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Roberto Achilli si è sucidato, forse

La sentenza pronunciata ieri dal tribunale dei minori di Perugia assolve, com'era ampiamente prevedibile, i due 22enni orvietani. Insufficienti le prove per dimostrare l'imicidio

foto di copertina

di Stefania Tomba

 

ORVIETO - Roberto si è sucidato, forse. Suona all'incirca così, in maniera per lo meno frustrante, alle orecchie della famiglia Achilli la sentenza pronunciata ieri dal tribunale dei minori di Perugia che assolve, com'era ampiamente prevedibile, i due 22enni orvietani, fino a ieri sospettati dell'omicidio del giovane, scomparso in circostanze misteriose nel novembre del 2000.

 

L'assoluzione per i ragazzi, arrivata nel primissimo pomeriggio dopo circa un'ora e mezza di camera di consiglio, chiama in causa, infatti, l'insufficienza di prove per l'omicidio. Come dire che viene confermata l'ipotesi del suicidio, ma non fino in fondo. Di diverso avviso il pm Alberto Bellocchi che, nella requisitoria, ha sì chiesto il proscioglimento, ma perché il fatto non è stato commesso dagli imputati. Insomma, il terribile dilemma "omicidio - suicidio" resta.

 

E la vicenda, com'era purtroppo prevedibile, fa un balzo indietro di sette anni senza aver aperto alcuno squarcio di verità su come siano andate veramente le cose. Comprensibile, tuttavia, la soddisfazione della difesa che pure di soddisfazione (per la delicatezza della vicenda) non ha mai inteso parlare, nell'arco delle indagini prima e del processo poi. "La cosa più importante in questo momento è che fossero assolti i ragazzi" si limita a commentare il legale Pietro Giovannini all'uscita dall'aula. I ragazzi non erano presenti (c'era soltanto il padre di uno di loro) ed hanno saputo dell'esito dell'udienza dal cellulare.  

 

Presente, invece, la famiglia Achilli che tramite il legale di fiducia, l'avvocato Laura Modena, intravede un unico spiraglio positivo nel processo, il fatto che "la procura abbia sostenuto l'omicidio". "Per il resto - afferma il legale perugino - le indagini sono virate troppo in fretta verso il suicidio e si sono persi per sempre elementi e tempo prezioso che non consentiranno mai di appurare la verità. La famiglia ha soltanto la consapevolezza di aver fatto tutto quello che si poteva fare". Le motivazioni della sentenza saranno rese note soltanto tra 90 giorni. In ogni caso è difficile immaginare adesso se il caso potrà essere riaperto. Soprattutto perché, in assenza di clamorose novità nell'inchiesta, si tornerebbe a fare ipotesi sulle stesse lacunose carte. A meno che, dai cassetti polverosi della memoria, qualcuno non ricordi particolari di quei giorni o non emergano prove inedite che lascino intravedere nuove piste agli inquirenti.

 

Roberto, infatti, dopo quattro giorni di ricerche vane, venne trovato senza vita ai piedi delle mura del viale della Confaloniera il pomeriggio del 14 novembre 2000. Era deceduto forse da una decina di ore. Ma tanti sono gli aspetti della vicenda controversi, a partire proprio dall'ora stessa della morte perché il medico legale che effettuò la ricognizione cadaverica non prese la temperatura del corpo. E questo è solo il primo di una lunga serie d'interrogativi, ieri come senza risposta: cosa ha fatto, innanzitutto, Roberto tra il 10 e il 14 novembre? Possibile che nessuno lo abbia visto in una cittadina in cui tutti sanno tutto di tutti? E come può il suo corpo essere rotolato per 18 metri dopo la caduta, di cui 8 in piano?  Le risposte a queste, come a molte altre angoscianti domande, a sette anni distanza, con successive riaperture e chiusure del caso e anche un processo, non paiono ancora scritte da nessuna parte.   

 

 

 

 

Pubblicato il: 29/11/2007

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