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La comunicazione

Ho pensato bene di cominciare questo anno, che il caso vuole sia addirittura più lungo del precedente, buttando giù quattro idee a braccio sulla comunicazione orvietana. Ma la cosa che più colpisce è che, accanto ad una stragrande mole di informazioni e opinioni in rete, ad Orvieto manchi proprio la comunicazione, in strada, in piazza, nei palazzi. Non si discute, si preferisce urlare le proprie ragioni o borbottare sommessamente, meglio se schierandosi in fazioni...

foto di copertina

Buio in sala.

Si alzi il sipario sul 2008.

E iniziamo l'anno nuovo parlando di comunicazione, tanto va sempre più di moda parlare di se stessi: la televisione parla della televisione, il teatro fa metateatro, e non si contano più i siti che parlano di internet.

Perciò ho pensato bene di cominciare questo anno, che il caso vuole sia addirittura più lungo del precedente, buttando giù quattro idee a braccio sulla comunicazione orvietana, e, in uno slancio di onestà, vorrei iniziare aprendo gli occhi al direttore responsabile di questo giornale, non fosse altro perché qualcuno nei commenti ha scritto, tempo fa, che io non faccio mai autocritica; ma siamo sicuri che chi invita gli altri a fare autocritica sappia sempre cosa significhi questa parola?

Ma non perdiamo il filo: è bello notare che i tre quotidiani on line solo orvietani (ovvero quelli che non sconfinano fuori regione e che non sono anche portali turistici) non si limitino a riportare le veline del palazzo ma diano ampio spazio alle opinioni, attraverso i commenti, i corsivi o gli editoriali che dir si voglia.

E questi tre quotidiani hanno ognuno il proprio, come dire opinionista fisso: il grillo parlante, la civetta sul balzolo, qualcuno, insomma, che le spara come crede.

A lasciare di sasso è però la varietà di questi "animali" parlerini: OrvietoNews ha da poco reclutato Davide Orsini, grande esperto della politica vera che in parecchi stimiamo molto per le sue capacità di analisi e di sintesi; TuttOrvieto ha ormai da parecchio la lettera settimanale di Roberto Conticelli, a cui va tanto di cappello per la carriera giornalistica e per la sublime ironia che può permettersi chi ci vede ormai da fuori; e OrvietoSì finora s'è accontentato del sottoscritto, confermando sempre più l'idea del quotidiano "fatto in casa". Caro Dante, dalle stelle alle stalle

Ma la cosa che più colpisce è che, accanto ad una stragrande mole di informazioni e opinioni in rete, ad Orvieto manchi proprio la comunicazione, in strada, in piazza, nei palazzi. Non si discute, si preferisce urlare le proprie ragioni o borbottare sommessamente, meglio se schierandosi in fazioni.

I clienti contro i commercianti, i cittadini contro l'amministrazione, senza provare mai a mettersi pirandellianamente nei panni degli altri e accorgersi, magari, che il commerciante fa un favore al cliente a dargli il pane fresco tutte le mattine evitandogli di coltivare il grano, macinarlo, mettere il lievito e scaldare il forno con la legna fatta a suon di accettate, esattamente come il cliente fa un favore al commerciante scegliendo i suoi prodotti e i suoi servizi e lasciandogli il conquibus.

Così come tutti noi cittadini saremmo più cauti nel dare giudizi se ci mettessimo nei panni degli amministratori che devono quotidianamente aver a che fare con alcuni funzionari incompetenti messi lì da partiti che non ci sono più, ma che erano lì da prima e che sopravvivranno agli amministratori stessi, in quanto non eletti. Analogamente chi ci amministra sarebbe più attento alle esigenze della cittadinanza se si fermasse ad ascoltare il vorticoso ruotar di attributi di chi si vede ascoltato solo quando chiede in che modo e in che quantità deve pagare le gabelle.

E in questo far da sé e schierarsi in fazioni capita che i commercianti aperti la sera dopo cena siano due, perché nessuno aveva parlato col vicino, così come succede che si mandino in produzione insegne che tanto si sa che dovranno essere sostituite perché un assessorato aveva voglia di fare qualcosa prima dell'elezione dei consigli di zona e l'altro non era ancora pronto, così come accade che le direttive e le novità di Umbria Jazz Winter siano comunicate agli operatori economici praticamente in corso d'opera.

E pensare che in più di una campagna elettorale si parlava di "sistema Orvieto" e di "Orvieto città del dialogo". Avevamo anche fatto un mezzo pensiero di voler risolvere all'ombra della Torre del Moro la questione mediorientale, quando non riusciamo manco a far parlare cavajoli e pistrellesi.

Ma tanto è sempre così: avete presenti quelle comari pettegole e saputelle che si danno tanto da fare per sistemare i guai, veri o presunti, delle famiglie altrui? Provate ad andare a vedere il loro curriculum familiare e scoprirete che è peggio, molto peggio dei casi umani che si vantano di aiutare.

Ma torniamo a parlare della situazione della comunicazione orvietana: pare proprio sia meglio inveire, sparare sentenze, e tentare di boicottare chi cerca di proporre una arena, seppur virtuale, di discussione trasversale. Parlo, ad esempio, del blog dei Temerari, che, come quello di Monica Riccio e altri analoghi, sta davvero dando un bel segnale di apertura e dialogo. Forza ragazzi, resistete! Resistiamo! Potranno dire che noi che parliamo e scriviamo, fosse pure a vanvera, e abbiamo anche l'ardire di firmarci, siamo stati degli illusi a sperare di poter cambiare, ma non potranno certo dire che non ci eravamo accorti di quello che ci stavano facendo.

Parliamo, confrontiamoci apertamente, con la consapevolezza che se diciamo stupidaggini non sarebbero le prime e che non è detto che gli altri siano informati su ciò che a noi pare ovvio, e viceversa.

Parliamo all'interno delle categorie e anche tra categorie, per scoprire magari che, se dieci ore di negozio sono troppe per tutti, in commercio esistono dei dispositivi a orologeria a poco prezzo che consentono di tenere accese le luci delle vetrine almeno fino a mezzanotte, dando l'idea, se non di una città viva e vitale, come sarebbe auspicabile, almeno di una città non proprio morta e refrattaria a tutto ciò che è colore e calore.

Si sarebbe magari anche tutti concordi nello stilare un piano di eventi che non si esaurisca in cinque giorni l'anno, così che magari ci si possa organizzare anche per aperture serali e festive, senza fare i salti mortali che qualcuno in realtà fa, anche considerando l'ampissima percentuale di imprese familiari e ditte individuali tra i negozi e i pubblici esercizi del centro storico.

Si potrebbe capire a cosa servono le strutture di promozione, dove dovrebbero intervenire e come si potrebbero finalmente far funzionare.

Si rischierebbe, insomma, di far fare un salto di qualità a questo benedetto paesotto con le pretese di una mini-metropoli e le esigenze di un pensionato che non può permettersi la badante.

Si potrebbe addirittura arrivare a chiedersi se i piani regionali del commercio nelle medie e grandi strutture, osannati qualche anno fa, siano stati davvero tanto funzionali alle piccole imprese del territorio o abbiano invece spinto gli acquirenti orvietani ad andare a Collestrada o a Viterbo, dove tanti negozianti sono diventati dipendenti, perdendo forse in autonomia ma guadagnandoci in ferie e tutele sindacali.

Si potrebbe arrivare perfino a intuire che le operazioni di marketing non si esauriscono nell'alzare la saracinesca la mattina e nel decidere quanta maggiorazione dare ai prezzi dei prodotti in vendita.

E proseguendo con questo gioco di comunicazione e dialogo si potrebbe persino arrivare ad una vera e propria rivoluzione, dato che, con un po' di insistenza, si rischierebbe addirittura di scoprire che a Orvieto potrebbe esserci qualche altra risorsa per noi e per i nostri figli oltre la politica.

Sipario.

Luci in sala.

Tutti a casa. E zitti!

Pubblicato il: 07/01/2008

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