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Itelco, rabbia e scontento tra i lavoratori

Assemblea questa mattina negli stabilimenti di Fontanelle di Bardano. Tra gli operai continua a regnare l'incertezza. I sindacati si appellano al sindaco Cimicchi: 'Orvieto non può perdere tutti questi posti di lavoro'

Economia

di Vincenzo Carducci

Rabbia e scontento tra i lavoratori Itelco dopo la presentazione del piano industriale della nuova proprietà targata Electrosys. Non poteva essere altrimenti considerato il previsto dimezzamento dei livelli occupazionali e gli oltre centoventi operai di Itelco e Nuova Meccanica non hanno certo nascosto tutto il loro malcontento ai rappresentanti delle associazioni sindacali durante l'assemblea che si è tenuta questa mattina negli stabilimenti di Fontanelle di Bardano.

"I lavoratori si sentono spaesati e demoralizzati, quelli della Nuova Meccanica addirittura esclusi - dice Gino Bernardini della Fim Cisl - non sanno quali professionalità saranno impiegate dalla nuova proprietà e nonostante le rassicurazioni di un futuro reimpiego non si sentono al sicuro. Per questo sin da settembre cercheremo di impegnare le istituzioni per la ricollocazione dei lavoratori tagliati momentanamente fuori dal piano. Un ruolo importante - continua Bernardini - dovrà svolgerlo in particolar modo il sindaco Stefano Cimicchi perchè Orvieto non può permettersi di perdere tutti questi posti di lavoro".

Nonostante, dunque, sul futuro dell'Itelco si stiano aprendo nuove prospettive di sviluppo legate anche all'avvio del digitale terrestre, tra i lavoratori continua a regnare l'incertezza di un lavoro che, almeno per il momento, non c'è più. Gli oltre centoventi operai sono tutti in cassa integrazione e devono ancora ricevere tre mesi di stipendio arretrato che dovrebbe essere garantito loro dall'Inps insieme alla liquidazione.

La posizione della CGIL

Fausto Galanello, segretario della Cgil di Orvieto, interviene sulla situazione Itelco.

"La svolta che sta interessando il Gruppo Itelco, dopo circa tre anni di forte crisi e grande incertezza per il futuro dei 128 dipendenti, richiede una attenta e più approfondita valutazione sia della vicenda aziendale che della situazione economico-occupazionale più generale che sta interessando il nostro territorio:

1) dopo una lunga crisi e, nell'ultima fase, il blocco delle attività del Gruppo (Itelco e Nuova Meccanica) e dopo un'infinità di voci e ipotesi di cessioni, nuovi assetti, ecc., finalmente un soggetto e un progetto industriale concreto e credibile che da nuova prospettiva all'Itelco, in una ottica di forte rilancio produttivo, con la garanzia di rioccupazione per circa 65 lavoratori.

È un primo dato importante che nessuno intende sottovalutare, in considerazione del rischio reale di chiusura definitiva a cui sembrava essersi avviati nell'ultimo periodo, ma anche considerando le potenzialità che ci sono e che ci potranno essere con la nuova gestione per un nuovo sviluppo produttivo ed occupazionale che vada anche ben oltre quelli che sono i numeri oggi contenuti nel -iano industriale presentato. Su questo staremo a vedere e, ovviamente, come sindacato daremo un giudizio compiuto valutando e verificando passo, passo, l'attuazione degli impegni e dei programmi. Verifica e attenzione, soprattutto nella prima fase di avvio, a cui chiamiamo le stesse Istituzioni locali e regionali particolarmente impegnatesi in questa lunghissima fase di crisi ed a cui va dato atto del ruolo positivo svolto al fine di giungere a questa soluzione, anche se purtroppo solo parziale per l'occupazione.

2) La soluzione per l'Itelco lascia sul tappeto circa 60 dipendenti, la probabile chiusura di una attività produttiva (la Nuova Meccanica) e problemi seri per alcune aziende artigianali con produzioni collegate al vecchio sistema Itelco.

Questo dato non è assolutamente da sottovalutare né per il problema di perdita di occupazione diretta ed indiretta di decine di posti di lavoro (che non è poca cosa nel panorama di difficoltà occupazionali che interessa ancora il nostro territorio) né per il rischio di vedere parti di produzioni meccaniche migrare verso altri territori (dove operano altre aziende del nuovo Gruppo) con un impoverimento complessivo del nostro sistema produttivo locale.

3) Scompare l'ultima azienda del territorio Orvietano sopra i 100 occupati! Non è ovviamente solo un problema di numeri ma un dato di fatto che proccupa: dopo la stessa sorte toccata solo qualche anno fa alla Mabro (siamo oggi a circa 60 dipendenti con contratto part-time a 6 ore) e dopo una serie di crisi e difficoltà nella piccola impresa manifatturiera che sta producendo un continuo logoramento dell'occupazione, solo in parte recuperato da alcuni fattori di novità che pure ci sono stati nel nostro territorio, e dopo l'intervento di strumenti di sostegno all'economia locale come il Patto territoriale, non si arresta un processo negativo che vede sempre più in un ruolo di marginalità il settore industriale-manifatturiero nel nostro sistema produttivo ed occupazionale.

Noi continuiamo a vedere questo come un dato negativo e fortemente penalizzante per le prospettive di sviluppo e di qualità sociale della vita nel nostro territorio.

Alla esclusione di mano d'opera da queste realtà richiamate ha quasi sempre corrisposto il pendolarismo, il lavoro nero e, comunque la rioccupazione in una micro impresa dove, molto spesso, prevalgono sfruttamento e non rispetto dei diritti e della dignità delle persone.

È per questo necessario, come abbiamo chiesto ed ottenuto dalle Istituzioni, tenere aperto il tavolo del confronto sulla vicenda Itelco per trovare soluzioni adeguate alla salvaguardia di tutti i lavoratori, nonché affrontare un ragionamento più complessivo al tavolo del Patto per l'innovazione e lo sviluppo, per dare risposte concrete ad una necessità che, usando un termine improprio per questo territorio, è di nuova deindustrializzazione".

Pubblicato il: 08/08/2003

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