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Orvieto. E' lunga la lista di beni del patrimonio comunale di cui di cui si sono perse le tracce

Non solo le del rifacimento delle piazze del centro storico. E i borberi di Porta Romana?

foto di copertina

ORVIETO - Non solo basole. Le pietre provenienti dai lavori di rifacimento delle piazze del centro storico la cui parziale scomparsa è stata denunciata in questi giorni dal consigliere di minoranza Maurizio Conticelli (le basole erano depositate lungo il percorso del Paao ai piedi della Rupe, nei pressi del Salto del Livio), non sono che l'ultima voce, in ordine di tempo, della lunga lista di beni del patrimonio comunale di cui, nell'arco degli anni, si sono perse le tracce. Alcuni esempi? In molti si chiedono - tanto per iniziare e per citare un caso vicino nel tempo del quale si è già discusso - che fine abbiano fatti i piloni di pietra che costeggiavano la strada di porta Romana, prima del restyling che ha dotato la via di marciapiedi e ringhiera. C'è chi giura addirittura di averli visti in qualche abitazione privata.

E le vecchie sedute del teatro, quelle che costituivano l'arredo interno del Mancinelli, prima dell'intervento di restauro? Gli antiquari cittadini ricordano che una parte - ovvero le sedute in legno - sarebbe stata venduta insieme ad un lotto di panche antiche, delle sedute dei palchetti non si avrebbe notizia. La lista si allunga con i vecchi arredi del palazzo comunale, in parte, ma non tutti, conservati presso i magazzini del centro servizi manutentivi di Bardano.

E ancora. Le precedenti porte in ferro del palazzo del capitano del Popolo e le vecchie condutture dell'acquedotto? Tanta incertezza sul destino del patrimonio comunale - non tutto di valore, ma poco conta - non desta poi cosi tanta meraviglia se si pensa alla facilità con cui giusto un anno fa, di questi tempi, ignoti si sono introdotti all'interno del palazzo comunale, portando via indisturbati tre preziose tele: il "Martirio di Pietro Parenzo" del Seicento, una tela della serie degli "Uccelli" di Livio Orazio Valentini (1957) e un quotato nudo di donna proveniente dalla collezione Sovena (1920). Allora si punto il dito contro la grande vulnerabilità del palazzo comunale. Ma forse non è solo quello il problema. (S.T.)

Pubblicato il: 12/11/2008

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