Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: NOTIZIE
NOTIZIE CORSIVI

"Campo della Fiera - campus nundinarum: Orvieto e il fanum"


Un intervento del geografo storico Silvio Manglaviti  determinato dalla "Necessità di esprimere certa perplessità per quanto il Prof. Claudio Bizzarri sia stato indotto a dover puntualizzare qualche giorno fa al riguardo, a seguito di alcuni articoli di stampa sull'argomento"

di Silvio Manglaviti , I.S.A.O.; Deputazione di Storia Patria per l'Umbria; Società Geografica Italiana; Italia Nostra)

Vorrei, se possibile, fornire un modestissimo contributo da cultore di Geografia e Topografia Storiche in merito alla localizzazione presunta del Fanum Voltumnae presso il complesso archeologico del Campo della Fiera.

Me lo impone, in questa sede, la necessità di esprimere certa perplessità per quanto il Prof. Claudio Bizzarri sia stato indotto a dover puntualizzare qualche giorno fa al riguardo, a seguito di alcuni articoli di stampa sull'argomento.

Bene ha fatto il nostro archeologo a schiarire quello che mi è parso un risibile tentativo di offuscamento informativo e comunicativo su una querelle che vede negli ultimi untori dell'ignoranza soltanto l'appendice (-ite!) di una vexata quaestio che dura da secoli.

A premessa di qualsiasi ragionamento sull'ubicazione di Volsinii etrusca e del Fanum ("apud Volsinios") si rammenti che Velzna, ultima fra le città etrusche confederate a capitolare, nel 264 a.C. (dopo l'assedio del console romano M. Fulvio Flacco, successo al caduto Quinto Fabio Massimo che aveva sconfitti i volsiniesi), pagò la propria valenza geopolitica con la damnatio memoriae, pratica che Roma riservava ad antagonisti-simbolo (Cartagine), ogni eventuale possibile ricordo dei quali doveva esser cancellato dalla faccia della terra spargendo sulle rovine del luogo - deportati i superstiti - fuoco e sale. Velzna-Volsinii è simbolo di potenza geopolitica, territoriale per antonomasia. Il fanum è il Santuario panetrusco: di tutte le genti d'Etruria. Luogo simbolo del potere politico etrusco ( i lucumoni della dodecapoli vi si riunivano per decidere) supportato dalla sacralità della divinità etrusca princeps che è Vertumnus e che qui si venera. Un luogo così è punto d'incontro per definizione. Forse frequentato dagli stessi romani: l'antica Cassia passava da Volsinii.

 

Orvieto da sempre infastidisce; sta lì, nel mezzo, tra Toscana, Umbria e Lazio e prima, tra Tuscia e Patrimonio, tra imperatore e papa, tra longobardi e Bisanzio; proprio lì, piantata nel mezzo tra fertili terre irrigue sulle vie direttrici mercantili principali: Francigena e Romea; Cassia e Traiana. Orvieto, rompe. Rompe, sensu di soluzione di continuità territoriale che rappresenta, ovvero di trait-d'union, limes poroso e permeabile tra diverse e varie realtà regionali e metropolitane contermini.

Di fatto, ancora non si conosce con chiarezza il suo antico passato. Il Medio Evo ci ha tramandato una Vecchia Urbe, sulla cui denominazione si sono sprecate nel corso dei secoli ridde di ipotesi. E non è ancora finita. Forse mai finirà.

Una cosa è certa, da noi di vestigia romane ben poco o nulla possiamo vantare se non quel che emerge da qualche reperto del II sec. (come riscontrato dal prof. Della Fina). Tutt'intorno, invece, è un fiorire urbico: a cominciare dalla stessa Bolsena, questa sì etimologicamente Volsinii toponomastica, ma romana! (con passato etrusco, certo: si legga in proposito quanto copiosamente pubblicato dal Prof. Tamburini); e poi, Todi, Viterbo .

Orvieto (e immediati dintorni) possiede una ricca dotazione necropolitana etrusca per tutti i gusti, disposta anularmente sulle ipotetiche primitive vie di accesso; resti templari, resti viari, resti murari; un'acropoli pazzesca crivellata di cunicoli, bottini, cisterne e pozzi e cave e colombarii. Poco distante, un porto fluviale, romano (Pagliano, dove opera l'amico archeologo Dott. Trapassi): qui sono state rinvenute stoccate le famose macine volsiniesi, pronte all'esportazione! Che potrebbe far pensare ad un antico scalo fluviale etrusco pertinente a Velzna.

Insomma, Orvieto era senza ombra di dubbio alcuna una potente e ricca città mercantile dell'Etruria. Ma manca l'anello di congiunzione con Roma. Orvieto - a differenza di Perugia, Todi, Viterbo e la stessa Bolsena - è invece soluzione di continuità tra Etruria e Roma.

Tra la "caduta degli dei" volsiniesi del 264 a.C. e il II sec. dei romani sulla Rupe passa quasi mezzo millennio! Che il medievale Urbs Vetus volesse far riferimento a quell'antico sito metropolitano etrusco? Congetture. Già, solo congetture.

Ma grazie a Dio (e alla stirpe archeologica dei Bizzarri: Mario, col suo 'muro' della Cava e il nostro Claudio, immerso nel santuario dell'ipotetico Fanum) qualche pezzo di Storia finalmente viene in aiuto alla Memoria.

 

Va detto subito che un santuario come quello panetrusco del fanum Voltumnae doveva per forza di cose sorgere in luogo pianeggiante e non appollaiato su di un bricco, come erronee interpretazioni d'antan credevano accostando i termini 'santuario' e 'templum'; si pensi invece come esempio al santuario di Zeus ad Olimpia (Tamburini) e alla necessità che aveva un luogo del genere di dotarsi di ampi spazi per accogliere strutture finalizzate ad usi sia liturgico-rituali, sia religiosi e civici, ovvero di scambio e mercantili. Si pensi anche ai mercati e alle fiere del mondo ellenico e romano ma anche orientale e africano: fori e agorà; oasi e serragli; casbah; Samarcanda e 'la fiera dell'est' sulla Via della seta.

Nel Medio Evo si consolida il concetto di mercato e quello di porto come luoghi franchi, multirazziali e cosmopoliti; melting pot di e per merci e culture. Luoghi dove avvengono scambi di merci, certamentemente, ma prima di tutto di Cultura e di Pensiero. Tito Livio ci ricorda i "nundinas obire", cioè il 'frequentare i mercati, per raccogliere voti ()' e Cicerone (et al.) che un progetto di legge (lex) doveva restare esposto per tre mercati (nundinae) o per 17 giorni: fiera e mercato intesi come tempo - luogo - affari. Chi veniva poteva vendere, comperare e acquisire informazioni e notizie, da divulgare poi nel proprio contesto territoriale. Un fanum è anche luogo di nundinas.

 

Il Perali riporta notizie trecentesche inerenti al Campo della Fiera qual campus fori, campus nundinarum "come posto nel piviere di S. Pietro in Vetera, la cui chiesa doveva sorgere sul Rio Chiaro cento metri o poco più a monte del Ponte del Sole, dove anticamente c'era stato un tempio etrusco." E il Campo " ci si dice esplicitamente che stava tra il muraglione dell'acquedotto (murus fontis: "l'Arcone") ed il convento di S. Pietro in Vetera".

La toponomastica testimonia dunque che dal Trecento quel sito è noto come Campo della Fiera, ove aveavano luogo i nundinas, i mercati cioè ogni 'nove giorni': un giorno effettivo di mercato a cui si aggiungevano il giorno di arrivo e quello di partenza e una settimana di intervallo.

Ma c'è anche il sito sacro di un antico convento dedicato al capo della Chiesa di Cristo, Pietro, princeps degli apostoli.

Vale anche ricordarsi del toponimo Ponte del Sole (cioè sulla Via volta a Mezzogiorno, che indica il sud) e che con Costantino Sole e Cristo si equivalgono. Qui papa Urbano IV verrà incontro alla reliquia del miracolo di Bolsena che il nostro Duomo custodisce ed anche per la quale la nostra Città può vantare la promulgazione a tutto il mondo della festa del Corpus et Sanguis Domini.

La geografia delle nostre terre ci racconta queste cose e tante altre ancora.

Al Campo della Fiera c'era un importante santuario - ed è stato ritrovato; il Campo della Fiera era un antico importante mercato - ed è continuato ad esserlo diacronicamente: luogo di scambi e luogo politico.

Il Fanum Voltumnae è santuario e luogo politico, sede dei giochi panetruschi e di fiere mercantili.

 

È vero che nulla può dare conferme - per adesso - che il Campo sia il fanum.

Com'è altrettanto vero che chiunque - accademici e profani; soloni e profeti - può apportare proprie ipotesi ed idee al servizio della Conoscenza.

Altro è ciurlare nel manico e cavalcare le tigri del sensazionalismo, della provocazione ad ogni costo.

Mi sarebbe troppo facile dire che sto con Claudio Bizzarri, vecchio fraterno amico e socio di tante scorribande (culturali e non, o anche ).

Voglio invece dire che sto con chi voglia costruire e non distruggere; ricavar fuori dalle Memorie le Storie; con chi si sporca le mani e puzza di sudore e respira miasmi fetidi per recuperare pezzi di passato.

Da geografo storico, in più voglio asseverare che sussistono inequivocabili prove documentali - anche a supporto di quelle archeologiche e storiche - per le quali noi orvietani potremmo a ragione immaginarci eredi degli antichi volsiniesi.

Perché se il Campo della Fiera è il Fanum Voltumnae, lì, "apud", c'è Velzna.

 

Pubblicato il: 08/01/2008

Torna alle notizie...