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Caso Achilli un processo kafkiano. 'Troppi elementi dell'inchiesta andati perduti per sempre'

Lo ha dichiarato l'avvocato Laura Modena, ieri mattina in aula presso il tribunale dei minori di Perugia

foto di copertina

di Stefania Tomba

 

ORVIETO - Roberto Achilli come Simonetta Cesaroni. Ad associare il caso del mistero della morte del giovane orvietano a quello impenetrabile del delitto di via Poma è il nuovo legale della famiglia Achilli, Laura Modena, ieri mattina in aula presso il tribunale dei minori di Perugia, per la seconda udienza del processo che, per la scomparsa del 21enne volato giù dalla Rupe nel novembre del 2000, vede oggi sul banco degli imputati i due ragazzi che effettuarono il ritrovamento il corpo.  "Questo processo sconta un difetto investigativo originario - dichiara senza mezzi termini l'avvocato Modena - per colpa del quale probabilmente questa famiglia non saprà mai come sono andate le cose: andrà a finire come per Simonetta Cesaroni.  E' una sconfitta per la giustizia".  

 

Ad indurre l'avvocato a questa convinzione sono i "troppi elementi fondamentali dell'inchiesta andati perduti per sempre".  "A partire - spiega - dalle foto del ritrovamento del corpo che, per un difetto della pellicola, non sono mai esistite, problema peraltro che è emerso come tale solo nel 2005". Ma non basta: "il medico che ha effettuato la ricognizione cadaverica - elenca ancora il legale - non ha preso la temperatura del corpo del ragazzo e il medico che ha redatto la perizia, per sua stessa ammissione, non è mai stato sulla Rupe".  "Un processo kafkiano", chiosa l'avvocato Modena che parla anche di "un'inchiesta 'mercenaria' che ha cambiato cinque pubblici ministeri diversi in quattro anni e mezzo".  

 

A questo punto capire come siano andate veramente le cose in quei giorni tra il 10 e il 14 novembre del 2000, dal punto di vista della parte civile, sembra davvero impossibile.

Di una cosa sono sempre stati convinti i familiari del ragazzo scomparso: Roberto non si sarebbe mai suicidato. E' quello che hanno ripetuto ieri in aula a porte chiuse il padre, la madre, il fratello e la sorella del giovane chiamati a salire sul banco dei testimoni di fronte al collegio. La madre, in particolare, ha ricordato come Roberto avesse in mente un viaggio in Norvegia per il Natale di quell'anno.  Un programma di certo incompatibile con ipotetici progetti suicidi. 

 

Udienza centrale quella di ieri, non foss'altro per l'alto numero dei testimoni ascoltati.  "Si è iniziata per la prima volta a tratteggiare la personalità del ragazzo scomparso" si limita a dire l'avvocato Pietro Giovannini che insieme al legale Orietta Bruno difende i due 22enni orvietani imputati per omicidio volontario. Oltre al maresciallo dei carabinieri della procura dei minori, con gli imputati presenti in aula, sono stati ascoltati i familiari di Roberto ma anche uno psicologo, uno psicoterapeuta e un assistente sociale che avrebbero riferito delle problematiche di Roberto legate alla propria personalità e anche ai rapporti familiari. Una personalità "borderline" sarebbe stata la definizione degli specialisti.

 

Sentito dai giudici anche l'ex dirigente scolastico dell'istituto superiore frequentato da Achilli e il barista del circolo Casablanca che sarebbe stato l'ultimo a vedere Roberto in vita il giorno 10, triste e in lacrime, come avrebbe riferito. Insomma, le nebbie sul giallo della tragica scomparsa del giovane Achilli non si dipanano.

 

Mentre oggi in aula prosegue il processo con altri testimoni. Tra gli altri è citato anche il medico della difesa e una donna che avrebbe riferito ai genitori di Roberto, e poi ritrattatato, di averlo visto litigare con i due imputati. Dal processo, secondo la difesa, non è invece emersa alcuna conoscenza diretta tra i due giovani e il ragazzo scomparso. Venerdì la chiusura dell'istruttoria. 

 

Pubblicato il: 17/10/2007

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