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Le donne umbre le più 'disoccupate' d'Italia

Il rapporto annuale del mercato del lavoro 2002 dà la disoccuoazione in Umbria in lieve aumento, maggiore in provincia di Terni, soprattutto donne

Cronaca

Il 2002 ha fatto registrare in Umbria, rispetto al 2001, una flessione dell'occupazione dello 0,7 per cento (3mila unità), portando a 327mila il numero degli occupati e a 20mila il numero dei disoccupati (5,7%). Una flessione che ha prodotto mille disoccupati e che ha interessato soprattutto la provincia di Terni e soprattutto le donne. È un dato presentato in questi giorni dall'"Agenzia umbra lavoro" a Perugia e contenuto nel "Rapporto annuale del mercato del lavoro 2002", che non indica comunque l'inizio di una fase di crisi dell'occupazione, in quanto le rilevazioni relative ai primi due trimestri del 2003 registrano una ripresa dell'occupazione, grazie soprattutto al settore industriale, e una diminuzione del tasso disoccupazione che si attesta al 5,2%, un livello inferiore a quello del 2001 (5,3%).

"Malgrado la flessione registrata nel 2002 - ha spiegato il responsabile dell'Osservatorio del mercato del lavoro, Paolo Sereni - l'Umbria continua a posizionarsi tra le regioni di 'seconda fascia' davanti a Lazio, Abruzzo, e Liguria e dietro a Marche, Piemonte, Friuli e Toscana. Il calo dell'occupazione del 2002 ha riguardato uomini e donne, ma l'aumento di mille unità della disoccupazione ha investito prevalentemente la componente femminile. Dei 20mila disoccupati umbri, 13mila risiedono nella provincia di Perugia e 7mila in quella di Terni.

Il basso livello della disoccupazione maschile e il numero elevato di donne in cerca di lavoro fanno sì che la percentuale femminile in cerca di occupazione sia, in Umbria, la più alta tra le regioni italiane.

Anche la struttura contrattuale sta modificandosi rapidamente. Se l'incidenza dei contratti a termine sul totale dell'occupazione dipendente risulta ancora contenuta (11 per cento) diverso è il discorso sui nuovi ingressi: di questi, oggi, 3 su 4 avvengono con un contratto a termine (nel 1995 prevalevano ancora le assunzioni a tempo indeterminato) e, rispetto al 2001, i contratti a termine passano da 22mila a 25mila, e di questi 14mila riguardano le donne. Circa il 60 per cento dei contratti di lavoro giunti a conclusione tra luglio 2001-giugno 2002 ha avuto una durata inferiore ai 120 giorni, il restante 40 ha fatto registrare una durata media inferiore a due anni. Occorre inoltre sottolineare che dell'occupazione dipendente prodotta dal 1996 al 2002 sono "a termine" 5mila degli 11mila occupati del settore industriale (46%) e ben 9mila dei 13mila del terziario (73%). Quello dei servizi, che ha dato il maggior contributo alla crescita occupazionale, è anche quello dove si è determinato il maggior incremento di lavoro a termine.

Pubblicato il: 27/07/2003

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