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Condono edilizio: un 'affare', ma non per il comune

Sono passati ben 23 anni dall'approvazione del primo condono edilizio e ancora il 10-15% delle pratiche gira per gli uffici. Molti proprietari degli immobili abusivi si sono totalmente disinteressati dell'iter burocratico non rispondendo più a raccomandate, notifiche o richieste di integrazione

ORVIETO - Condono edilizio: un "affare", ma non per il comune. Sono passati ben 23 anni dall'approvazione del primo condono edilizio, ad opera del Governo Craxi-Nicolazzi, in occasione del quale giunsero al comune di Orvieto ben 1863 richieste di abbuono. Ancora oggi, sfogliando il polveroso registro del lontano 1985, quando cioè l'informatizzazione dei pubblici uffici ancora non esisteva, ci si rende conto che circa il 10-15% delle richieste presentate all'epoca al Comune di Orvieto non sono mai arrivate ad un rilascio effettivo. Dopo la presentazione della domanda, molti proprietari degli immobili abusivi si sono totalmente disinteressati dell'iter burocratico non rispondendo più a raccomandate, notifiche o richieste di integrazione inviategli dagli uffici comunali. Quest'ultimi, però, hanno comunque continuato (e continuano) a lavorare su queste pratiche raccogliendo pareri da parte della Usl, verificando vincoli paesaggistici e via dicendo, con una sostanziale perdita di tempo e danaro. A queste circa 200 pratiche si sono poi aggiunte, nel corso degli anni, le richieste giunte negli uffici comunali con i successivi condoni, ovvero 665 in occasione del condono del 1994 e 106 per quello del 2004, entrambi approvati dai governi Berlusconi. Il trend negativo che emerge chiaramente nel confronto delle domande pervenute per ognuno dei tre provvedimenti, merita una riflessione a parte. In prima istanza, con una boutade, si potrebbe sintetizzare che dopo il 1985 "rimaneva poco o nulla da condonare".  In realtà, ciò che ha realmente determinato una contrazione delle domande è stata la decisione della Regione Umbria di escludere dagli ultimi provvedimenti di condono gli annessi agricoli, diffusissimi nelle nostre realtà rurali e protagonisti principali dell'abusivismo orvietano, che con una "metamorfosi clandestina" si trasformano in vere e proprie villette immerse nel verde. Già nel 1998 il Comune ricorse alla collaborazione di tre geometri esterni, a cui furono affidate 200 pratiche ciascuno, nel tentativo di smaltire la mole di lavoro arretrato dell'ufficio urbanistico comunale (sulle cui scrivanie, condono a parte, arrivano circa 1200 pratiche all'anno di sola edilizia privata) senza però raggiungere risultati significativi, se non quello di ampliare ulteriormente le spese. "E' difficilissimo calcolare i costi sostenuti in questi 23 anni - confessano dagli uffici comunali -  ma possiamo tranquillamente affermare che la cifra in questione è sicuramente preceduta da segno negativo. Basti pensare, ad esempio, che il Comune di Roma esigeva già all'epoca 10mila lire per ogni notifica richiesta". In effetti le oblazioni, ovvero le "multe" che gli abusivi pagano per poter rientrare nel solco della legalità, finisce direttamente nelle casse dello Stato, mentre al Comune rimane esclusivamente l'entrata relativa alla tassa per la concessione edilizia, la cosiddetta "legge Bucalossi", pagata però solo da chi ha visto chiudere la propria pratica di condono. Si arriva così al paradosso, sicuramente non esclusivo del Comune di Orvieto, per cui i cittadini onesti pagano per poter permettere ai "furbetti del quartierino" (e ce ne sono davvero in ogni quartiere, sopra e ai piedi della rupe) di condonare i propri beni costruiti illegalmente.   

Pubblicato il: 07/08/2008

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