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La situazione Itelco

Approfondimento

di Giorgio Santelli

Il ruolo dell'Itelco nella comunità di Orvieto è stato sempre legato ad un duplice sentimento di odio e amore. Questo fin dal momento in cui il progetto, o comunque l'idea del Prof. Fumi divenne realtà. I primi tempi furono i tempi dell'amore.  Amore di una città che scopriva la dimensione dell'azienda, dell'industria "pulita" che dava lavoro. Poi vennero, sul finire degli anni '80, le prime difficoltà con i sindacati.  La sindacalizzazione all'interno dell'azienda, che nel frattempo era cresciuta e rappresentava una punta di eccellenza nel mercato mondiale del broadcasting, non è stata mai facile.  Fu quello il periodo dei contratti di formazione e lavoro che venivano utilizzati anche strumentalmente e che servivano per far transitare all'interno dell'azienda nuove risorse umane i cui contratti, spesso e volentieri, non venivano confermati. A quell'epoca ci fu uno scontro violento con il sindacato.  Numerose le riunioni presso la sede comunali con i dipendenti dell'azienda che mettevano in dubbio anche la struttura dirigente e tecnica dell'azienda.  Ci furono le prime fughe di cervelli e qualche operazione sbagliata che non riusciva a far uscire l'Itelco da una crisi di crescita.  Il pubblico, inteso come istituzioni locali, ha avuto sempre un occhio di riguardo nei confronti di questa creatura nata e cresciuta in casa. Secondo qualche sindacalista il rapporto tra istituzione e vertici aziendali in alcuni momenti è stato fin troppo accondiscendente e, anche nel momento di piena crisi legata al digitale che non partiva, il ruolo del pubblico e dei finanziamenti legati al nuovo stabilimento di Bardano fece non poco per permettere all'azienda di ottenere finanziamenti per la sua realizzazione.  Per quanto riguarda invece la crisi più pesante dell'azienda, quella che sta portando al cambio di proprietà, le responsabilità sono esclusivamente imputare alla politica che non accelera il via libera al digitale terrestre e, un po', anche all'amore paterno di Fumi nei confronti della sua azienda.  Da una parte il "professore" ha tentato fino all'estremo di non perdere il controllo dell'azienda, portandola sull'orlo del fallimento e all'amministrazione controllata.  Dall'altra è indubbio il tentativo di aziende importanti del settore di annientare l'Itelco.  Un'azienda che aveva investito molto nella ricerca e che sarebbe stata prontissima all'avvento del digitale terrestre. Bloccarla, svuotarla di competenze e risorse umane, allungarne l'agonia favorendo l'emorragia occupazionale, era un modo per far perdere di valore all'azienda per poterla acquistare a due lire.  Non è certamente il caso di Terenziani ma, al momento, è legittimo l'allarme lanciato dai sindacati.  In questa fase di trasformazione è necessario comprendere se nel piano industriale dell'azienda sarà previsto il mantenimento dei livelli occupazionali.  In questa battaglia, che è una battaglia di civiltà a favore del territorio, è auspicabile che i sindacati non si sentano soli ma abbiano al loro fianco le istituzioni locali che, in altre occasioni, sono sembrate troppo vicine alla proprietà e troppo distanti dalle esigenze degli occupati. Da difendere non c'è solo un'azienda, ma diversi posti di lavoro.

Pubblicato il: 00/00/0000

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