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La vigilia. 'Traffici orvietani' alla terza puntata

"Da sempre i nobili, gli esponenti dell'aristocrazia cittadina, non vanno in discesa, ché non sta bene. Nel Medioevo si passava dall'attuale Piazza della Repubblica a San Giovenale per Via Malabranca, lasciando al di sotto dei propri piedi e dei propri sguardi la miseria della Cava, e ancora oggi il percorso del corteo storico non contempla salite o discese, rispettando giustissimamente questa antica regola'

foto di copertina

Nell'uscita della vigilia di Natale non si può che essere buoni.

Ed io lo sarò.

Pertanto userò questa mia paginetta settimanale per ringraziare quanti hanno dimostrato il loro sostegno, più o meno divertito, a questa mia follia di scrivere e pubblicare quello che penso.

In particolar modo vorrei rivolgermi a tutti gli amici e conoscenti che hanno inviato alla mia mail personale i suggerimenti con i nomi delle persone da investire per far regolamentare la velocità del traffico alla Cava, come avevo richiesto due settimane fa, nella terza puntata dei "traffici orvietani".

Nel ringraziarli, però, vorrei far loro notare che, perché il progetto vada in porto, l'"incidente" dovrebbe avvenire in Via della Cava e buona parte dei nomi segnalatemi come capro espiatorio, a piedi, per la Cava, mi sa tanto che non ci sono mai passati In macchina sì, ma premurandosi bene di accelerare non appena spoggettata Via Filippeschi, così da affrontare la discesa con un bel saltino tutto brividi.

Eh già, perché da sempre i nobili, gli esponenti dell'aristocrazia cittadina, non vanno in discesa, ché non sta bene.

Nel Medioevo si passava dall'attuale Piazza della Repubblica a San Giovenale per Via Malabranca, lasciando al di sotto dei propri piedi e dei propri sguardi la miseria della Cava, e ancora oggi il percorso del corteo storico non contempla salite o discese, rispettando giustissimamente questa antica regola.

E a dire il vero non gli si poteva proprio dar torto, ai nostri avi, dato che la Cava era effettivamente un merdaio. E lo è stato per molto tempo, tanto che alla fine dell'Ottocento Ole Potter, nel suo «A little pilgrimage in Italy» ebbe a scrivere: «Ci arrampicammo su per la ripida strada tra le case di tufo vulcanico giallo ora nero [...] In fondo ai vicoli bui potemmo vedere le tetre profondità delle cavità, scavate nella roccia viva. Nei bassi gli abitanti di questa città diruta faticavano in silenzio, e fuori dalle porte gufi incappucciati erano appollaiati su pertiche infisse nel terreno duro».

Praticamente un incrocio tra le concerie marocchine e un girone dantesco.

Perché quella era la zona degli artigiani e delle stalle, delle case semidistrutte e del ricco bouquet di aromi naturali. Il problema vero era però costituito dal fatto che Porta Maggiore, e di conseguenza la Cava, era il principale accesso alla città, miseria o non miseria, fogne a cielo aperto o no.

Come fare allora in occasione di visite ufficiali, che non mancavano nemmeno nei secoli passati?

Ce ne parla l'architetto Satolli nella sua guida di Orvieto: «Se un Papa veniva in visita alla città, entrava in Orvieto dalla Cava e raggiungeva il palazzo comunale e poi il duomo lungo un percorso addobbato con architetture effimere messe in piedi per l'occasione. Così capitò a Paolo III di passare sotto gli otto archi trionfali progettati da Simone Mosca».

Insomma, si nascondevano le vergogne, realizzando dei pannelli di legno intonacato o solo imbiancato, da addossare alle facciate delle basse case cavajole, così da dare l'impressione di passare in mezzo ad alti e nobili palazzi freschi di pittura. E i fori fatti in corrispondenza delle finestre, coi poveracci affacciati a far da comparse, accrescevano il realismo di quella precaria scenografia.

Oggi il mondo è cambiato e di morali da questa vicenda se ne potrebbero tratte tante, dall'osservare quanto la Cava sia rimasta ancora "altro da Orvieto" a constatare che anche in molte metropoli contemporanee per raggiungere il centro bisogna passare tra ciminiere e bidonville, dal pensare al fatto che la Cava non faccia più così schifo, fino a prendere atto che quella che prima era una salita verso il centro oggi è solo una discesa da fare a scavezzacollo in macchina.

Ma la mia conclusione natalizia vuole essere diversa, osservando come nel terzo millennio l'ingresso "ufficiale" di Orvieto sia Piazza Cahen, complice l'ATC con la funicolare e la nuova segnaletica che manda tutti a San Francesco (oltre a saltare i monumenti e a ricordarci che a Orvieto, audite audite, c'è il Duomo di Orvieto, ma proprio di Orvieto, ma di Orvieto proprio!!!).

E anche a Piazza Cahen, come succedeva dalla parte opposta nei secoli passati, capita che accanto all'ingresso alla città c'è qualcosa un po' malconcio di cui vergognarsi: la ex Piave.

Siccome avevo promesso di essere buono, ecco che voglio mettermi al servizio della città dichiarando la mia completa disponibilità ad operare, in attesa che le fasi di partecipazione, concertazione, sistemazione di memorandum e compagnia bella vadano in porto.

Quale è la mia idea? Facciamo come alla Cava nei secoli passati: costruiamo tutti insieme delle sontuose scenografie di copertura, che diano l'impressione che la Piave sia una cosa bella, rilucente che e gode di ottima salute.

Così magari un probabile acquirente o l'affittuario secolare che stiamo tutti affannosamente cercando sarà più motivato.

Speriamo solo che non la vendano, non perché il nuovo proprietario non saprebbe cosa farne o perché non possa essere pilotato politicamente, ma perché cinquantamilionidieuro ci farebbero un effettaccio: so cento mijardi de lire!!! L'esito sarebbe catastrofico: se un altr'anno ci danno tutti sti euri, nel 2010 l'avemo spanati tutti.

Come quando un povero fregno, a cui mancano sempre ventun soldi pe' fa una lira, vince alla lotteria: vive da pascià due giorni e poi sta peggio di prima.

Si potrebbe fare come abbiamo fatto a casa mia con le mance del battesimo dei figli: due bei buoni fruttiferi vincolati fino al raggiungimento della maggiore età, ma poi bisognerebbe decidere quando Orvieto crescerà e diventerà maggiorenne. E lì sì che sarebbero dolori

Speriamo quindi che vada avanti il progetto della concessione temporanea, anche se porrà ai nostri pronipoti, tra meno di un secolo, gli stessi dilemmi che ci poniamo noi oggi.

Ma tanto tra novant'anni beato a chi c'ha n'occhio.

Per il momento, ragazzi, forza! Tutti al lavoro, ché dobbiamo far finta che la Piave funzioni per invogliare gli inquilini papabili!

Costruiamo pannelli di copertura, diamogli colori sgargianti, aggiungiamo insegne, vetrine, targhe

Se volete, appena smonto il presepio, metto pure a disposizione del progetto i pupazzi che si muovono, così da dare l'impressione di grande vitalità a chi entra ad Orvieto da levante e butta un occhio verso destra.

Tranquilli amministratori, dei miei pucciotti semoventi non voglio niente, che è Natale e sono buono. Mi basta ma sì, mi accontento che mi paghiate la CONSULENZA!!!

 

 

 

Buon Natale a tutti di vero cuore (ma passati l'innocentini tocca rimboccasse le maniche!)

 

Pubblicato il: 24/12/2007

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