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Alla ricerca della verità

Ieri mattina un salto indietro di sette anni in aula nella terza e penultima udienza del caso Achilli presso il tribunale dei minori di Perugia

di Stefania Tomba

ORVIETO - Un salto indietro di sette anni, in cerca di una verità che non sembra ancora scritta da nessuna parte. E' stato con l'aiuto dell'allora maresciallo dei carabinieri della compagnia di Orvieto, ieri mattina in aula nella terza e penultima udienza del caso Achilli presso il tribunale dei minori di Perugia, che si è cercato di far luce sulle poche, pochissime cose certe nella vicenda legata alla misteriosa scomparsa del giovane Roberto, 21 anni, trovato senza vita ai piedi della Rupe il pomeriggio del 14 novembre 2000.

Nel viaggio nel tempo in cui il maresciallo ha guidato il collegio e le parti sarebbero emerse vecchie contraddizioni ma anche una novità assoluta ,che non era mai emersa chiaramente dalle indagini. Il mistero della macchia di sangue, ritrovata distante dal corpo del giovane, sarebbe compatibile con la caduta, perché la vegetazione circostante appariva acciaccata. Segno, forse, di un possibile rotolamento del corpo, dopo il volo.

Il maresciallo ha ricostruito fedelmente le indagini, a partire dalle ore della scomparsa denunciata dalla famiglia e dalle ricerche a 360 gradi immediatamente avviate, con controlli nelle compagnie del comprensorio e, per prima cosa, con sopralluoghi proprio attorno alla Rupe.

Gli ultimi tre giorni di vita di Roberto, da quando il barista del "Casablanca" lo ha visto per l'ultima volta fino al ritrovamento da parte dei due giovani oggi sul banco degli imputati, restano però un mistero. Quando venne trovato cadavere, sotto il muro della Confaloniera, pochi minuti prima delle 17 del 14 novembre, Roberto, per il medico legale, era morto da sei - sette ore. Cosa ha fatto in quei giorni? Secondo la famiglia del ragazzo non si sono battute tutte le strade. Due giorni dopo la scomparsa, a casa Achilli arrivò una telefonata anonima. La procura dispose l'acquisizione dei tabulati telefonici: si trattava del telefono fisso di un'abitazione privata, ma non venne disposto nessun ulteriore accertamento, come conferma adesso il legale della famiglia, l'avvocato Laura Modena, che insiste sui difetti investigativi dell'inchiesta.

Questo per quanto riguarda l'ipotesi suicidiaria. Per quanto riguarda le eventuali responsabilità dei due 22enni accusati di omicidio volontario, il maresciallo è tornato sulla questione delle lancette dell'orologio. I ragazzi avrebbero impiegato solo 7 minuti per trovare il cadavere, correre al cancello sottostante e recarsi in caserma. Troppo poco tempo. Il militare ha confermato che dall'alto era assolutamente visibile un cadavere, come hanno sempre detto i ragazzi, e non il cadavere di Roberto. Compatibile, a quanto pare, anche lo stato d'animo con cui i ragazzi si sarebbero presentati ai carabinieri. 

La difesa dei giovani appare ottimista all'esito dell'udienza. "Non ci sono elementi ad avallare il coinvolgimento degli imputati - afferma il legale Pietro Giovannini che difende i ragazzi insieme all'avvocato Orietta Bruno -. Non serve a far luce sulla vicenda, trovare dei capri espiatori, ragazzi peraltro con delle personalità già fragili. Se adesso c'è una famiglia a soffrire se ne aggiungerebbero soltanto altre due".  Venerdì l'istruttoria volge al termine, con gli ultimi 4 testi della difesa. Per la discussione è ormai deciso il rinvio.

Pubblicato il: 18/10/2007

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