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Pci, Pds, Ds: dalla falce e martello alla quercia.
Così l'evoluzione ad Orvieto

I Democratici di sinistra dell'Orvietano, sono stati - fra tutti i partiti presenti nella prima repubblica - quelli che hanno retto meglio l'urto del cambiamento. A capo della quercia e nei ruoli chiave tutti ex comunisti

Politica

I Democratici di Sinistra dell'orvietano, sono stati - fra tutti i partiti presenti nella prima repubblica - quelli che hanno retto meglio l'urto del cambiamento. Dopo la parentesi del "riequilibrio" craxiano che avevano tolto del sonno ad Achille Occhetto - convincendolo della necessità di una svoltà anche di facciata successiva al crollo del muro di Berlino - la prima vera emorragia di voti il vecchio Pci ce l'ha con la nascita di Rifondazione Comunista. Fra i dirigenti o, comunque, i personaggi noti, non accettano il neonato Pds e "fuggono" con Bertinotti e Cossutta Valentino Filippetti, Giuliano Santelli, il giovanissimo Stefano Corradino (che diverrà segretario di Rifondazione ad Orvieto), Roberto Ceccarini, il mitico Testolina, l'ex deputato del Pci ed "esperto di pensioni" Mario Andrea Bartolini, Gian Paolo Antoniella, Tonino Cristiano, Maurizio Negri. E' certamente un divorzio difficile e, ad Orvieto, tra gli ex Pci è guerra aperta. Un rapporto alla Caino e Abele o, per restare in tema di divorzi visti attraverso le pellicole cinematografiche, da "guerra dei Roses".

C'è anche qualcuno che resta alla finestra. Un po' per nascondere la difficoltà della scelta, un po' per tentare di rappresentare quella cerniera di collegamento tra quelle due anime che appartenevano ad uno stesso cuore. Il teorico della politica dei "ventricoli da recuperare" è stato Marcello Materazzo. Di lui si vocifera che avesse la tessera del Pci ancor prima del 1921.
Se si dovesse oggi ragionare col "senno del poe", e se si dovesse sovrapporre quel periodo (eravamo alla fine degli anni '80) a quello attuale si noterebbero trasformismi degni del miglior Houdinì. Se vogliamo dare per scontato che la scelta successiva alla bolognina aveva creato uno spartiacque tra chi era più radicale e chi meno (o meglio tra chi restava attaccato ad una certa idea rivoluzionaria e chi si avviava verso un riformismo socialisteggiante), si scopre che le carte, dopo vent'anni, si son di nuovo mischiate per alcuni. L'esempio più eclatante è quello di Valentino Filippetti che da rivoluzionario e fondatore di Rifondazione ad Orvieto, oggi milita nell'area riformista dei Ds. Un po' come Marco Frizza, ex Dc che invece oggi, insieme al repubblicano Marco Marino o al socialista Giorgio Santelli, militano nell'area berlingueriana dei Ds. Oppure, e di contro, come Franco Raimondo Barbabella che, da sindaco comunista della rupe, oggi è capogruppo dello Sdi al comune di Orvieto. Segno che nella vita è possibile cambiare idea.

La fine della prima repubblica tocca parzialmente i Ds. La cosa stranissima è che all'interno del partito che prende le sue origini dal Pci, la base degli iscritti è estremamente diversa da quella comunista. Come a livello nazionale la percentuale dei Ds di provenienza Pci è ormai minoritaria. Ma se poi si guarda ai vertici del partito orvietano si scopre che i ruoli chiave sia istituzionali che di partito sono ben saldi nella tradizione comunista. Insomma - ci si passi la battuta in senso ironico e priva di polemiche, giusto per farci una risata -, è come se in Iraq non governasse più il partito Baath ma ci fosse ancora Saddam Hussein al governo.

O, sdrammatizzando forse, è come se in Italia il Psi ed il craxismo non esistessero più ma a capo del governo ci fosse l'unico vero erede della politica craxiana. Beh, sbaglio o è proprio così?

Pubblicato il: 10/06/2003

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