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Io c'ero

Il ricordo di un dipendente dell'Itelco dei tempi d'oro. Quando l'azienda passò da 30 a 300 dipendenti.

Cronaca

di Salvatore Spiga

Era un giorno di novembre del 1981 e facevo ingresso nella "sala nera" per sostenere un colloquio con il prof. Eugenio Fumi.

Il fascino insolito dell'arredamento, gli affreschi e tutto l'insieme della "sala" mi suscitarono immediatamente la sensazione di lavorare già in quella struttura. Il fascino di "vecchie " apparecchiature a valvole esposte su alti treppiedi, foto di primordiali trasmettitori mi presero subito il cuore.

A gennaio lavoravo già a pieno ritmo nell'ufficio tecnico come disegnatore tecnico di schemi elettrici e masterista di circuiti stampati.

L'azienda, in piazza Febei, contava allora di non più di 30 dipendenti.

C'era molto da fare e la forza portante del prof. Fumi ci trascinava tutti con una tale naturalezza che nessuno si rendeva conto e i risultati non tardarono a venire.

Mi ricordo il primo trasmettitore radio a 12 kW, realizzato con una passione che ci veniva trasmessa sempre dall'instancabile professore.

Da qui in poi è inutile dire che l'ascesa dell'azienda è stata esponenziale.

I tecnici sempre più qualificati, le apparecchiature sempre più sofisticate, i clienti sempre più prestigiosi.

Corsi interni della Bocconi, corsi di inglese, riqualificazione del personale ci spronavano a correre sempre di più con una eccezionale grinta, paragonabile oggi al team della Ferrari.

Mi sentivo fiero di lavorare presso la grande Itelco ormai nota in tutto il mondo.

Ricordo i primi incontri con la Rai, con i paesi del nord, con la Francia e tanti altri che ci davano sempre più prestigio.

Lo spazio non era più sufficiente e l'azienda fu trasferita nella zona industriale, e cresceva sempre di più.

In meno di dieci anni le dimensioni dell'azienda raggiunse una misura tale che non bastavano più le circa 300 persone dipendenti e fu cosi che il prof. creò delle società satelliti per potere soddisfare varie esigenze di progettazione e collaudo, vedi la Dolp a Roma.

Lavoravo in uno dei progetti più ambiziosi dell'azienda: la copertura radio televisiva nazionale del Portogallo quando, nel mese di dicembre del 1992, per motivi personali decisi di uscire dalla scena Itelco.

Inutile dire che non è stato facile prendere una decisione così importante soprattutto perché lasciavo una parte di me stesso in quella struttura.

Lasciavo un lavoro che mi piaceva molto, lasciavo delle persone alle quale ero molto legato.

È stato un distacco doloroso.

Anche se non sono più dipendente mi sento ancora una piccola molecola che ha contribuito, a suo tempo, alla crescita dell'azienda e sapere delle difficoltà che sta attraversando mi sento in un certo modo ferito in prima persona.

Ma devo anche dire che conosco la caparbietà del professore e giuro che grazie a lui l'Itelco riprenderà il suo cammino.

Pubblicato il: 24/12/2002

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