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Palmieri. Il futuro dell'Orvietano è il turismo

Intervista a Vincenzo Palmieri, presidente di Tione Orvieto e rappresentante del Gruppo Italiano Ristoro. Preoccupazione per il peso eccessivo nella gestione della città di chi vincerà  la gara per Vigna Grande

foto di copertina

di Stefania Tomba

ORVIETO - Vincenzo Palmieri, presidente di Tione Orvieto e rappresentante del Gruppo Italiano Ristoro (con il quale è attivo sul territorio con Food Village e Buffet Stazione), può ben dirsi uno degli imprenditori più in vista della Rupe. Il rinnovo amministrativo alle porte ha spinto ancora una volta il giornale ad ascoltare la voce delle forze imprenditoriali della città. 

Presidente, uno sguardo alla Rupe: l'amministrazione uscente ha operato bene?

Osservo i fatti orvietani per gli aspetti più macroscopici, non avendo la pratica quotidiana della città. Parametrando la situazione locale a quella di altre realtà, il giudizio è  complessivamente positivo, in particolare Orvieto è riuscita a mantenere integro quel  marchio di qualità con cui è sempre stata percepita all'esterno. È stato, tra l'altro, un segnale d'apertura e disponibilità, in questi ultimi mesi, la chiusura del nuovo piano sul commercio, ampliato e migliorato. 

Giudizio positivo anche per la questione caserme?

Condivido l'impostazione del Comune: non si possono imporre eccessivi condizionamenti a chi investe grandi capitali. Sono però preoccupato, quando sento dire che chi si aggiudicherà la Piave potrebbe ottenere anche la disponibilità dell'ex ospedale e soprattutto disporrà dell'intera programmazione e gestione del sistema turistico e culturale della città. Questo, a mio avviso, pone due tipi di problemi. Il primo è che non si dà merito a chi, da anni e in mezzo a mille difficoltà, opera sul territorio in questo settore. Il secondo è che la città rischia di legarsi totalmente ad un unico soggetto, in un rapporto di vassallaggio. Un elemento, questo, di grande pericolosità. Insomma, bene per la formula, ma non si possono consegnare le chiavi della città, specie se si considera che l'operazione condizionerà lo sviluppo economico dei prossimi 30 anni.

Come vede l'idea recente di un consorzio tra privati per la promozione e la gestione del turismo?

Laddove esistessero riscontri certi alla serietà dell'iniziativa, io - come altri, credo - valuterei  un'eventuale disponibilità.

E se le chiedessero, invece, di partecipare all'agone politico?

Sarebbe il mio sogno! Scherzo, ovviamente. Ognuno ha il suo lavoro, quello dei politici e degli amministratori non è facile e, quando supportato dal necessario impegno, altamente meritorio. Detto ciò, ritengo essere questo il momento dei doveri nel quale tutti siamo chiamati a collaborare per superare le attuali difficoltà.

La crisi economica, appunto. Cosa fare?

Bisogna sottolineare, innanzitutto, che la crisi, ancorché reale, è maggiormente  percepita per la sfiducia generata dall'impatto mediatico. Chi ha risorse e capacità ha la responsabilità di concentrarsi e fare da traino per un nuovo sviluppo. Questo vale per tutte le realtà economiche e finanziare, in primis quelle che portano la città impressa nel loro dna. Mi riferisco in particolare alla Fondazione CRO dalla quale ci saremmo aspettati un maggior protagonismo nel condizionare scelte decisive: dalla cessione della Cassa all'individuazione del soggetto attuatore per la Piave.  Auspichiamo una correzione di rotta, magari coinvolgendo anche quegli imprenditori locali disponibili a collaborare.  

Orvieto e il suo futuro. In quale settore? 

Orvieto non ha mai conosciuto una vera e propria industrializzazione. Questo oggi, di fronte alla crisi della grande industria, potrebbe rivelarsi un vantaggio. Il turismo è la nostra risorsa principale. Per migliorarlo occorre fare sistema, lavorare in modo il più possibile sinergico tra i vari protagonisti del settore e impegnarsi di più nella promozione. A partire da cose semplici. Migliorare i luoghi dell'accoglienza, gli ingressi della città come la zona del casello o il parcheggio delle Fs, realtà che vivono entrambe da anni preoccupanti situazioni di degrado, abusi e sporcizia. E affiancare a questo, un'adeguata programmazione e organizzazione di eventi. Non ci vuole poi molto.

Potrebbe tracciare l'identikit del prossimo sindaco?

Va premessa un'ipocrisia di fondo, a livello nazionale: chi gestisce la cosa pubblica e i comuni in particolare, percepisce compensi poco adeguati all'impegno ed alle responsabilità del ruolo. Un adeguamento dei compensi è quantomeno auspicabile, perché metterebbe in condizione i cittadini di pretendere una gestione sempre più oculata. Detto ciò, oggi un sindaco  è chiamato alla responsabilità primaria di rispondere ad esigenze economiche e sociali. Le logiche assistenziali sono tramontate e i Comuni, oggi più che mai, richiedono una gestione quasi aziendale. La figura del sindaco, pertanto, dovrebbe avvicinarsi sempre più a quella di manager con il compito di progettare, investire, creare occupazione, dare benessere. In una parola scegliere, ma che le scelte siano vere e gli atti successivi ne siano la diretta conseguenza.  

Un'ultima domanda: i rapporti tra politica e imprenditoria. Come impostarli correttamente?

L'urgenza con cui vengono poste le questioni economiche, impone ormai, anche al sindaco più capace, un costante confronto con le forze economiche e le associazioni. Credo che sempre più un amministratore debba avere l'umiltà di ascoltare chi può svolgere un ruolo di grande sostegno ai progetti di sviluppo.

Pubblicato il: 06/01/2009

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