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Sinistra giovanile e PD. Ecco le nostre idee

Piccoli ma significativi contributi dei giovani della Sinistra Giovanile dell'Orvietano per far sì che questo partito sia realmente nuovo.

 La sinistra giovanile d'Orvieto presenta un suo lavoro per il Partito Democratico.

Vogliamo prevenire ogni critica, sappiamo che è tardi ma la gestazione è stata lunga perché la discussione è stata articolata e sincera.

Oltretutto la nostra associazione sta vivendo un periodo particolare poiché molti iscritti hanno iniziato l'università, questo ha portato ad una comunicazione che doveva avvenire tramite e-mail, incontri solo quando c'erano tutti, anche questo ha un po' rallentato il lavoro.

Vogliamo però sottolineare che questi testi non hanno scadenza 14 ottobre, hanno una durata molto più lunga visto che gli argomenti trattati sono molto complessi e dovranno essere trattati nelle assemblee costituenti a tutti i livelli, dal nazionale al comunale, le nostre idee possono sembrare banali ma le difenderemo da ogni critica perché crediamo che non lo siano.

Abbiamo voluto trattare tre argomenti centrali: Giovani argomento che ci sta particolarmente a cuore e che abbiamo affrontato con la maggiore sincerità possibile.

Le donne, il PD ha già dato un segnale forte con la formazione dell'assemblea costituente composta per metà da donne.

Noi abbiamo cercato di affrontare il tema in modo critico, non risparmiando un certo femminismo, cercando di allargare la discussione all'argomento della meritocrazia per arrivare ad una soluzione comune.

Poi l'argomento forse più spinoso, la laicità.

Non abbiamo la presunzione di dire cosa sia la laicità però abbiamo voluto dare una nostra idea, abbiamo voluto tentare di esprimerci nel modo più libero possibile.

Queste idee noi abbiamo l'intenzione di portarle avanti nelle assemblee costituenti nazionali e regionali con i nostri rappresentanti, successivamente a tutti i livelli dalla piccola sezione dove siamo presenti,all'intercomunale e provinciale.

Vi invitiamo a leggere i testi nella loro interezza.

GIOVANI

" Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita" Antonio Gramsci.

Il tema dei giovani e della politica oggi più che mai è al centro di molti dibattiti e discussioni anche nel nascente Partito Democratico.

Il tema è particolarmente delicato e meriterebbe un'ampia trattazione viste le tante sfumature che contiene in sé.

In questa fase, dove l'ondata dell'antipolitica è fortissima, coinvolgere i giovani è cosa quanto mai necessaria.

Molti tra i giovani guardano alla politica come un modo per poter proteggere i propri interessi, non come mezzo per risolvere i problemi di tutti i cittadini a tutti i livelli, ciò li porta o ad un allontanamento dalla politica e, magari, ad un avvicinamento ai movimenti dell'antipolitica, o ad una totale e pericolosissima indifferenza.

L'indifferenza è un qualcosa che può portare ad non accorgersi dei movimenti anche non legali che possono avvenire in politica, di presa del potere da parte di piccole frazioni o peggio di un singolo, l'indifferenza può causare il desiderio che il potere sia accentrato nelle mani di pochi o di uno solo per poter avere così meno preoccupazioni.

I giovani più di tutti devono vigilare affinché ciò non avvenga, è necessario che il Partito Democratico li coinvolga il più possibile a tutti i livelli della sua struttura organizzativa affinché siano sempre attenti a ciò che gli sta intorno.

Sicuramente per molto tempo, per molte persone tuttora, c'è stata l'idea che: da un lato i giovani interessati alla politica siano "una razza in via di estinzione" da proteggere, aiutare, convincere a rimanere dentro i partiti e aiutarli ad fare aumentare il numero dei giovani presenti in essi.

C'è però anche la convinzione che in quanto giovani li si debba coinvolgere ma sempre considerandoli come degli inesperti, spesso sognatori, che devono ancora crescere e le cui idee vanno considerate in maniera un po' subordinata rispetto le altre.

Questi fattori negativi negli ultimi anni sono fortemente diminuiti, in quanto molti partiti hanno aperto realmente " porte e finestre" ai giovani dandogli anche posti di rilievo come dirigenti di partito.

Sicuramente però il tema è ancora molto complesso, prima di tutto bisogna iniziare a decidere fino a quando un ragazzo o ragazza in politica e ritenuto un giovane.

Guardando all'età giurassica di molti nostri politici ci verrebbe da dire che si è considerati giovani fino a 45/50 anni.

Invece sarebbe opportuno verificare, oltre l'età anagrafica, anche l'età di militanza e i ruoli ricoperti da un ragazzo nel partito per definire se un uomo è ancora un giovane o no.

Un ragazzo che ha cominciato ha fare attività politica a venti anni e ha fatto esperienza, magari lavorando in Forum organizzati dal partito o negli organi decisionale del partito stesso, dopo cinque, sei anni non può più essere considerato un giovane ma un uomo che ha fatto la sua esperienza e il proprio cammino, che ormai ha raggiunto un livello di maturazione buono per poter ricoprire certi incarichi anche di alto livello.

Non è possibile che in tantissimi paesi del mondo, Spagna e Gran Bretagna ne sono due esempi, si possa diventare Premier a circa 45 anni e qui i Italia questo non è ancora minimante pensabile.

Oltre tutto ciò va considerato un altro fattore, l'essere in giovani di per sé non deve necessariamente portare ad essere migliori di altre persone, magari con più anni di militanza alle spalle e con maggiore esperienza, non esiste per una qualche legge naturale il binomio giovane-qualità; proprio per questo i giovani non desiderano essere trattati come una specie da proteggere ma vorrebbero semplicemente essere considerati per le loro reali capacità.

Il Partito Democratico dovrà tenere molto di conto le idee, le proposte, le iniziative che i giovani faranno, contemporaneamente dovrà dare risposte sincere, senza giri di parole per poi non dire nulla ai dubbi, le incertezze, le insicurezze che molti giovani vivono al giorno d'oggi.

I giovani credono ancora di poter vivere in un mondo migliore, credono di poterlo cambiare realmente, vedono le ingiustizie presenti dal territorio più piccolo a livello mondiale e vorrebbero cancellarle.

Proprio per questo però non sono consapevoli di non poter più sperare di cambiare il mondo con lotte armate, che vanno delegittimate sempre, né semplicemente con un eterno protestare contro tutto e tutti, è necessario assumersi le proprie responsabilità e prendere decisioni, per quanto queste sul momento possano sembrare impopolari.

Per questo il Partito Democratico dovrà dare risposte vere, attuabili, a lunga durata nel tempo e non "Pre elettorali" o di "contentino" per una parte.

Dovrà guardare agli interessi di tutti, partendo dai più poveri, dai meno abbienti, dalle persone che fanno più fatica a vivere la loro vita decorosamente.

Dovrà dare risorse all'università, alla ricerca, alla scuola pubblica che, nonostante i tanti problemi, rimane, dopo la famiglia, il centro più importante per l'educazione giovanile.

Dovrà garantire ammortizzatori sociali tali da permettere di programmare una vita anche per le coppie più giovani che magari vogliono ostruirsi una loro famiglia, avere una propria casa.

Dovrà fare una dura lotta al precariato selvaggio, consapevoli che il precariato è una forma di lavoro esistente, che in molti casi permette a molte persone, tantissimi dei quali giovani, di lavorare almeno una parte dell'anno, che non può essere abolito per legge; il Partito Democratico dovrà però impedire che un uomo resti precario a vita, che ad un ragazzo sia impossibile trovare un lavoro fisso e che anche ai precari siano garantiti tutti quei diritti, ottenuti con anni di lotte sindacali, che tutti i lavoratori hanno e devono continuare ad avere.

I giovani credono che il partito Democratico si dovrà occupare di tutto questo, loro stessi vogliono collaborare a risolvere tutti questi problemi con la loro partecipazione attiva.

Le idee sono molte, l'entusiasmo nella costruzione del Partito Democratico è tanto, stiamo " bussando con veemenza" alle porte della politica a tutti i livelli, siamo disposti ad aprirle anche con spallate se non saremo ascoltati perché il Partito Democratico è un grande progetto e non dobbiamo, né possiamo perdere l'occasione di partecipare attivamente alla sua creazione e ancor di più al suo sviluppo.

 

DONNE

È triste, molto triste, osservare come si parla oggi del binomio donna-politica: è triste perché, in un paese che si professa civilizzato, una questione, anzi un "problema" del genere, non dovrebbe neanche esistere.

Guardando all'Europa dove una donna in Francia, la Royal, si è presentata alle elezioni presidenziali e ora sta lottando per arrivare alla guida del partito Socialista; o in Germania e Finlandia dove due donne sono a capo dei rispettivi governi. 

Alle Americhe dove negli U.S.A. Hillary Clinton si è candidata alla primarie del suo partito per poter diventare presidente della più grande potenza del mondo, in Cile dove il Presidente è donna.

Anche in alcuni paesi dell'Asia, zona molto spesso considerata arretrata e con una forte ideologia maschilista, alcuni paesi hanno il proprio Premier donna, la tristezza è molta per chi ritiene che tutti nella "razza" uomo, siano uguali.

Questo è un tema che sembra stare caro a molti/e: le coalizioni, i partiti e i singoli politici promettono una crescente presenza femminile nel panorama politico italiano e non ( fingendosi molto preoccupati per il fenomeno contrario) e le femministe italiane continuano la loro lotta contro le strutture patriarcali. Se ne preoccupano molte persone importanti, ma allora come mai continua ad essere così ridotta la presenza femminile in politica?

Sembra difficile la risposta ma non lo è. La politica è un mestiere e come nella maggior parte dei mestieri più remunerativi e prestigiosi la presenza femminile è scarsa. Il numero dei deputati è più alto di quello delle deputate come quello dei primari, dei rettori universitari, dei professori ordinari, dei manager rispetto alle loro colleghe. Perché? I motivi sono tanti. Ci limiteremo ad osservare che la componente culturale, a quella religiosa per quanto la chiesa possa ancora discriminare nelle sue gerarchie le donne non ha, né deve avere, un' incidenza così forte, quella culturale invece ha sicuramente molta incidenza e in un paese come l'Italia forse ancora oggi una parte della popolazione ( di entrambi i sessi) fa più fatica a riconoscersi in una rappresentante che in un rappresentante politico. Ma si tratta di una parte appunto, e quindi molto circoscritta. Il problema non è questo. Il problema centrale è COME si pensa oggi alla "questione" donna-politica. Le femministe italiane - o per meglio dire, quello che resta del femminismo italiano - si sono sempre battute per la pari opportunità in tutti i campi, e molto spesso nel modo sbagliato. Se negli anni '70 la fase della protesta poteva essere utile per aprire gli occhi, scuotere le coscienze, abbattere i pregiudizi ed opporsi ad una morale integralista e retrograda, ora risulta improduttiva, inutile, isolazionista e, francamente, piuttosto ridicola. Nel 1977, Elaine Showalter scriveva in A Literature of Their Own: " (nella storia della donna) all'inizio c'è una lunga fase di imitazione dei modelli principali della tradizione dominante ed internalizzazione dei suoi standard artistici e delle sue idee sui ruoli sociali. Poi, c'è una fase di protesta contro questi standard e valori, una richiesta per i diritti e i valori delle minoranze, inclusa quella per l'autonomia. Infine, c'è la fase della scoperta di sé, un rivolgersi al proprio sé libere dalla dipendenza dell'opposizione, una ricerca di identità". Sinceramente non ci sembra né che questa fase di protesta sia superata né che la scoperta di sé sia arrivata. Quello che è rimasto del femminismo è solo una forte autocelebrazione del genio femminile a discapito della mente maschile arida e opprimente e un rimpianto eccessivo dei mitici anni 70 in cui tutto sembrava possibile e di cui così poco è rimasto che sfociano in teorie per niente stupide ma piuttosto sterili. A ben poco servono Raccomandazioni per l'uso di una lingua non sessista ( Alma Sabatini, 1987) che suggeriscono di evitare l'articolo davanti ai cognomi femminili, accordare il genere degli aggettivi con quello dei nomi che sono in maggioranza o con l'ultimo nome ( scardinando la regola dell'accordo al maschile purché ci sia un maschile nella lista) e usare sempre titoli professionali al femminile se il referente è donna, inventando termini piuttosto buffi ma soprattutto cacofonici come: avvocata, difensora, professora, dottora. È vero che il linguaggio, la grammatica e la linguistica riflettono la realtà che descrivono, ma riflessioni del genere risultano piuttosto aride in un paese come l'Italia dove la violenza contro le donne è in costante aumento, il tasso di occupazione femminile resta ancora inferiore di ben 18 punti percentuali rispetto a quello maschile ( 55% VS 73%) e dove le donne, nonostante una preparazione in media migliore, non ricevono ancora lo stesso trattamento riservato ai colleghi maschi. Così come le riflessioni linguistiche non migliorano la posizione della donna, leggi come quella sulle quote rosa non servono ad aprire la strada in politica alle donne.

Bisogna ammettere che nel panorama politico italiano sono poche le donne e gli uomini che valgono veramente ma, mentre un uomo che sa fare bene il suo mestiere, qualunque esso sia dall'impiegato al ministro, ha maggiori possibilità di arrivare ad occupare posizioni prestigiose, le rare rappresentanti valide non arrivano ad occupare posizioni importanti ( Presidente del Consiglio, Capo dello Stato, ).

Questo non è a causa degli elettori, quando donne valide si presentano per essere elette dirittamente hanno molto spesso un largo successo ( ne sono esempi la Presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti; il sindaco di Napoli Iervolino; La giornalista Lilly Gruber che alle elezioni europee ha preso oltre del doppio dei voti di Berlusconi, ma, ben più spesso, a causa dei loro colleghi che fingono di volerle agevolare ma che, in realtà, fanno di tutto per tenerle lontane dal potere di cui necessitano per mettere in atto riforme intelligenti e utili.

Questo problema riguarda tutti i partiti da quelli di estrema sinistra, che tanto vantano loro la lotta dei sessi ma che poi poco fanno realmente per arrivare ad una parità nella rappresentanza politica, a quelli di destra.

Il Partito Democratico non dovrà favorire casualmente le donne né trattarle come una specie fragile e costantemente in difficoltà da difendere con leggi a hoc, ciò non risolve il problema, anche perchè si rischia di ritrovarci elette donne non per un loro merito ma solamente perchè raccomandate, amanti di altri politici, o peggio perchè stereotipi della brava donna italica che pensa alla carriera ma anche alla famiglia ed è sempre bella ( Brambilla docet.).

I/ le rappresentanti vanno eletti/e a seconda dei loro meriti, non del loro sesso.

Questo è il punto centrale di tutto il discorso e dovrà essere anche centrale per il nuovo Partito Democratico, il merito.

Chi dimostra di avere capacità, di essere in grado di ricoprire una carica, di svolgere correttamente il ruolo che gli è stato assegnato deve poter svolgerlo indipendentemente dal sesso, se (mai) sarà raggiunto questo concetto di meritocrazia in Italia si avrà una vera rivoluzione anche nell'ambito del sesso e dei rapporti tra i vari sessi.

Le donne, così come gli uomini, dovranno essere elette per la loro capacità, la loro competenza, la voglia di rendersi utili al paese.

Di questa rivoluzione culturale il Partito Democratico dovrà farsene carico e bandiera.

LAICISMO

Laicismo: Atteggiamento ideologico di chi sostiene l'indipendenza del pensiero e dell'azione politica dei cittadini dall'autorità ecclesiastica.

Laico: 1 Che non fa parte del clero; che non ha ricevuto gli ordini sacerdotali. 2 Che si ispira al laicismo (pag. 545 Zanichelli edizione minore 1973).

Il concetto di laicità è sicuramente uno dei maggiori punti di forza per i detentori del Partito Democratico sia per chi ha alle proprie spalle l'esperienza Ds, tendenzialmente considerato un partito laico, sia per chi viene dai Dl, considerato invece un partito di ispirazione cattolica.

Affrontare un discorso come quello della laicità è assai complesso, decine di filosofi e di menti illuminate infatti nelle varie epoche storiche hanno  affrontato questo argomento raggiungendo conclusioni che inevitabilmente ci hanno portato alla formulazione di altri interrogativi.

Il campo è pieno d'insidie, ma l'argomento non può non essere affrontato apertamente e con grande tranquillità.

Il nuovo partito sarà Laico?

Questa domanda sembra essere tra le centrali e tra le più ricorrenti.

La nostra idea quindi, vista la definizione del dizionario, è chiaramente quella di un partito laico considerando inoltre che è il nostro stesso ordinamento costituzionale a vietare la formazione di un qualsiasi partito confessionale.

Il partito sarà Laico perché ovviamente i progetti, le iniziative, le proposte di legge, non saranno dettate da nessun alto prelato.

Nonostante queste premesse c'è chi sostiene che tutto ciò sarà molto arduo da ottenere per via della forte presenza cattolica all'interno della Margherita.

Riteniamo questa  un'offesa nei confronti dei molti militanti, elettori e dirigenti della Margherita in quanto sembra che le decisioni prese in un partito importante, che al suo interno ha racchiuso molte anime, tra le quali ex socialiste, repubblicane, popolari, siano del tutto legate alle esigenze Vaticane.

La legge sui DICO è stata costruita da un ministro proveniente rispettivamente dall'area laica dei Ds, On. Pollastrini, e un ministro cattolico della Margherita, On. Bindi, come a tutti è noto questa ha provocato non poche reazioni nel mondo cattolico, nonostante questo nessuno dei due ministri ha voluto ritirare la  proposta di legge e anzi hanno difeso il loro operato con decisione in più pubbliche sedi.

Un partito Laico non corrisponde con un partito laicizzante in pratica che vuole esportare la laicità a tutti e che vede la fede in una qualunque religione come un male da curare.

Non vogliamo questa definizione per il NOSTRO  Partito Democratico , che  non dovrà mai imporre un'ideologia predominante  ma al suo interno dovrà accogliere le molte anime presenti nella società, dovrà essere lo specchio della società italiana in tutte le sue sfaccettature da quelle atee, termine ancora più forte che laico, a quelle laiche e cattoliche ma non solo, poiché la società italiana sta cambiando velocemente, dovrà infatti tenere in considerazione anche i sempre più numerosi fedeli di  altre religioni, come l'Islam,i protestantesimi cristiani o il Buddismo.

Un Partito non può obbligare i suoi iscritti, i suoi elettori o eletti ad un unico punto di vista.

Un piccolo passo indietro nella nostra storia e una significativa citazione sono ora opportuni: "il PCI è il più grande partito cattolico di massa d'Italia" Palmiro Togliatti.

Questa frase è stata detta da Togliatti poco dopo la firma della Costituzione Italiana rispondendo così ai compagni che lo incalzavano sul perché non si fosse effettuata una lotta più dura per cancellare il concordato.

Il PCI si è sempre distinto per la sua forte laicità, laicità che sicuramente caratterizzava molti dei dirigenti e dei molti intellettuali che lo appoggiavano, anche molti iscritti di base erano fortemente anticlericali, cosa che andrebbe approfondita con più riferimenti storici, il perché di un anticlericalismo così diffuso nel PCI, infatti, ha motivi storici molto più antichi e complessi di quanto si possa pensare, d'altra parte però una grandissima "fetta" degli iscritti era anche fortemente cattolica, frequentava la funzioni religiose con regolarità e credeva nel cattolicesimo.

Voler creare ad ogni costo uno scontro ideologico tra laici e cattolici è una cosa quanto più assurda se ci ricordiamo che questi hanno convissuto, collaborato, legiferato, amministrato Stato, Regioni e Comuni per tanti anni insieme.

Le leggi dovranno essere fatte in base alle necessità reali del paese e non in base al proprio credo, ovviante ogni deputato ne ha uno proprio, e una propria coscienza che deriva dalla propria formazione culturale, non gli si può impedire di esprimerla liberamente.

Riteniamo però che il Partito Democratico dovrà essere in grado di prendere decisioni forti e nel caso la maggioranza riterrà opportuno deliberare in un certo modo, confidiamo nella lucidità mentale e nell'intelligenza della restante parte di contrari e astenuti, nel caso la loro posizione possa causare la non approvazione della legge, a seguire, in assoluta libertà individuale, la linea decisa dalla maggioranza che sarà coerente, in caso di Governo del paese, ad un programma concordato prima.

Assoluta libertà dovrà essere garantita a chi intende manifestare la propria contrarietà o non totale adesione ad una certa idea o proposta di legge che può in qualche modo ledere la sua sensibilità, con il dovere però di guardare prima: alla decisione presa dalla maggioranza del partito, alla linea del segretario nazionale, all'interesse generale del paese e delle persone, alla tenuta di un eventuale governo.

Confrontarsi, portare una reale contaminazione d'idee, pensieri, culture questa dovrà essere la vera forza del Nuovo Partito Democratico che gli dovrà permettere di fare proposte serie e che colgono la sensibilità di molti, dare risposte reali, attirare l'attenzione, per una nuova fase politica nella paese, di persone con varie culture.

Pubblicato il: 13/10/2007

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