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Da via degli Artigiani a via dei souvenir?

Malcontento nelle botteghe degli artigiani nell'omonima via, il loro lavoro è svalutato dall'invasione dei souvenir industriali a buon mercato

Cultura

di Valeria Cioccolo

 

Una delle vie più graziose della città rischia di soffocare sotto "coccetti" e souvenir prodotti in serie. Stiamo parlando di via degli Artigiani, vicolo vicino al Duomo che, fino a qualche tempo fa, racchiudeva poche preziose bottegucce, in cui il turista che vi si recava poteva ritrovare l'atmosfera dell'artigianato orvietano, fatto di una manualità preziosa e raffinata, custode fuori del tempo delle tradizioni e dei segreti dell'antiche arti della città. Questo luogo doveva essere una sorta di "murano orvietana", luogo di qualità, in cui il turista e il curioso non doveva recarsi solo o principalmente per acquistare un oggetto ricordo da mettere sullo scaffale una volta tornato a casa, quanto per ammirare una sorta di mostra permanente dell'artigianato artistico, che spaziava dalla ceramica, all'arte del legno, del cuoio, della lavorazione delle pietre, del merletto. Poteva divenire uno scrigno prezioso in cui preservare la ricchezza di un'arte che non può e non deve essere svalutata alla sola "immagine finale", ma che è tale proprio perchè frutto di un paziente e lungo lavoro, che l'artigiano segue dalla materia prima al prodotto finito. Oggi tutto ciò sembra destinato a scomparire. Sono stati aperti infatti (tra l'altro proprio all'inizio della via, verso il corso) alcuni negozi che propongono gadget e ceramiche a buon mercato, prodotti per lo più in fabbrica. Questo provocherà la chiusura di varie attività, in quanto, decadendo la qualità a favore di prodotti di massa, non possono essere competitivi. E su questo gli artigiani della via sembrano innalzare un coro unanime: "il nostro lavoro viene vanificato" affermano i proprietari del "Il crogiolo", "Patris", "Storie di Terra" e gli altri "i negozi di souvenir ben vengano, ma non qui! Ne va del nome della stessa via che, nata come luogo di conservazione di antiche arti e della manualità artigiana, rischia di dover cambiare nome!" "Qui ora vengono attirate le masse che si accontentano del gadget a buon mercato e che spesso si fermano dopo i primi passi, ai primi tre negozi che incontrano pensando che visto il primo li hanno visti tutti!". Michele, artista della ceramica, si dice perplesso riguardo alla politica forse un po' contraddittoria dell'amministrazione: "Come si può pensare di chiedere un marchio DOC per la ceramica orvietana, se non si interviene con una politica di conservazione e di valorizzazione del lavoro artigianale, che deve rimanere ben distinto (perché profondamente diverso) dal commercio di ceramiche provenienti da zone diverse dalla nostra?" "Mancano tra l'altro" continua "scuole che formino ceramisti secondo le antiche tradizioni. Solo così infatti si può pesare di salvare questa arte che rende famosa Orvieto nel mondo dall'oblio". Insomma, il rischio è di confondere l'opera d'arte con la sua fotografia.

Pubblicato il: 14/08/2003

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