosciuti.
È difficile anche usare elasticità quando si devono rispettare orari di messe, confessioni, matrimoni, funerali, battesimi, rosari, cura generale della parrocchia e magari si devono "governare" più parrocchie, con l'aggiunta di qualche impegno di curia.
Il dato di fatto è che la diocesi di Orvieto non ha seminaristi e tutto è nelle mani di pochissimi sacerdoti, quattro giovani e qualche sessantenne.
Sembra che non ci sia via d'uscita, se non quella di stabilire un canale di comunicazione tra sacerdote e fedele che sia teso a costruire un percorso organizzativo condiviso.
Se, e sono i dati emersi dal nostro "difficile" sondaggio, 26 persone non capiscono la burocrazia nell'organizzazione della parrocchia e 8 sì, vuol dire che si può comprendere e non si è compreso.
Pubblicato il: 05/09/2003