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Gli Inti-Illimani hanno cantato per quattro generazioni di fans

Piazza del Popolo ad Orvieto ha, ancora una volta, dimostrato la sua predisposizione reale: Non un parcheggio ma un auditorium all'aperto. Almeno in duemila al concerto

Società

di Redazione

"Cinquant'anni di storia se ne vanno via in fretta. Ma dimenticare è pericoloso. E l'Italia dimentica facilmente". Poi ancora "Ci hanno detto che a Bologna non governa più la sinistra... Non possiamo proprio lasciarvi un attimo che subito succede qualcosa". A parlare sono gli Inti-Illimani.

Poi tanta musica, anche italiana, magari di quella che gli italiani scordano, come è stato per parte della colonna sonora di "Nuovo Cinema Paradiso" il film di Tornatore che ha la capacità di raccontare una storia che andrebbe bene anche per i nostri piccoli paesi. Insomma, una sorta di film neorealista fuori tempo massimo, come quelli che tanto piacciono agli Inti-Illimani, come Metello di Bolognini "che, presentato in Cile, fu talmente amato che il regista fu costretto a tornarsene in Italia accusato di invitare "el pueblo e los opreros" alla "lucha".

Insomma, un concerto di ricordi, di passioni, di gioia. Un concerto che ha messo a fianco generazioni diverse. Quelli che hanno vissuto la vicenda di Salvador Allende e l'arrivo della dittatura condividendo i primi "vagiti musicali" del gruppo che, insieme agli intellettuali cileni, tanta solidarietà hanno ricevuto dal mondo della cultura e del lavoro italiano.

Poi la generazione di chi pensa agli Inti-Illimani e ricorda la rivoluzione Cubana. Le due cose non sono identiche, ma il richiamo di Comandante Che Guevara (ieri non ha fatto parte del concerto) ha portato molti in Piazza. Il fatto che il brano non sia stato messo nella scaletta fa comprendere come, allo stato attuale, Cuba per alcuni ambienti della sinistra sia un "problema" di cui se si può si fa a meno di parlare. Così si differenziano gli animi e la cosa fa discutere. A discutere a tal punto che qualche "compagno amerino" sceso ad Orvieto per il concerto, vedendo una blanda partecipazione della genmte al concerto, si faceva scappare un "tanto si sa che ad Orvieto la sinistra è un po' rosè".

Infine le generazioni più giovani. I 77ini, che sfilavano alle loro manifestazioni (studentesche ed operaie) conservando nelle loro canzoni di lotta quelle per la voglia di democrazia del Cile e i New Global di oggi, che nella valorizzazione della musica popolare ed etnica vedono la possibilità di salvaguardare tutto ciò che esiste ed è bello perchè non globale.

La sensazione più bella, oltre la musica? Vedere quella piazza viva, senza macchine e con un concerto. Poter pensare che il futuro di piazza del Popolo possa essere proprio quello di saper ospitare tanto popolo e meno macchine. Come ieri sera.

Pubblicato il: 26/06/2003

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