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Oncologia, i pazienti del girone infernale

Tra file interminabili e medici in condomino. Dove il rapporto col paziente dovrebbe essere perfetto.

Cronaca

di Redazione

Ammalarsi di cancro è già qualcosa che difficilmente si può raccontare. Quando poi, oltre ad una malattia grave che necessita di cure non solo mediche ma anche psicologiche ci si trova di fronte anche alle difficoltà strutturali ospedaliere, allora la situazione diventa addirittura invivibile per malati e parenti. E' il caso, purtroppo, dell'ospedale di Orvieto. Ma non può essere solo colpa del personale medico in continua sofferenza per il grande numero di pazienti. Sono circa 350 i ricoveri mensili a cui il reparto di oncologia deve far fronte. L'unico medico, in condominio tra la medicina e l'oncologia, corre dalle corsie alle visite, alla necessaria presenza nel reparto dove vengono effettuate le cure chemioterapiche. La sottodimensione del personale medico e paramedico dedicato all'oncologia è di fronte agli occhi di tutti. I malati attendono ore interminabili nel terrificante caldo d'agosto per poter fare la chemioterapia.

Anche i locali non sono adatti alle esigenze. Manca, infatti, una vera e propria sala di aspetto e l'unico spazio che dovrebbe adattarsi a questa funzione di fatto non fa altro che aumentare la confusione.

Il reparto sta scoppiando. Ci sono pazienti che arrivano da Roma o altre realtà piuttosto distanti da Orvieto e, a volte, per effettuare una visita aspettano ore ed ore per poi doversene tornare a casa e ritornare il giorno successivo. Qualcuno potrebbe affermare che a volte può capitare. Ma non può capitare a chi vive con un cancro ed ha bisogno, per avviarsi verso la guarigione, oltre che di cure di molta serenità. Ciò che accade ad Orvieto, in quel reparto, sta sfiorando i limiti della sopportabilità.

Mia sorella è malata di cancro

Mia sorella è malata di cancro. Lo è da tempo e lo sa. E, ovviamente, non sta bene. Quotidianamente è una lotta continua per tentare di offrirgli una vita il più possibile normale. Questo perché i medici ci hanno detto che oltre alle cure di carattere medico è importante che ci sia una continua assistenza di carattere psicologico. Questo aiuta a guarire. A casa tutti facciamo il possibile per non farle sentire l'aria pesante di una convivenza con una malattia difficile da superare. E, quando finiscono i cicli di chemioterapia che periodicamente fa, lei sta meglio. Non va all'ospedale e riprende a mangiare senza poi dovere vomitare il tutto. Sta meglio in tutti i sensi. Ma qualche giorno fa, quando ha ricominciato le sue cure all'ospedale, mi ha guardato e mi ha detto: "Ecco, ricominciamo a scendere nell'inferno. Chissà se incontrerò nuovamente tutti o se qualcuno non ci sarà più?".
E' un clima terribile, perché sicuramente non è il clima migliore per guarire. Poi poi c'è da dire che vediamo chi si occupa dei malati di cancro in estremo affanno. Non so se dipende dal personale, forse sottodimensionato. O se dipende da un clima particolare o dal grande numero di malati. Io so solo che quando accompagno mia sorella a fare la chemioterapia mi trovo di fronte a tanta disperazione. E a quella disperazione non c'è una risposta fatta di attenzione e solidarietà nei confronti dei malati. Perché? Perché è difficile parlare con il medico che la cura che va sempre di fretta - sono convinta che questo dipende dal fatto che corre da una parte all'altra dell'ospedale per fare il suo lavoro -? Perché alcuni dei pazienti che vengono per fare una visita aspettano, aspettano e poi sono costretti a tornare nei giorni successivi? L'ultima volta ho accompagnato io mia sorella all'ospedale. Mentre ci andavamo, triste in volto ma con un sorriso che non prometteva nulla di buono, mi ha guardato e mi ha detto. "Sai, preferirei avere i reni che non funzionano piuttosto che fare la chemio. Almeno lì ci vai un paio di volte a settimana ma, fondamentalmente, fai una vita quasi normale". Una vita quasi normale! Pensare che lei sogna di essere una donna in dialisi. Non è quella serenità che può portare un malato di cancro verso la via della guarigione.

lettera firmata

Pubblicato il: 01/07/2003

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